opinioni

Lo cunto de li cunti

giovedì 28 luglio 2016
di Fausto Cerulli
Lo cunto de li cunti

Gnagnarini si è preso uno schiaffo in faccia dalla Corte dei Conti e ha detto che del parere della Corte dei Conti, che ha bocciato il suo programma, non gliene frega niente. Ora, lui può pure fare finta di nulla, ma non dovrebbe ignorare che la Corte dei Conti è un organismo predisposto alla verifica dei conti pubblici, e se, verificando, scopre che un Amministratore ha fatto i conti della serva, emette una sentenza. Nel caso di specie una sentenza di condanna. Ggnagnarini fa come quel condannato a morte, dice che la morte non esiste, e intanto china il capo alla ghigliottina.

Il fatto è che la decisione della Corte, anche se ignorata da Gnagnarini, ha scatenato un putiferio all'interno della stessa maggiornanza, nel solito silenzio di Germani. Sta per cominciare uno scaricabarile che somiglia, guarda caso, ad una resa dei conti. Non faccio polemiche, mi limito ad osservare che la Corte dei Conti non è un passatempo istituzionale, e dunque le sue decisioni pesano come un macigno.
Erano mesi, del resto, che l’opposizione, in primis Roberta Tardani, avvertiva la maggioranza che si stava per finire nel baratro. Tutto sommato, era una forma di quasi collaborazione, alla Tardani come a molti, non fa piacere che un'Amministrazione vada a picco per la testarda impreparazione di uno Gnagnarini.

In questi giorni abbiamo sentito parlare di dissesto, poi di predissesto, ora siamo allo sfacelo, allo sbriciolamento. Ovviamente la maggioranza, per la serie che la poltrona non si tocca, proverà a ricompattarsi. Ma questa volta non sarà facile: già da tempo nella maggioranza litigavano come galli nel pollaio. A qualche boss della cosiddetta sinistra non sembrerà vero di poter portare avanti una resa dei conti interna, affrettando la corsa insana verso il precipizio. Ovviamente qualche scriteriato, e ce ne sono molti a sgovernare, dirà che la decisione della Corte dei Conti è stata pagata e pilotata dall'opposizione la quale, ovviamente, coglie la palla al balzo per chiedere le dimissioni di Gnagnarini e poi della Giunta.

La Corte dei Conti, per quel poco che so di diritto amministrativo, ha il dovere di essere imparziale, e il diritto di fare il proprio dovere di giudice contabile. In un mondo normale, dopo la batosta della Corte, Gnagnarini e soci, non avrebbero aspettato che qualcuno chiedesse le loro dimissioni, ma si sarebbero dimessi motu proprio. Ma per far questo occorrerebbe virtù di statista, ed io non vedo virtù ma solo vizi, ovviamente contabili. Nessuno accusa Gnagnarini e soci di pedofilia o di ludopatia. Qui si tratta di impreparazione, di menefreghismo, di intollerabile tracotanza.

Ed allora mi permetto di rammentare a Gnagnarini e soci che al momento sembrano esistere tutti i presupposti per un commissariamento. Gnagnarini può pure dire che la Corte dei Conti ha sbagliato i conti, ma la decisone della Corte dei Conti, unita all'inettitudine di questa amministrazione, potrebbe far squillare un campanello nella mente di qualche prefetto. Per commissariare un Comune,
e torno a parlare di diritto amministrativo, non è nececessario che ci siano infiltrazioni mafiose.

Un commissariamento, di fronte ad una situazione di sfacelo, costituisce o dovrebbe costituire un atto dovuto. Ma siamo in Italia, ed il nostro diritto è vagabondo. La maggioranza farebbe una figura appena appena decente, se lasciasse adesso la parola al popolo sovrano e parlo di nuove elezioni. Per anni sono stato considerato conciniano, adesso mi diranno tardaniano. In ogni caso sento di avere la coscienza a posto, non sono solito vendere la mia modesta penna.


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