politica

È nell’interesse dell’Italia marginalizzare l’agricoltura? Note sul decreto-legge 171/2008 “Rilancio competitivo del settore agroalimentare”

giovedì 18 dicembre 2008
di Carlo Emanuele Trappolino
Riportiamo una sintesi dell’intervento di Carlo Emanuele Trappolino alla Camera dei Deputati in occasione della discussione sul decreto-legge 171/2008 “Rilancio competitivo del settore agroalimentare” il 17 dicembre 2008. ______________________________________________________________ L’agricoltura italiana vive una condizione di difficoltà crescente e rischia di ricevere il colpo di grazia dalla crisi economica internazionale. Il 18 dicembre scenderanno in piazza i braccianti agricoli; qualche settimana fa la Confederazione Italiana degli Agricoltori si è mobilitata in tutta Italia (con un presidio anche davanti alla Camera) e, prima ancora, Confagricoltura è stata protagonista di una grande manifestazione a Bologna. Dal governo non arrivano segnali incoraggianti. Anzi, con l’approvazione del decreto-legge 171 del 2008, “Rilancio competitivo del settore agroalimentare”, diventa fin troppo evidente il tentativo di spingere ai margini delle politiche strategiche nazionali il settore primario. Il decreto è deludente poiché, non affrontando le questioni strutturali del comparto, avrà l’effetto di un pannicello caldo. Del resto, il provvedimento non si allontana da quell’impianto concettuale che ha sorretto i tagli della finanziaria, dove le variazioni percentuali in diminuzione nel periodo 2009-2011 delle missioni di spesa per agricoltura, politiche agroalimentari e pesca sono le più consistenti dell'intera manovra. Vi sono tagli nell'ordine del 25 per cento sulla spesa corrente e di oltre il 40 per cento sulle spese di investimento. Nel terzo trimestre del 2008 vi è stato un calo del 3 per cento del valore aggiunto agricolo, anche se il dato tendenziale resta positivo. Se accanto al dato sul valore aggiunto mettiamo una produzione stagnante e una crescita esorbitante dei costi, che nel solo mese di ottobre hanno fatto segnare un incremento del 7 per cento rispetto all'analogo periodo del 2007, e un ulteriore calo dei redditi degli imprenditori agricoli (in flessione dell'1,5 per cento quest'anno e che fa seguito al meno 10,4 per cento del 2005, al meno 3, 4 per cento del 2006 e al meno 2 per cento del 2007), la situazione diventa pesantissima. Addirittura drammatica se pensiamo ai danni causati in questi giorni dal maltempo, che secondo alcune stime interessano circa 100 mila aziende e strutture agricole. Nonostante il recupero sulla flessione registrata nel 2006 e nel 2007 e le potenzialità mostrate nell'export agroalimentare da una fetta di mercato (si è passati quest'anno dal 2,8 per cento al 3,1 per cento), il settore agricolo italiano nel suo complesso versa in una condizione di criticità, che giustifica il carattere di urgenza del decreto-legge in discussione. Gravano sulle imprese gli alti costi di produzione, i pesanti oneri sociali e le difficoltà di accesso al credito che, insieme al costo del denaro, penalizzano proprio quegli imprenditori che hanno investito di più in innovazione e qualità. Il decreto-legge in discussione è una scatola vuota. Solo grazie ad alcuni emendamenti introdotti in sede di esame nelle Commissioni ha recuperato, in modo solo parziale, due questioni fondamentali: il fondo di solidarietà nazionale, che con il decreto legge n. 112 del 2008 è passato da 220 milioni di euro a zero e che ora torna a 60 milioni di euro (troppo poco per garantire le imprese del settore dal rischio climatico) e le proroghe alle agevolazioni per le imprese in aree depresse che, però, coprono solo fino al 31 marzo 2009. In questo decreto non c’è alcun rilancio del settore agroalimentare. Resta impregiudicata la questione del sostegno all’imprenditoria giovanile sotto i 35 anni. Come si può parlare, mi chiedo, di rilancio, di competitività e di innovazione prescindendo da chi, tra qualche anno, dovrà interpretare questi indirizzi? Continua a prevalere la logica dell’emergenza, priva di qualsivoglia disegno strategico. Concludo con la questione della crisi occupazionale che attraversa questo settore. Se sommiamo dati e preoccupazioni, emerge un quadro allarmante rispetto al quale il decreto-legge in discussione, come dicevo, non avrà effetti significativi. Evidentemente la questione lavoro non è tra le prime preoccupazioni del Ministro: lo dico perché oggi appare ancora più sconsiderato il cedimento sugli aiuti alla tabacchicoltura. L'arrendevole resistenza del Ministro, in sede comunitaria, ha portato a casa le misure scampolo sulle cosiddette quote latte ed ha ipotecato il destino di 30 mila lavoratori. Dinanzi ad una crisi straordinaria il Governo ha voluto tirare dritto, pagando un dazio inaccettabile e lasciando alla casualità della tempesta il destino di decine di migliaia di famiglie. Carlo Emanuele Trappolino http://www.camera.it/resoconti/dettaglio_resoconto.asp?idSeduta=106&resoconto=stenografico&tit=00100&fase=