politica

Anche lo SDI vuole partecipare al processo del Partito Democratico. Ma ricomponendo la conflittualità a sinistra e attuando un vero riformismo

mercoledì 13 dicembre 2006
Intervengono, sulla formazione del nuovo soggetto politico che con ogni probabilità dovrebbe chiamarsi “Partito Democratico”, anche i Socialisti Democratici Italiani, con un comunicato congiunto della Federazione SDI di Terni e della sezione SDI di Orvieto. Se ne è ampiamente parlato il 2 dicembre scorso, in occasione dell’ormai tradizionale incontro dello SDI di Orvieto che ha visto la partecipazione dei maggiori esponenti politici del partito a livello regionale e provinciale, dietro sollecitazione di una secca domanda: “Quale partito Democratico per la sinistra?” “Una domanda apparentemente generica – afferma lo SDI locale e del Ternano - ma importante per definire quelle basi comuni dalle quali partire nell’eventuale formazione di un partito unico della sinistra riformista. Lo SDI in questo processo vuole esserci per storia, cultura, tradizione e competenza. Non può nascere un partito che si dice riformista senza che siano centrali i valori della tolleranza, della libertà e del riformismo socialista. A sottolinearlo ci hanno pensato i relatori dell’incontro, Silvano Rometti, Ada Girolamini, Andrea Cavicchioli, che hanno anche ribadito con forza la necessità che vengano definiti dei punti comuni, delle basi certe sulle quali fondare il Partito Democratico”. Anche gli ospiti, Leopoldo DI Girolamo (Senatore DS) e Riccardo Giubilei (segretario provinciale della Margherita) hanno confermato quest’ultima necessità e contemporaneamente hanno colto l’occasione per chiedere che anche i socialisti facciano parte dei “soci fondatori”. In particolare, Di Girolamo ha spostato il dibattito sull’improcrastinabile necessità di cambiare la legge elettorale, che ha di fatto accresciuto la conflittualità interna della coalizione rendendo difficile ogni minima decisione. All’interno dello SDI si sta seguendo con molta attenzione il cammino verso il Partito Democratico, ma si pensa che il processo debba avvenire con un'assoluta ricomposizione della conflittualità delle dodici forze che compongono attualmente la sinistra. Lo ha dichiarato con forza Ada Girolamini, che ha poi illustrato quello che è a suo avviso il riformismo vero: “quello attento alle necessità dei lavoratori, degli studenti, degli impiegati e delle famiglie chiedendo che questi siano i veri protagonisti del progetto democratico”. Provocatorio e crudo è stato l’intervento di Giuseppe Caresio esponente di punta dello SDI piemontese e presidente dell’Associazione Fabiana di Torino. Secondo Caresio, infatti, “si devono togliere alcuni tabù che ancora gravano sulla sinistra. Scuola, formazione, previdenza e Legge Biagi, sono punti sensibili che devono essere affrontati con coraggio, senza cedere ai ricatti della sinistra radicale”. Caresio ha ricordato che il riformismo vero non è contiguo al radicalismo e guarda con attenzione ai processi innovativi della società che oggi viaggiano ad una velocità impressionante. “La Legge Biagi va difesa e rafforzata mentre deve assolutamente essere riformato tutto il settore dell’assistenza occupazionale con maggiori integrazioni per i disoccupati”, questo è riformismo. L’affondo più duro è stato riservato al pubblico impiego e alla scuola, due punti altamente sensibili. Per il primo Caresio ha chiesto che si metta mano ad una riforma meritocratica del sistema delle promozioni e che si renda efficiente ogni comparto senza differenze economiche marcate fra pari livello di amministrazioni diverse. Sulla scuola, l’esponente socialista piemontese ha proposto un cambiamento di rotta totale, che faccia tornare l’istruzione pubblica seria, selettiva e veramente uguale per tutti. Lo SDI interviene quindi, nel suo comunicato, sulla situazione politica generale di Orvieto, esprimendo preoccupazione per lo stato delle finanze comunali e sdegno per la vicenda dello stallo della ex Piave e delle dimissioni del Consiglio di amministrazione di RPO. Piena solidarietà è espressa verso il Presidente dimissionario Franco Raimondo Barbabella, riconoscendo la validità del suo operato contro una vera e propria campagna diffamatoria in corso sull'accaduto, e definendo le dimissioni frutto dello "stato confusionale che l’amministrazione aveva nel continuare ad esercitare il ruolo di indirizzo su questa delicata ed importante vicenda". Riportiamo in altra notizia dati più ampi in merito.