politica

Ex Piave, presentato il business plan. Un’utopia realizzabile per Orvietofutura

giovedì 23 giugno 2005
di Laura Ricci

Protagonista - a Orvieto, in questo importante 22 giugno 2005 - l’atteso business plan di Risorse per Orvieto s.p.a per la rifunzionalizzazione delle ex caserme Piave: di fronte al Consiglio Comunale, riunito in seduta straordinaria aperta, Franco Raimondo Barbabella, presidente della partecipata, ha esposto gli obiettivi e i criteri con cui il piano è stato redatto, dandone un quadro sintetico e passando poi la parola, per un’illustrazione più ampia e definita, al pull di professionisti che - secondo le indicazioni del CdA, emerse dai precedenti consigli in materia del 12 marzo e del 7 luglio 2003 - vi ha lavorato: l’architetto Rolando Zorzi, esperto in grandi interventi di valorizzazione urbanistica, l’ingegner Giuseppe De Leo, che ha curato gli aspetti relativi ai costi di trasformazione e le stime dei costi di rivisitazione, il dottor Simone Basili, che si è occupato del piano economico-finanziario. Presenti per ascoltare e intervenire, oltre a un’attenta platea di cittadini e cittadine e ai consiglieri comunali, il senatore Gavino Angius, l’assessore Antoniella in rappresentanza della Provincia di Terni, il presidente della Cassa di Risparmio avvocato Guariglia, il presidente di Assindustria-Orvieto Spadoni, associazioni della città e le associazioni di categoria.
Adottato a maggioranza, a conclusione di seduta,  il percorso tracciato.

Un progetto di massima vasto e di ampio respiro, nato da un forte impegno di RPO che, partendo dagli atti istitutivi fondamentali – statuto, atto costitutivo, convenzione – si è fatta carico di una mission non limitata al solo contesto delle caserme, ma giustamente allargata a strumento di riqualificazione e di rilancio dell’intero contesto urbano.
Questo ambizioso progetto di riuso, infatti, vuole imprimere una forte spinta ai processi di sviluppo secondo una visione integrata delle risorse, con caratteristiche di qualità e durata, tenendo naturalmente conto delle logiche di mercato. Altri aspetti che lo caratterizzano sono l’unitarietà del piano di rifunzionalizzazione, la sua interconnessione con la città e col territorio secondo la fondamentale e vocata filiera turismo – cultura –formazione, la realizzabilità delle soluzioni rispetto alle logiche di mercato, la flessibilità, così che potenziare, cambiare o ampliare funzioni non sconvolga l’assetto complessivo; e infine la presenza di soluzioni progettuali particolarmente innovative e stimolanti, come il Teatro di Vigna grande, da affidarsi a un concorso di progettazione internazionale, scelta di grande valore non solo architettonico, ma anche comunicativo, cui si affida praticamente il compito di portare Orvieto e questo suo progetto all’attenzione del mondo.

Sei le funzioni ipotizzate:
un Polo del turismo e del tempo libero, con due hotel a 5 stelle (o uno a 5 e uno a 4), un centro benessere e attività commerciali, non di sovrapposizione alle esistenti, ma di settorializzazione e specificità dell’offerta;
un Polo dei musei, con un Parco della memoria che dovrebbe racchiudere il museo della città, quello del corteo storico e l’archivio di stato, un Museo di arte moderna, Servizi culturali;
un Polo della scienza agroalimentare, con una Scuola europea della cucina, una Scuola di formazione alberghiera, un Centro di ricerca della scienza agroalimentare;
un Polo tecnologico e della conoscenza, con Formazione universitaria, Scuola europea del restauro, Campus universitario;
una zona Servizi, con un Centro di produzione musicale, uffici privati, un info box da cui si potranno seguire dinamicamente tutte le fasi di trasformazione, parcheggi coperti;
il Teatro di Vigna grande nella grande piazza d’armi (quasi un ettaro di estensione), un’architettura sospesa e leggera con un grande palco e un grande auditorium, molto flessibile, capace di catturare grandi eventi di spettacolo o culturali, o segmenti importanti della congressistica.

