opinioni

Rostand

mercoledì 18 settembre 2019
di Fausto Cerulli
Rostand

E la portano su una panchina ad aspettare la morte, regina
su qualche macabro trono, lei incoronata di rabbia come
chi non vuole morire ma è stanca, troppo stanca per avermi
un sorriso quando le accenno un saluto che la ferisce,
la ferisce magari come un raggio di sole negli occhi
che guardano altrove nell’altrove che lei sospetta,
lei ormai già avvolta nel manto della solitudine
e fiera nel suo non più contare quegli anni in cui fu
amata ed era senza pudore come le giovani donne abituate
a danzare nelle feste paesane, le gonne scostate dal vento
guardone, le fisarmoniche antiche e le pallide luci
che allora ferivano il cielo ora sempre velato
di nebbia, ma adesso conosce il pudore sapiente
di chi non ha niente se non la compassione
avvilente e le parole accennate da gente che
non la conobbe al tempo che era una bella
donna, forse cantata da qualche Rostand,
e lei forse sussurra come fosse un rosario i versi
allora incompresi: la guardo nella sua rabbia
che la rinchiude per sempre, una gabbia
che non concede alcun volo. E vorrei essere
il solo a saperla.