A Gian Paolo Aceto. Risposta di pace e di libertà
Caro Gian Paolo,
come in molti sanno amo poco la parola "Guerra", certamente preferisco "Amore". Ma quella che più di ogni altra apprezzo è sicuramente "Libertà". Libertà per tutti voi di scrivere e di proporre i vostri scritti e le vostre opinioni in vari contesti editoriali, libertà per direttori e direttore di non pubblicarli per varie ragioni, anche non necessariamente legate a quelle che tu indichi.
Come avrai visto, nel tuo scritto odierno non ho avuto nessuna difficoltà a fare il link che chiedi e ti rispondo ben volentieri sulle ragioni che mi hanno indotto a non pubblicare l'opinione che citi dal titolo VALE E CREPA! Una volta chiarito però, come anche con altri di tanto in tanto mi capita di dover fare, che la "libertà di stampa" o di opinione che dir si voglia, ripetutamente invocata, è quella di esprimersi liberamente e di cercare canali di diffusione, ma non certo di pretendere di stare sui giornali di tutti. Visto che tu mi citi anche come poeta, sarebbe come se io pretendessi di pubblicare con qualsivoglia editore, o di stare in tutte le librerie d'Italia o della regione: la libertà di pubblicarmi o meno è quella dell'editore, così come quella di farmi essere in un luogo o nell'altro è quella del libraio; e certamente questo fatto, legato alla diffusione, non limita la mia libertà di scrivere.
Altrettanto vale nell'editoria online: la libertà di stampa e di opinione garantita dall'Articolo 21 della Costituzione, è quella degli editori, relativa a pubblicare senza costrizioni, ovviamente entro i termini di legge, quello che ritengono congruo con la loro linea editoriale (anche laddove fosse di parte); e quella dei giornalisti che per loro lavorano. Non è quella a voler essere forzatamente pubblicati di lettori e lettrici, a meno che non ci siano particolari ragioni (ad esempio legittime o doverose precisazioni da fare).
Stabilito ciò come questione di principio, non ho nessuna remora a far conoscere le ragioni che mi hanno fatto escludere il tuo VALE E CREPA! Una potremmmo dire che è di ordine stilistico: proprio perché non si fanno nomi e lo scritto è più che satirico, non risulta troppo chiaro per chi legge. E a me, come la buona e rigorosa comunicazione insegna, piace pensare a un referente che ha il diritto di capire anche se non sa, tanto più in ambiente internet, in cui le pagine web non viaggiano solo in locale, ma davvero in rete per il mondo.
L'altra è quella di un esagerato sfottò che, a mio avviso, finisce per diventare scarsa tolleranza per le opinioni altrui, o per il diritto delle persone a proporsi: renziane, cuperliane, civatiane, scopettiane o di qualsivoglia area siano. Ci ravviso scarso rispetto per gli umani, indipendentemente dalle opinioni politiche che, come giustamente dici, non ho difficoltà a pubblicare anche laddove sono molto diverse dalle mie.
Al di là dell'analisi linguistica o dei contenuti, ho comunque un'altra regola nel mio vivere quotidiano: chiamiamola del cuore o, meglio ancora, delle viscere. Quando uno scritto esercita una certa pressione sulle mie sensibili viscere di donna, vuol dire che c'è qualcosa che non va. Di solito le ascolto e, a rischio di sembrare troppo rigorosa o démodée, non mi sono mai pentita.
Spero che non me ne vorrai e che vorrai continuare a mandarmi i tuoi scritti, tuttavia consapevole che potrei cadere ancora. Sono molto ironica, ma la satira esagerata mi causa qualche problema e, per le ragioni che ti ho esposto, non sempre sono disposta a passarla sul nostro giornale.
Entrambi, probabilmente, cadiamo per opposte esagerazioni!
Con simpatia
Laura Ricci