L’operazione è centrata, architettonicamente, sul riuso degli spazi esistenti, concepiti con una segmentazione e un’apertura verso la città nella parte inferiore e con uno sviluppo a blocchi verticali per i vari segmenti di funzioni; il tutto concepito su circa 42mila metri cubi di superficie, 30mila coperti e 11mila scoperti: un intervento – ha affermato l’architetto Zorzi – che deve diventare un esempio di eccellenza, un sistema innovativo da presentare al mondo.
Insomma un’operazione grandiosa, in ogni senso, tanto che i costi, seppure elevatissimi, non appaiono poi così megagalattici se inseriti nel contesto degli interventi: 53 milioni di euro i costi di trasformazione, secondo parametri similari desunti da costi di mercato; per trasformare un patrimonio attuale stimato dai 34 ai 38 milioni di euro. Ipotizzati anche i tempi: 30 mesi per l’operazione complessiva, con una contrazione possibile se realizzata per comparti.
Secondo il piano economico-finanziario redatto dal dottor Simone Basili, considerando l’indebitamento del promoter che porterà capitali e di chi gestirà, RPO potrà esigere, a lavori realizzati, 500.000 euro l’anno di subconcessione, si presume anticipati, a partire – se la tempistica sarà rispettata – dal 2009; perché il senso economico dell’operazione dovrebbe essere questo: trovare grandi investitori che crederanno nell’operazione e la realizzeranno, restare proprietari di un capitale riqualificato che porterà una rendita.

Un progetto entusiasmante – “molto suggestivo” lo ha definito il senatore Angius – di grande valenza, una vera sfida.
Un progetto forse troppo grande per Orvieto, così avveniristico e ambizioso che rischia di essere - come tutto quello che è a dimensione massima – non da tutti compreso.

Complessivamente costruttivi gli interventi in Consiglio, sia nella parte di consiglio aperto che in quella istituzionale, ma anche qualche presa di posizione scettica e, come quella di Altra Città, qualche dura e aperta preclusione. C’è stato anche chi ha invocato la possibilità – peraltro poco probabile, dati i nuovi tempi politici – di una nuova legge speciale per Orvieto; ma la vera scommessa e il vero senso di questo progetto risiedono, secondo l’architetto Zorzi, nella capacità di attrarre investitori privati, coinvolgendo il mondo nazionale e internazionale e, per molti aspetti, anche la possibilità di crescita, non solo economica ma anche sociale e culturale, della città.
Una grande occasione per crescere insomma, forse non impossibile se pensiamo, come rammentava con grande fiducia nelle sue conclusioni il sindaco Stefano Mocio, quanto gli imprenditori della Città abbiano saputo già cambiare e riqualificarsi, a partire dalla sfida del Progetto Orvieto per arrivare alla successiva creazione e gestione del Sistema Orvieto. Una grande occasione che non può comunque essere disgiunta da una seria programmazione – e realizzazione – di efficienti infrastrutture a corollario, sia cittadine che di interconnessione, come ad esempio quell’improrogabile, funzionale e funzionante sistema viario di cui si andrà a discutere nel prossimo Consiglio partecipato del 27 giugno.

“Questo non è un documento definitivo di programmazione – ha affermato, concludendo la sua relazione, il presidente di RPO Franco Raimondo Barbabella – ora si apre una fase ancora più difficile e impegnativa”. Bisognerà infatti procedere alla stesura e all’adozione del progetto definitivo – e questo forse è il minimo – sviluppare un’azione strutturata di premarketing dato che la maggior parte delle operazioni non sono di interesse pubblico, verificare la fattibilità delle destinazioni di parte pubblica, definire le strategie finanziarie per il funzionamento della società, le procedure per la scelta dei promoter e degli utilizzatori; e altro e altro ancora. Tutto è molto difficile, la sfida è appena cominciata.

A noi di orvietonews, comunque, questo progetto piace, piace talmente che vogliamo ritenerlo possibile, per quel che può competerci cercheremo di essere parte attiva di questa sfida e di questo possibile sviluppo.
Qualcuno ha parlato di identità in pericolo, di fulcro della città che si sposta, dal cuore storico alle caserme. Ma l’identità non è fissa, non è data una volta per sempre, non è chiusa – almeno questo è il nostro pensiero; del resto, come potremmo vederla chiusa, l'identità, dalla nostra immensa, globale rete internet? – si fa e muta “in viaggio”, senza rinnegare le specificità – preziose – le solide ma non troppo ancorate radici, è fluida e permeabile. Questa occasione può essere un modo di proiettare, modernamente nel futuro, la solida ma non troppo ancorata, millenaria storia di Orvieto. Forse perché pensare in grande ci piace, a noi piace vederle, queste caserme che si aprono al futuro, come le ha viste il presidente della Cassa di Risparmio cittadina, l’avvocato Guariglia: un bene sempre separato da Orvieto – seppure un bene, per tanti anni, motore di sviluppo, ma non proprio coeso – con quelle mura, con quei cancelli; un bene di cui la città, valicando i cancelli, finalmente si appropria facendone, speriamo in modo vincente, una parte di Orvieto.