opinioni

Il diritto di NON scrivere

sabato 1 dicembre 2018
di Fausto Cerulli
Il diritto di NON scrivere

Avevo scritto soltanto su quotidiani locali o quotidiani on line. Poi uscì un giornale chiamato Libero. Sapevo che era un quotidiano di destra, mentre io ero e sono comunista. Allora mi venne in mente di mandare una provocazione a Feltri, direttore del quotidiano. Gli mandai una mail con cui gli chiedevo se, per dimostrare che era veramente Libero, se la sentiva di far scrivere sul suo quotidiano un comunista come me. Feltri accettò la fida: per quasi due anni scrissi articoli di sinistra su un giornale di destra. Ricordo che un lettore scrisse a Feltri: sono un appassionato lettore del suo giornale, ma ho deciso di smettere di leggerlo da quanto fate scrivere quel comunista di Cerulli.

Feltri rispose che gli dispiaceva di perdere un lettore, ma che non avrebbe mai rinunciato a far scrivere un comunista che non aveva messo il cervello all’ammasso e che sapeva scrivere. Mandai al giornale anche corsivi dal Marocco e sul Marocco, da Francoforte e sulle carceri modello di Francoforte. Articoli secchi, brucianti, scomodi per qualsiasi giornale, e Feltri pubblicava tutto. Spesso nella prima pagina appariva un mio corsivo accanto a quello di Feltri. Tra l’altro fui il primo a pubblicare qualcosa sulle cellule staminali embrionali, argomento tabù. E Feltri lo pubblicò nonostante le proteste del suo vice, che era di Comunione e Liberazione, cattolicissimo, e che poi si venne a sapere che era uomo dei servizi, più o meno deviati, con il nomignolo dolce di “Betulla”.

Rotto comunque il tabù, il giorno dopo anche altri importanti quotidiani si decisero ad affrontare il tema scabroso. Riuscii anche, con un articolo su Libero, a far prendere un infarto ad un ex ministro democristiano : scrissi su Libero che l’ex ministro era stato il mandante dell’omicidio di due miei amici, lui lesse l’articolo e zac, secco morto. Per una serie di articoli su un ufficiale dei Servizi Segreti, che si dava per scomparso e invece era stato rapito e poi ammazzato, passai anche dei guai. Mi consolò il fatto che il Procuratore Capo della Repubblica di Roma, da me interpellato
per essere aiutato a scoprire la verità, si schierò pubblicamente con la mia tesi. Interruppi la pubblicazione di questa serie di articoli soltanto quando me lo chiesero i familiari dell’ufficiale, timorosi di qualche ritorsione, potendo apparire che fossero loro a fornirmi certe informazioni.

Poi, per un banale equivoco,la mia collaborazione con Feltri si interruppe. Da allora, essendomi abituato a vedere la mia firma su un giornale, chiesi al Manifesto, molti dei redattori essendo miei amici, di farmi collaborare: tra l’altro ero stato anche legale del Manifesto, insieme ad un noto avvocato di Soccorso Rosso. Nessuna risposta: probabilmente pesava su di me “l’onta” di aver scritto su Libero, e a nulla valeva il fatto che ero solito iniziare i miei articoli ribadendo il mio essere comunista, tanto che Feltri una volta mi disse: Fausto, puoi fare a meno di scrivere che sei comunista, tanto ormai lo hanno capito tutti....

Ho chiesto anche ad altri quotidiani  di farmi collaborare, mandando anche qualche corsivo nulla male, modestia a parte. Tutto senza risposta e senza spiegazioni. Allora ho deciso di limitarmi a scrivere poesie, che una casa editrice ha pubblicato nonostante. Ma mi permetto di pensare che scioccamente molti direttori avranno letto su Google della mia collaborazione con Feltri, e non hanno neppure voluto leggere quello che avevo scritto su Libero, da comunista quale ero e quale sono ancora, testardamente.