politica

In tanti ad ascoltare Fassino. La speranza: che il PD convinca fino al sorpasso

venerdì 7 marzo 2008
di laura
Almeno 400, nella vasta Sala dei Quattrocento di Palazzo del Popolo, ad accogliere Piero Fassino, che ha aperto ufficialmente, ieri sera, la campagna elettorale del Partito Democratico dell’Orvietano, rafforzato dalla soddisfazione di aver visto prima inserire, poi avanzare di posizione nella lista per la Camera dei Deputati il trentenne Carlo Emanuele Trappolino. A intervistare il popolare esponente del Pd il giornalista Francesco Erbani della redazione di Repubblica. Un Fassino spigliato e loquace, disteso e disinvolto ha ampiamente risposto alle sollecitazioni di Erbani, puntando con forza sulla possibilità non più così remota di farcela e sul nuovo che, nel necessario processo di modernizzazione dell'Italia, il Pd rappresenta. E alla domanda di Erbani - Che previsioni fa? - l'ottimismo si fa strada, suffragato dal quadro vivacemente descritto: una campagna elettorale certamente segnata dal dinamismo del Pd, con Berlusconi e Fini a inseguire chi non parte favorito, ma sta recuperando sensibilmente lo svantaggio. Si è rovesciata l'immagine – mette in evidenza Fassino – prima era Berlusconi il nuovo, ora il contrario: il Pd uno straordinario fenomeno di rinnovamento, nato da un processo del tutto inedito, e lui, il padre del Popolo delle libertà, la reiterazione di un déjà vu. Proprio come in una gara ciclistica di velocità: chi insegue guarda avanti e ce la mette tutta, chi è avanti deve guardarsi alle spalle, perde terreno e si innervosisce. Insomma le carte per farcela, secondo Fassino, ci sono tutte: un nuovo leader, dinamico, comunicativo, di una generazione più giovane di chi l'ha preceduto; un nuovo partito in cui, accanto al consolidato, è entrata nuova linfa di donne e di giovani; un programma innovativo e snello, non più 280 pagine ma 12 efficaci punti, al passo con la complessità e i grandi mutamenti del nostro tempo. E se Berardi fa notare che può destare interrogativi vedere insieme Calearo e l'operaio che anela alla sicurezza, o la Bonino e la Binetti, Fassino risponde che il collante sono i 12 punti del programma e che sulle grandi questioni – ad esempio i temi etici – anche le precedenti esperienze insegnano che, intorno a un tavolo di discussione, indipendentemente dai principi nell'individuazione delle norme si trovano ampie convergenze. Il fatto poi che Calearo o Del Vecchio scelgano Pd è segno che si sente l'esigenza di un governo forte. Cosa che non sarebbe stata credibile se ci si fosse ripresentati con le ormai logore alleanze a sinistra, che non avrebbero proposto un'alternativa ma la ripetizione di un modello che non ha funzionato. Si è parlato anche del governo Prodi: nessuna estromissione, come alcuni affermano, e nessun imbarazzo; una decisione trasparente e condivisa quella di cambiare leader, e un governo che ha fatto cose buone. Grosso problema l'idea che la coalizione ha fornito nei puzzle-passerella dei telegiornali: quella di un insieme schizoide e frammentato in cui le dichiarazioni ad uso dei media coprivano l'azione di governo. Un po' come su Repubblica aveva messo in evidenza Scalfari dopo la “caduta”: l'inversione del popolare detto, "un governo che ha razzolato bene ma ha parlato male". Poi la domanda chiave, cosa c'è di più nel Pd oltre ad aver unito Ds e Margherita. Se ne disserta da mesi, e Fassino riconferma: un processo unico che ha destato interesse in tutta Europa; un partito nato dalle Primarie di Ottobre e non dalla volontà di un gruppo ristretto che è poi andato a cercare una base; una base che, con gli ottomila circoli ormai fondati in tutta Italia, è ben più ampia della somma degli iscritti di DS e Margherita. E, gli effetti dell'inedito processo di unificazione, dirompenti: un'unione che ha obbligato anche altri ad unirsi, e che ha mutato e semplificato in poco tempo il quadro politico italiano verso il bipolarismo. Passaggi anche sulle elezioni americane – difficile scegliere tra Hillary Clinton e Obama, ma una cosa è certa, il mondo è cambiato: il prossimo Presidente degli States sarà o un nero o una donna – sull'ambientalismo del fare – la fiducia nel progresso deve spingere a trovare le soluzioni tecnologiche, non alle regressioni e al non fare – sulla crisi della politica - non ci sarà astensione, l'Italia vuole scegliere e che sia più certa ed esplicita la responsabilità di chi è chiamato a decidere; e, alla chiusura del cerchio, di nuovo fiducia. Che previsioni fa?, spiazza Erbani tornando al principio. Il segnale buono – conclude Fassino – è che si è parlato un'ora e mezza di politica senza parlare di Berlusconi. In conclusione, una campagna "per" e non una campagna contro. Per parlare e spiegare. E dunque, conclude Fassino, andare porta per porta più che guardare “Porta a porta”. Piccola boutade tra l'ironico e il nostalgico sul classico “porta a porta” dei vecchi “compagni”; prima di misurare, fra poco più di un mese, se il partito nuovo, correndo solo, convincerà davvero fino al sorpasso.