opinioni

25 Aprile 2013, memoria continua

mercoledì 24 aprile 2013
di Pier Giorgio Oliveti, presidente ANPI Orvieto
25 Aprile 2013, memoria continua

Res Publica
La Repubblica Italiana è nata dalla lotta di liberazione, dalla Resistenza di cittadini, militari (dopo l'armistizio di Cassibile il 3 settembre 1943, furono 700 mila i soldati italiani lasciati senza ordini e direttive dal Re Vittorio Emanuele III, dal governo diretto dal Maresciallo Badoglio e dallo Stato Maggiore), uomini politici, di chiesa, contadini, operai, studenti, che "andarono a baita " come scrive Mario Rigoni Stern in "Dentro la memoria": "Ma quanto ci è costato? Qualcuno ci aveva detto di andare oltre ma il nostro cuore ci ha portati qua. Si avanzava per andare a baita. Allora sì che abbiamo lottato per la nostra Italia, per le nostre valli, i nostri campi, le nostre donne. Ci hanno detto che fummo meravigliosi. Forse sarà vero ma una lunga strada è stata segnata: ossa, zaini, scarponi, armi e sangue. Ora su queste cose il vento dondola i grani." Oggi la Repubblica nata dalla Resistenza vacilla : tocca forse tutti riprendere metaforicamente lo zaino - con buone idee, principi cardine e soluzioni - per far sì che l'energia politica dai partiti monopolisti della rappresentanza ritorni allo Stato e ai singoli cittadini, i protagonisti dell'era digitale che stanno scrivendo una nuova storia di partecipazione.

Crisi
Crisi (ant. crise) s. f. [dal lat. crisis, gr. κρíσις «scelta, decisione, fase decisiva di una malattia», der. di κρíνω«distinguere, giudicare»]. È sempre tempo di crisi. Se badiamo all'etimo. Crisi in greco antico: ‘scelta'. Quand'è che non si è costretti a scegliere? Se non scegli, diceva un saggio, qualcun altro sceglierà al posto tuo. Se non scegli, sarai scelto. Nell'alternativa, c'è il senso più profondo e dinamico della crisi. Quante volte si sente dire: «Bisogna saper cogliere questa crisi come occasione di...» e poi si aggiunga a piacere: cambiamento (il vocabolo più gettonato), miglioramento, crescita, ripresa, riscatto, ecc. Il discorso pare attagliarsi ai singoli (crisi di pianto)come alle collettività (crisi dei valori); in campo economico, vale per il distretto o settore economico o area (crisi energetica, crisi occupazionale, crisi del Mezzogiorno)come per l'intero Paese (grave crisi del sistema economico). Se vai a scavare nel singolo orticello, trovi crisi a profusione, con salde radici. Aprendo il portatile Dizionario politico e parlamentare di Gino Pallotta (Newton Compton ed., Roma 1977) ci si rende conto che senza la parola crisi la politica italiana perderebbe senso e spessore: 23 pagine dedicate al lemma crisi di governo, e, in soprappiù, i lemmi crisetta (tipico alterato da beffardo e sornione genio italico: «termine giornalistico affermatosi principalmente dal febbraio '46, quando, per la scissione del partito d'Azione, De Gasperi dovette sostituire alcuni ministri»,p.73), crisi bianca, crisi della presidenza della repubblica,crisi delle istituzioni, più i già citati crisi energetica e crisi occupazionale."(da: Silverio Novelli,http://www.treccani.it ).

Perché siamo arrivati qui? Termodinamica risponde
In questi giorni tutti gli italiani vivono letteralmente uno spaesamento, un'alienazione dovuta al passaggio da uno stato ad un altro. Sono stati scritti fiumi di parole per "spiegare" l'attuale condizione sociale e politica nel nostro paese che rischia oggettivamente di bruciare i sacrifici di almeno tre generazioni, non solo economici ma anche e soprattutto morali ed etici. Uno Stato nato dalla Resistenza di popolo contro l'orrore a senso unico - senza alcun "se" o "ma" - del Nazismo e del Fascismo, fatica a riformarsi in un modo positivo e condiviso, si "incarta", e in pochi mesi rischia davvero l'arretramento e il declino, morale e psicologico prima ancora che economico. Non mi addenterò sulle cause contingenti di ciò. In ogni caso, volenti o nolenti, la modernità finalmente si affaccia, l'Italia entra, buona ultima tra i paesi della famiglia europea, nel XXI secolo. Fin'ora sembra però lo faccia accentuando solo le problematicità e le storiche divisioni, piuttosto che le (grandi) opportunità e il valore della nostra impronta storica e culturale sul mondo. Perché? Forse una spiegazione "neutrale" ce la può suggerire la termodinamica, quella branca della fisica che descrive le trasformazioni subite da un sistema (sia esso naturale o costruito dall'uomo), in seguito ad un processo di scambio di energia con altri sistemi o con l'ambiente esterno. La termodinamica insegna che qualunque sistema o sottosistema, ad esempio un Paese o un Parlamento o un Partito come espressione di autogoverno, non può all'infinito "stressare" le proprie strutture non risolvendo i problemi chimici, fisici o politici per un tempo "t" tendente all'infinito, e che prima o dopo è destinato a "cambiare" di stato, andando in "crisi", appunto. Chi si stupisce del movimentismo che d'un tratto occupa "la piazza", spaventa legittimamente il "potere", e che - nonostante i "buoni" intendimenti - rischia pure di mettere in pericolo le stesse fragili istituzioni democratiche, con evidenza non si abbevera a sufficienza ai principi della scienza Fisica. Fuor di pedanteria, se avete un minuto di pazienza...approfondite e fatevi per vostro conto un'opinione ragionata sulla capacità di "resistenza" dei sistemi sociali. Come sappiamo i principi della termodinamica, enunciati nel corso del XIX secolo, regolano le trasformazioni termodinamiche, il loro svolgersi, ed i loro limiti. Si possono distinguere vari tipi di sistemi, ognuno identificabile tramite il modo di scambiare energia con l'esterno. Abbiamo infatti:
• sistemi isolati: non scambiano calore, materia, lavoro con l'esterno;
• sistemi chiusi: scambiano energia (calore, lavoro), ma non materia con l'esterno.
Abbiamo inoltre i cosiddetti: "sistemi aperti": permettono scambio di energia e materia con
l'esterno. Un contorno che permette scambio di materia è detto permeabile (o semipermeabile, se lascia passare solo determinate specie chimiche). Tra gli altri, il secondo principio della termodinamica, "stabilisce il verso delle interazioni termodinamiche", o meglio ancora: "chiarisce il perché una trasformazione avviene spontaneamente in un modo piuttosto che in un altro". Il secondo principio della termodinamica si basa sull'introduzione di una nuova funzione di stato, detta "entropia"(una sorta di misura del disordine dell'universo, ndr). Siccome l'universo si considera un sistema isolato, l'entropia dell'universo è in continuo
aumento.

