opinioni

Una città che non ama se stessa

lunedì 29 luglio 2013
di Marella Pappalardo

Orvieto quest'anno non si è spopolata, a ondate i suoi cittadini emergono la sera dai vicoli, i loro vicoli deserti e silenziosi. E a parte la via del Duomo e via Cavour, piazza della Repubblica e piazza del Duomo, quei vicoli sono la vergogna di questa città sospesa e indecifrabile, triste e silenziosa. Gli escrementi dei cani scompaiono solo dopo una lunga liquefazione al sole di luglio, gli angoli delle strade sono tutti macchiati d'urina, i sacchi della mondezza scaricati sotto casa già al mattino per la raccolta differenziata del giorno dopo, cartacce e vasi di piante secche abbandonati pieni di spazzatura , "nascosti" dietro un angolo, mimetizzati tra altri penosi abbandoni.

Ma le case degli orvietani sono fresche e pulite, eleganti, affrescate, rifinite da belle tende ricamate e da vasi di fiori che arredano i davanzali e le logge mentre i vicoli e gli angoli sono evidentemente "d'altri" e non importa a nessuno che siano puliti, che i turisti arrivino dagli ascensori subito accolti da escrementi di cane o da oasi di guano secco di piccioni, da sacchi roventi di immondizia, che il fetore di urina li avvolga mentre passeggiano nella canicola leccando il gelato. Come si fa a rientrare a casa con i sandali sporchi e a calpestare il cotto che profuma di cera o il parquet tirato a lucido o come si fa a camminare sempre a testa bassa per evitare spiacevoli incidenti ? Come si fa a non amare la propria città come il salotto, i mobili della nonna, la biancheria preziosa tenuta fresca negli armadi? Come si fa a non preparare la stanza degli ospiti che arrivano stanchi da un lungo viaggio e che si aspettano una piacevole accoglienza? Forse è questo l'aspetto medievale che la città vuol dare di sé? Eppure Todi, Spoleto, Siena sono una meraviglia!