opinioni

Relativismo e migrazione

martedì 30 giugno 2015
di Avv. Nicola Pepe - Da Umbriadomani.it
Relativismo e migrazione

La migrazione è vecchia quanto l’uomo e di certo è più vecchia di Gesù Cristo che nacque a Betlemme per un noto e storico censimento.

Nonostante ciò, a distanza di millenni il fenomeno sembra non aver ancora perso quel carattere emergenziale che tutt’ora connota i recenti eventi per cui l’analisi, se ricondotta ad un contesto continentale, appare francamente riduttiva.

Ho apprezzato alcune attente riflessioni svolte sul tema dell’immigrazione, pubblicate da “Umbria Domani” nei giorni scorsi, esse tendono a fornire una diversa chiave di lettura del fenomeno e favoriscono un approccio che disvela, al tempo stesso, onestà intellettuale ed una impostazione indipendente di cui la pubblica opinione sembra oggi non sempre beneficiare.

Non si può certo affrontare il problema della immigrazione senza considerare la sua intima natura umana così come non si può disgiungere l’immigrato dal dramma che vive e per cui agisce. La delicatezza della questione non dovrà indurci però ad un buonismo, a dire il vero oggi poco in voga soprattutto nella politica che propugna l’ideologia “securitaria”.

Non credo però che la strategia della paura possa rappresentare un solido elemento per costruire una vera prospettiva d’azione, che abbia cioè un’efficacia risolutiva.

Le uniche soluzioni possibili sono invece da ricercare attraverso impegni politici concreti frutto di accordi condivisi, vale a dire assunti dall’intera Comunità Internazionale nella ferma consapevolezza che la questione della migrazione e segnatamente quella dell’immigrazione sia strettamente connaturata ai diritti umani ed in quanto tale debba ricondursi ad un contesto internazionale – il più ampio possibile – imponendosi inevitabilmente un approccio umanitario.

Il “riconoscimento” dei diritti inviolabili da parte della nostra Costituzione (art. 2) non può che assumere, anche in questo caso, un carattere universale – proprio perché diretto alla tutela dell’uomo prima ancora che del cittadino – tramutandosi così in un postulato fondamentale del diritto internazionale moderno.

Ferma è la consapevolezza che i diritti fondamentali si pongono già nel nostro ordinamento come valore oggettivo, assoluto ed in una dimensione pre-giuridica, preesistendo a qualsiasi norma positiva sia essa o meno di natura convenzionale.

Credo che una buona base di partenza sia stata quella di adottare meccanismi per la condivisione tra tutti i Paesi dei flussi di migranti in arrivo, essendo un buon inizio per affrontare con responsabilità e serietà un fenomeno che troppo spesso sconta il limite di un indotto relativismo: si tende a considerare la migrazione come un fenomeno ristretto in uno spazio ed in un tempo che percepiamo come “nostro” dimenticando, invece, la sua dimensione mondiale e millenaria.

Diversamente ragionando rischieremo di essere meno saggi e moderni dei nostri padri costituenti che “posero” tra i princìpi fondamentali quei valori riconosciuti come universali.