opinioni

Tutti gli uomini del presidente: quelli ancora in sella e quelli già disarcionati

domenica 14 settembre 2014
di Mario Tiberi

“Promoveatur ut Amoveatur”: promuovere per rimuovere! Il Presidente del Consiglio dr.Renzi, spregiudicato e cinico, applica alle persone la famigerata dottrina del cosiddetto “usa e getta”: finché gli sono funzionali, in ragione della sua personale carriera volta al potere assoluto, le esalta; quando invece non gli servono più, o le abbandona al loro infame destino o, al massimo, le parcheggia in posteggi a pagamento a carico dei contribuenti italiani. E’ ciò che è accaduto nelle ultime settimane pur se, inopinatamente, talune operazioni sono passate sotto silenzio con l’avallo di una stampa compiacente e servile. Per non essere tacciato di squallido qualunquismo, è bene scendere in alcuni emblematici particolari.

E’ diffuso il convincimento che il primo a dover pagare dazio sarà proprio l’ormai ex-potentissimo sottosegretario alle Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, per il fatto che non gli può essere perdonato di aver detto la verità sui quasi del tutto inutili ottanta euro. La frase”…pensavo francamente che avessero più effetto…”, risalente alla metà di luglio, non è affatto piaciuta al Capo del Governo il quale, secondo un suo stile ormai consolidato, ha promesso vendetta, tremenda vendetta. Per il malcapitato sembrerebbe pronto, nell’imminente rimpasto governativo, un ministero a scelta purché sia senza portafoglio. Come si può ben notare, i ministeri non vengono assegnati sulla base di capacità e competenze specifiche, bensì a motivo di calcoli opportunistici e/o di momentanea convenienza.

Sul ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, il quale invoca parole di verità su una crisi ingravescente e non parole di mero taglio propagandistico, si è abbattuta una tormenta di ghiaccio e gelo al punto che lo stesso ministro ha più volte manifestato l’intenzione di dimettersi e il “premier”, da par suo, non muove paglia per farlo desistere. Anzi, sembra quasi incoraggiarlo con salaci “battutine”.

Quanto a Giuliano Poletti, ministro del Lavoro, pure lui colpevole di sincerità per aver anticipato che il governo sta lavorando ad un prelievo forzoso sulle pensioni, non gli verrà riservato un trattamento migliore se già è stato ampiamente e puntualmente svergognato in una delle ultime conferenze-stampa. Non ci si meravigli, quindi, che la campagna epurativa in atto proseguirà con improvvise accelerazioni poiché, essendo il cinismo del Renzi divenuto un classico della politica italiana, non si potrà che assistere ulteriormente a riedizioni dell’ormai tristemente famoso” Enrico stai sereno”, pronunciato poco prima di ghigliottinare proditoriamente lo “sventurato” Enrico Letta. Come così pure, negli anni e nei mesi appena trascorsi, il “rottamatore” ha fagocitato e digerito decine di compagni di viaggio: dai molteplici assessori delle sue giunte fiorentine fino ad arrivare a nomi illustri, quali Lapo Pistelli e Pippo Civati.

E non è andata meglio a numerosi sodali più recenti. Ad esempio, il guardasigilli Andrea Orlando è stato definito un “doroteo”, nel senso più spregevole del termine, in relazione ad un suo presunto diniego a controfirmare il decreto sulla fecondazione eterologa. Beatrice Lorenzin, ministro della Salute, aveva infatti predisposto, di concerto con Renzi in persona, il citato decreto quando, di fronte al montare delle polemiche, per salvare se stesso non ha esitato un solo attimo a sconfessare l’operato sia dell’uno che dell’altra, entrambi suoi ministri.

Stessa sorte di giubilazione è toccata a Michele Emiliano, già sindaco di Bari, e a Vincenzo De Luca, ancora non si sa per quanto sindaco in carica di Salerno. In Emilia Romagna, il “fiorentino asso pigliatutto” ha sacrificato due fedelissimi della prima ora, Matteo Richetti e Stefano Bonaccini (tra l’altro inquisiti per peculato assieme a Descalzi indagato per corruzione internazionale), sull’altare di una instabile e provvisoria “pax” con Pier Luigi Bersani, scalpitante assieme a Massimo D’Alema, e “scaricati” risultano pure Carlo Cottarelli (costato ai contribuenti 260.000 euro per nulla) a seguito di divergenze nette e insanabili sulle procedure di revisione della spesa pubblica e persino, come ben si ricorderà, Romano Prodi che fu eliminato senza un batter di ciglio dalla corsa al Quirinale in cambio dell’accordo con Silvio Berlusconi sulle riforme, per ora solo e soltanto annunciate.

E non finisce qui! Ritengo che ricordiate il “cerchio magico” di bossiana memoria; ebbene, un altro circuito vizioso si è ad oggi innescato e non è per nulla errato o disdicevole poterlo definire il “Giglio Magico” di Renzi. Dario Nardella, Simona Bonafé e Pina Picierno, inizialmente membri effettivi del circolo gigliato, sono stati tutti rispettivamente “promossi per essere rimossi” e, dunque, relegati in periferia. Il dato reale è che il “Giglio Magico” attualmente è composto da soli tre petali: Maria Elena Boschi, Luca Lotti e Marco Carrai.

La Boschi e Lotti, assieme a Renzi, guidano e dirigono la politica “lato sensu”; Carrai quella economica. Ma fino a quando? Per il “Doge” Matteo, oggi sei magico, domani probabilmente potresti diventare tragico e, comunque, conti qualcosa soltanto quando gli torni utile. Proprio come il nemico più nemico di tutti: il governatore in carica della regione Toscana Enrico Rossi.

Fatti i debiti calcoli di convenienza, il premier ha deciso che il predetto debba ricandidarsi alle regionali del 2015 onde sgomberare il campo dai voraci appetiti di almeno una mezza dozzina di dirigenti locali del PD e di scongiurare, almeno per il momento, la cruenta rissa che si sarebbe inevitabilmente scatenata tra i suoi fedelissimi di lignaggio toscano, ora però delusissimi. Come si vorrebbe qualificare un simile comportamento se non cinismo allo stato puro?

Di questo passo, più prima che poi il dr. Renzi è destinato a rimanere desolatamente solo e da soli, come ben si sa, non si approda a nulla; per i suoi adepti, ingenui e creduloni, vale sempre l’antico detto popolare: “chi è causa del suo mal pianga se stesso”. E per il Renzi medesimo: “chi di spada ferisce, di spada perisce”.