politica

Stop and go per l'Unione speciale dei Comuni dell'Orvietano

lunedì 29 luglio 2013
di Davide Pompei
Stop and go per l'Unione speciale dei Comuni dell'Orvietano

Gli enti locali dell'Orvietano partoriscono l'Unione speciale dei Comuni. Il Comune capofila di Orvieto porta in consiglio l'approvazione dell'atto costitutivo e dello statuto del nuovo organismo nato dalla riforma del sistema amministrativo regionale e delle autonomie locali approvata alla fine del 2011 dalla Regione Umbria che, al posto delle Comunità montane, ha istituito anche l'Agenzia forestale regionale. In circa due anni dall'emanazione della legge, la nascita dell'Unione speciale dei Comuni ha richiesto mesi di discussioni, ha subìto più di una pausa di riflessione per prendere tempo in attesa di sviluppi negli scenari generali, tante titubanze, altrettante diffidenze e tentativi di rimettere in discussione quel poco che era stato chiarito. Se fino ad ora l'imperativo di creare questi nuovi strumenti dell'organizzazione istituzionale umbra improntati all'efficienza, efficacia e soprattutto all'economicità nello spirito della spending review, era stato traccheggiato fino a disattendere anche l'ultimatum del 30 giugno 2013 per l'approvazione degli statuti e degli atti costitutivi, improvvisamente nelle ultime due settimane c'è stata una impennata e ora il processo trasformatore riparte in quarta con la formalizzazione dei passaggi ufficiali.

A mettere il turbo alla questione, c'è stata la volontà di Regione e ANCI di definire gli organici dei nuovi enti che avranno competenza su materie come il sociale e il turismo. Ma, indirettamente, una accelerata l'avrebbe impressa anche la proposta del neo assessore regionale Paparelli, secondo cui dalle 8 Unioni Speciali individuate dalla riforma della Regione si poteva scendere a 2, rispettivamente una per le aree del perugino e una per quelle del ternano. Come a dire che una Unione speciale dei Comuni per un territorio come l'Orvietano che conta poco più di 40.000 abitanti sarebbe stata troppo piccola e non avrebbe favorito le richieste economie di scala, quindi il "suggerimento" ai comuni interessati di valutare la possibilità di abbandonare l'idea dell'Unione Speciale dei Comuni n. 8 (quella dell'Orvietano) per unirsi in matrimonio istituzionale con Terni/Narni/Spoleto/Foligno. Negli ultimi giorni, si sarebbero accavallate le riunioni politico-istituzionali, fino ad arrivare alla decisione rappresentata all'ANCI Umbria da una delegazione di amministratori del Comune di Orvieto in occasione dell'ultimo incontro operativo per definire le piante organiche delle costituende Unioni Speciali.

In sostanza, i Comuni dell'Orvietano hanno risposto un "no, grazie" all'idea di formare la mega unione tra Terni/Narni/Spoleto/Foligno/Orvieto preferendo piuttosto mantenere l'ambito attuale per la futura Unione speciale dei Comuni n. 8 rispetto alla quale adesso stringono i ranghi. Stesso atteggiamento che vogliono mantenere anche gli altri comuni umbri, i quali, diligentemente, intendono attuare la riforma su 8 unioni speciali come prevede la legge regionale, senza ripensamenti. La novella Unione speciale dei Comuni nasce nel bel mezzo della discussione parlamentare (prima dell'approvazione definitiva) sul disegno di legge approvato dal Governo alla fine della settimana scorsa. Ddl che istituisce, dal 1° gennaio 2014, le città metropolitane per i territori di: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria con compiti di pianificazione strategica, servizi pubblici, viabilità, trasporti, sviluppo economico in sostituzione delle precedenti Province (gli statuti dovranno essere perfezionati entro giugno e dal 1° luglio 2014 le città metropolitane saranno operative).  Ai vertici siederanno: il sindaco metropolitano del comune capoluogo che, con i sindaci dei comuni con più di 15.000 abitanti e i presidenti delle unioni di comuni con più di 10.000 abitanti, formerà il consiglio metropolitano, al cui fianco vi sarà la conferenza metropolitana composta dall'insieme dei sindaci.

Il disegno di legge trasforma poi le Province in enti di secondo livello con funzioni minime di pianificazione (ma sicuramente con competenza per la manutenzione delle strade) e semplifica la disciplina delle Unioni di Comuni, per poi avviare anche il percorso per il taglio degli oltre 3.000 enti intermedi tra Comuni e Regioni. In questo caso sparisce la giunta provinciale. Il presidente è un sindaco in carica eletto dall'Assemblea dei sindaci con un sistema di voto ponderato. Il Consiglio provinciale è costituito dai sindaci dei Comuni con più di 15.000 abitanti e dal presidente delle Unioni di Comuni del territorio con più di 10.000 abitanti. Poiché la trasformazione prenderà avvio entro 20 giorni dalla proclamazione dei sindaci eletti nella prossima tornata amministrativa, il tutto si concretizzerà tra la primavera-estate del 2014 con l'elezione del nuovo Presidente e l'insediamento del Consiglio. In sostituzione del Comune e della Provincia di Roma, invece, la riforma proposta dal Governo Letta individua la Città metropolitana di Roma capitale, in cui fino all'eventuale adesione di altri comuni, il sindaco di Roma assumerà le funzioni di sindaco metropolitano mentre l'Assemblea capitolina quelle del consiglio e della conferenza metropolitana. Non solo, la proposta di riforma si prefigge di semplificare ulteriormente i tre tipi di Unioni di Comuni esistenti. Il tutto con l'obiettivo di razionalizzare anche gli oltre 3.000 enti intermedi oggi esistenti tra Comuni e Regioni per realizzare il sospirato risparmio del sistema politico istituzionale, quantificato in prima battuta in 120 milioni dovuti al taglio delle varie entità politiche e in quasi un miliardo di euro entro i due anni, necessari a completare la riorganizzazione degli enti.

Sul futuro delle Province