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La disturbo se fumo?

mercoledì 29 aprile 2015
di Fausto Cerulli

La disturbo se fumo? Chiese la ragazza appena entrata nello scompartimento del treno. Lui rispose che non la disturbava affatto, per lui poteva benissimo fumare, ma se passava un controllore le avrebbe fatto una multa salata. Non mi interessa della multa, disse la ragazza con aria quasi annoiata, ho soldi a sufficienza per fare una guerra. Po tolse da una borsa un pc portatile, e cominciò a scrivere, battendo i tasti con una sola mano, essendo l’altra occupata dalla sigaretta ce lei fumava con quasi furia.

Era una bella ragazza, non poté fare a meno di osservare lui. In altri tempi avrebbe cercato di attaccare discorso, di dire le solite frasi. Ma dopo quello che era successo non gli andava proprio di parlare. Si limitò a dare un’occhiata di sfuggita alle cosce della ragazza, abbondantemente mostrate da una minigonna generosa, poi chiuse gli occhi, voleva cercare di dormire. Fu lei a scuoterlo, gli disse la prego resti sveglio, ho paura Paura di cosa, le disse lui, e lei rispose che qualcuno voleva ucciderla, qualcuno che sarebbe salito sul treno alla prossima stazione. Lui stava per chiederle perché fosse salita su quel treno, se sapeva che poi sarebbe arrivato il suo probabile assassino. Poi decise di non chiederle nulla; si aspettava una risposta folle, visto che tutta la situazione stava prendendo piega tragicomica. Ma fu lei a parlare, e gli disse che non capiva come lui non fosse almeno curioso di conoscere la storia di una morte violenta annunciata. Lei non mi crede, disse, lei pensa di avere a che fare con una povera matta.

Lui tacque, non poteva dirle che sì, pensava che lei fosse perlomeno disturbata. Ora il silenzio si stava facendo pesante, la ragazza ricominciò a scrivere, lui provò di nuovo a dormire. Poi l’altoparlante annunciò che il treno stava entrando nella stazione di……La ragazza fu scossa da un tremore improvviso, si sedette accanto a lui, gli chiese di aiutarla. Quando il treno rallentò, lui si sporse dal finestrino per vedere se saliva qualcuno. Cominciava a credere che ci fosse qualcosa di vero nella storia apparentemente folle che la ragazza gli aveva raccontato. Il marciapiede era deserto: nessuno salì sul treno. A questo punto lui fu costretto quasi a stare al gioco, se era gioco: e le disse ora può stare tranquilla, il suo assassino non è salito sul treno, E poi, per sdrammatizzare la faccenda, aggiunse: come vede anche gli assassini perdono il treno.

Pensava di farla almeno sorridere, ma lei era più agitata di prima, e con voce arrochita dal terrore disse allora in questo momento quell’uomo sta uccidendo mia sorella. E fece per azionare il segnale d’allarme; disse bisogna che io torni indietro, non posso restare inerte, mentre quel mostro uccide mia sorella. Lui, improvvisamente preso dalla situazione, le disse che tra qualche minuto sarebbero arrivati ad un’altra stazione: lei poteva scendere, prendere un taxi, e correre a casa di sua sorella per evitare la tragedia. Lei, adesso molto freddamente, disse che ormai sua sorella doveva essere già morta. Quell’uomo, aggiunse, non perde mai tempo.
Quando arrivarono alla stazione successiva lei si preparò a scendere, poi gli strinse la testa tra le mani, lo baciò sulla bocca, gli disse la prego venga con me, non me la sento di andare da sola a vedere il cadavere di mia sorella: lei non sa, disse con aria svagata, con qual modi crudeli quel mostro uccide le sue vittime. Da sola, aggiunse, non sarei capace di guardare il corpo scempiato di mia sorella. Ora sembrava quasi calma: lui, disse, uccide soltanto una volta alla settimana, quindi per sette giorni posso stare tranquilla. Scesero alla stazione, un taxi era pronto sul piazzale della stazione, vuoto e desolato; era come se il tassista li stesse aspettando; aprì gentilmente la portiera per far entrare la ragazza, le disse pensavo che sarebbe venuta ieri, Poi prese a muovere veloce l’auto, senza attendere che gli venisse indicata la mèta da raggiungere.

Si addentrò per una strada che percorreva un bosco che non sembrava dovesse finire mai, muovendosi agilmente tra curve tortuose ed inaspettati rettifili, scansando quasi all’ultimo momento i grossi alberi che gli si paravano davanti. La corsa sarà durata almeno un’ora, poi costeggiarono un gruppo di case abbandonate, un palazzo settecentesco sventrato da chissà quale bombardamento. Poi, bruscamente, il taxi si fermò dinanzi ad un cancello ed apparve la Casa. Ora il tassista sembrava avere fretta di ripartire, attese che i due passeggeri scendessero, non aspettò di essere pagato. Disse soltanto, alla ragazza, che Dio ti benedica, e buona fortuna, ne avrai bisogno. La ragazza lo salutò con un cenno affettuoso della mano, poi disse siamo arrivati, anche se siamo arrivati tardi. La porta della Casa era spalancata, come se qualcuno fosse uscito di fretta.

Mentre entravano lei disse che il cadavere di sua sorella doveva trovarsi nel soggiorno, andasse lui a vedere, lei non ne aveva il coraggio. Lui girò per tutta la Casa, senza trovare nulla: le stanze erano a soqquadro, ma nessuna persona viva o morta abitava quelle stanze. Scese, e stava per riferire alla ragazza che non aveva trovato nessuno, tantomeno un cadavere. La ragazza era seduta su una panchina di pietra, e singhiozzava piano. Allora lui estrasse il coltello che aveva affilato con cura, e lo ficcò con un colpo deciso nella schiena della ragazza. Mentre si accingeva a spogliarla, per tagliarle il pube come aveva progettato, dovette fermarsi di colpo. Non si aspettava di vedere quella donna insanguinata che usciva lentamente dal bosco, così somigliante alla ragazza che lui aveva appena accoltellato. E non si aspettava che quella donna, con una piccola pistola, gli ficcasse in fronte un proiettile.

Piccolo, ma mortale. In quel momento, mentre la Casa si afflosciava su se stessa come un castello di carte, dalla boscaglia uscirono quei maledetti cani arrabbiati, che fecero scempio del corpo della donna. Il tassista, con gesti automatici, raccolse i tre cadaveri, li ammucchiò confusamente nel portabagagli. Gli ci volle almeno un’ora per seppellirli nella parte più nascosta del bosco. Nessuno li avrebbe scoperti, mai: sotto quei quattro metri di terra, mentre i cani, lontano, latravano ancora.