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Dove andremo a finire?

domenica 23 luglio 2017
di Mario Tiberi
Dove andremo a finire?

La nostra amata Nazione, l’Italia, si è risvegliata frammentata e goffa dopo le grandi “abbuffate” di democraticismo e aleatorio benessere a basso costo e di cui l’attuale Parlamento, quantomeno nei settori occupati dalla “vecchia politica”, ne è lo specchio fedele o forse, sarebbe meglio dire, infedele.

Le Regioni annaspano e navigano a vista, sulle Province è bene stendere un pietoso velo, i Comuni spesso sembrano giocattoli messi in mano a degli immaturi bambini. E non è tutto: le Istituzioni fondamentali dello Stato (famiglia, scuola, sanità e lavoro) sono ormai in balìa del liberismo e del consumismo selvaggio. A me pare, e lo scrivo con il cuore gonfio di dolore, che sia in atto un processo drammatico di divisione e di disgregazione istituzionale e individuale.

Così, un giorno, si rivolse ai suoi discepoli il Rivoluzionario dei Tempi e dei Modi: “Se un regno è diviso in se stesso, non può reggersi”. E’ di tutta evidenza, anche oggi, che le divisioni si insinuano nei “regni”, nazionali e sovranazionali, a partire dal modo di governare, ovvero dalla coesione o dalla frammentazione del popolo intorno ai propri rappresentanti.

E’ notorio che la politica, quando è svilita e compromessa, ruota solamente attorno all’economia e, se è vero che è il mercato a dare il via alle relazioni interpersonali e interistituzionali, è altrettanto vero che spesso e volentieri è esso stesso all’origine della disgregazione sociale.
Nel corso della Storia, è stata l’introduzione della moneta a favorire lo scambio di beni e servizi, mentre tecnologia e finanza avrebbero dovuto costituire dei facilitatori universali in termini di sviluppo d’impresa e di crescita di civiltà.

Quando, però, il denaro, la tecnologia e la finanza cessano di essere degli strumenti di servizio, allora lì iniziano i guai e sono guai enormi.
Se, infatti, le tre dimensioni di cui sopra vengono confuse con dei valori assoluti, da desiderare, da cercare, da servire, è l’inizio della fine. Così in questo primo scorcio del terzo millennio.

Colpisce, come un pugno allo stomaco, il rapporto dell’ONU sulle risorse economiche che mostra, brutalmente, in qual modo siano distribuite le ricchezze nel mondo: otto individui posseggono beni pari a quelli posseduti da 3,6 miliardi di persone; l’1% della popolazione mondiale possiede il 99% della ricchezza complessiva; nella sola Italia l’1% dei facoltosi fruisce del 25% della ricchezza nazionale lorda.

La spaccatura tra “ricchi e poveri” è sempre più ampia e netta e il mercato economico, come fosse un “regno”, è diviso al suo interno e in questa divisione sguazzano la corruttela e il malaffare al pari della zizzania in un campo non lavorato. In tale contesto, ricchi e poveri si isolano e guerreggiano vieppiù anche tra di loro. Un regno, diviso in se stesso, non può reggersi!