opinioni

Il centro studi chiuso dai consulenti. Ovvero le furbate della politica

domenica 16 dicembre 2012
di Carlo Perali

Chiudere il centro studi per mano di alcuni consulenti, nominati non si sa bene se per verificare i conti o intravedere nuove prospettive, ma più sicuramente per mancanza di un partito, è l'ultima furbata di una Amministrazione che, incapace di mostrarsi apertamente, decide di nascondersi dietro il parere insindacabile dei tecnici. Rivelando così la sua incapacità al rinnovamento e la predisposizione al conservatorismo e alla cultura dell'amorfo.

Per cui c'è da aspettarsi che chi è chiamato a valutare lo faccia a favore di quella stessa parte che per le solite ragioni lo aveva in precedenza nominato. Insomma voglio dire cha la scusa non regge più di tanto, anche perché non è credibile che un Comune costretto a scegliere tra il risanamento di bilancio e la rinuncia al suo futuro scelga di sacrificare l'unico strumento su cui poggia la ripresa.

Infatti dobbiamo renderci conto che il centro studi rappresenta la nostra principale fonte di ricchezza; forse i nostri politici non si sono resi conto che a furia di tagli e aumenti delle tasse hanno reso il centro storico deserto senza fornire soluzioni in cambio, senza dire come avviare la ripresa. 

Se l'Amministrazione fatica a chiudere il bilancio la città non versa di certo in migliori condizioni, inoltre abbiamo la pressione fiscale del governo, il peso della crisi e per finire gli effetti negativi dovuti all'alluvione. Quindi servono idee e scelte coraggiose con progetti innovativi se vogliamo scongiurare una tragedia anche peggiore. 

Inoltre dobbiamo renderci conto che il mondo sta cambiando secondo una logica di rete costruita su misura tra pubblico e privato e più in particolare tra istituzioni, imprese, ricerca, formazione e organizzazione del lavoro in un modo sempre più programmato e innovativo, per cui anche noi dovremmo orientarci verso un simile modello e capire quale sia la strategia e come utilizzare questo strumento per rilanciare la città, l'economia e risolvere lo spinoso problema del lavoro.

Orvieto come sappiamo è una città strana non tanto perché è ubicata sopra una rupe, ma perché ha le potenzialità di una città importante e le dimensioni di un paese, per cui serve un mezzo in grado di valorizzarla e lo strumento per rilanciare una città d'arte come la nostra non può che essere un centro studi.

Serve quindi un'apertura e una più ampia visione sul futuro, serve il coraggio e la convinzione di chi si appresta a fare impresa, serve investire in competenze e puntare sulla formazione per creare un laboratorio di ricerca e di cultura, ma serve anche una politica più attiva che faccia sentire le sue scelte mettendoci la faccia senza escludere o rinunciare a tutto quello che comporta rischi o problemi finanziari. 

Pertanto, la priorità non può essere solo quella di chiudere i buchi di bilancio ma non far morire Orvieto. Questa è la priorità assoluta altrimenti non si va da nessuna parte.

Quindi o riuscite a risolvere entrambe le questioni o è meglio che lasciate le poltrone ad altri, anche perché in due anni di commissariamento avevamo già risolto questi problemi prima e meglio, mentre per ricostruire l'economia di una città servono secoli di storia e di lavoro.

Infatti la politica ha talmente distorto la questione che sembra che esistano due economie distinte: quella principale regolata dal Comune, che serve per chiudere il bilancio, e quella secondaria amministrata dai peones, che serve invece per aumentare la ricchezza, per migliorare le condizioni di vita della gente, per incrementare nuovi posti di lavoro e alla fine per pagare anche più tasse ma con un solo e unico difetto.

Tutto è riconducibile al privato, quindi non è gestibile e per questo è giusto "mazzolarlo", ma se invece si dovesse accendere la lampadina della fantasia per ridare più spazio proprio all'impresa in virtù di vincere la sfida, allora dovreste ritirare la commissione e salvare il centro studi, anche perché se voi lo chiuderete, l'opposizione lo dovrà riaprire vanificando così i vostri sforzi e dimostrando che non eravate poi quel concentrato di idee e innovazioni tanto sbandierate E se non capite questo, bè... allora non capite neanche il resto.