Sindrome di "Maria Antonietta" e democrazia in stallo tecnico
(...)Cose serie. Narra la leggenda che, poco prima della presa della Bastiglia, a chi le comunicava: "Il popolo non ha pane", la regina di Francia abbia laconicamente risposto "dategli delle brioches", dimostrando di ignorare completamente la complessa ed amara realtà del popolo francese, che sarebbe insorto da lì a breve. La stessa incapacità di percepire oggettivamente il mondo reale, sembra essere endemica di una grossa fetta del mondo politico, impegnata a risolvere i problemi personali propri o dei propri familiari, e totalmente indifferente ai problemi - purtroppo gravi e numerosi - della società. Maria Antonietta, però, aveva una attenuante: chiusa nella sua reggia, viveva in un mondo separato, era in gran parte all'oscuro delle difficoltà del popolo e ne ignorava le possibili soluzioni. Chi invece dal popolo è stato eletto, ma continua a concentrarsi sui propri processi, sulle disavventure scolastiche dei propri figli, su come aumentare la propria popolarità a suon di slogan, non ha nessuna giustificazione... e farebbe bene a mettere da parte la propria megolomania e a ricordarsi la fine di Maria Antonietta...(da: MICROMEGA 07.2008 - Rumore e sindrome di Maria Antonietta di Giuliano Albarani)

Quale Italia? Più Politica
Economia. Se pensiamo a Paul Robin Krugman - uno degli economisti  e premi Nobel più equilibrato e orientato a sinistra ha espresso diversi dubbi che siano solo le disuguaglianze la causa della crisi, in particolare per l'Europa e per l'Italia. L'indice di Gini mostra una peggioramento negli ultimi due anni, ma dobbiamo renderci conto che stiamo attraversando la crisi più lunga e dura dell'epoca industriale, peggio di quella del '29. In Italia. la "torta" prodotta è più piccola del 7%; nel 2013 perderemo ancora. In una situazione del genere tutto si scarica sul lavoro e sull'impresa. Ora a perdere sono soprattutto i ceti meno forti, pensionati, sotto occupati, a reddito fisso, e il ceto medio(vedi su www.censis.it Lo smottamento del ceto medio).I due capi di governo progressisti Obama e Hollande lavorano su questo. La crisi colpisce la parte più debole ed anche quella intermedia della società, la stessa che finora ha tenuto l'equilibrio. La soluzione possibile : più economia collaborativa. Più partecipazione dei produttori e quindi creazione di "imprese comunità", di Olivettiana memoria(ricordiamo che Adriano Olivetti nel Dopoguerra istituì ad Ivrea in fabbrica una biblioteca e un'emeroteca a disposizione degli operai e impiegati, più vasta e ricca di quella comunale..., ndr). Numerose sono già le esperienze, anche innovative, in Italia e nel Nord Europa. Nella crisi le cooperative tengono meglio delle imprese capitaliste perché i consumatori hanno più potere reale e la proprietà non si basa sul capitale ma sul principio (...forse ancora un po' teorico da noi) di una testa, un voto. Il territorio diventa il bene sociale più importante perché il paradigma tecnologico ( cioè le ICT) sono smaterializzate rispetto alla fabbrica meccanica: dove avviene la ricomposizione della knowledge society se non dove si vive, lavora e ci si sposta?

Democrazia. E' il 25 Aprile: lo sforzo sovrumano della Resistenza merita qui ed ora un nuovo patto tra gli italiani per affermare una democrazia compiuta e promuovere concretamente il diritto di cittadinanza per tutti. Urge oggi più che mai - senza retoriche o bizantinismi - un'agenda politica centrata sul bene comune, nel rispetto della nostra straordinaria Costituzione. Gli ingredienti sono già da tanto troppo tempo sul tavolo: meno mercato, meno spreco, meno ipocrisia colpevole, meno postcolonialismo, meno violenza e sfruttamento di colore e genere, più efficienza, più dignità del lavoro, più diritti, più cultura ed educazione per tutti, più solidarietà, più ambiente, più salute, più giustizia, più responsabilità condivisa, più sicurezza e inclusione sociale, più creatività. Più Politica.

"La scienza ha promesso felicità? Non credo. Ha promesso la verità e la questione è sapere se con la verità si farà mai la felicità."
Emile Zola