opinioni

Alluvione. Come potremmo limitare i danni?

mercoledì 21 novembre 2012
di Associazione Lenza Orvietana

"Noi l'avevamo detto" è la solita frase fatta che suona antipatica perché richiama il senno di poi e della quale avremmo fatto volentieri a meno, dopo quello che è successo. Parliamo di quanto abbiamo visto al mattino presto di lunedì 12 novembre: la piana del Paglia, completamente sommersa, è percorsa da acque torbide e tumultuose.
Il laghetto del Parco Urbano è scomparso, totalmente sott'acqua, la passerella che lo collegava a Ciconia è il ricettacolo di ogni sorta di detriti e forse non resisterà alla pressione della corrente; il ponte dell'Adunata è ridotto ad una sottile linea scura che sta per scomparire, tutto è irreale, si fa fatica a credere che quella possa essere la realtà. Le parole non bastano a descrivere lo scenario: subito lo sguardo va al canile "I Pioppi", ridotto a piccolo cocuzzolo che emerge dall'acqua, poi si allunga e mette a fuoco verso Ciconia, al ponte sul Chiani: anche quello al limite della capacità ricettiva, la zona del Pisciarello, al di là della Piscina Comunale, tutta allagata. Poi verso Orvieto Scalo: il parcheggio dei Camper ed il "parcheggione" non esistono più, si vedono solo i tetti dei veicoli lasciati in sosta, è tutta sott'acqua la zona artigianale al di là del ponte, nella parte più bassa; più giù, verso Camorena, tutta la piana allagata.

Saliamo ad Orvieto, dal parapetto ci si rende conto della gravità del fenomeno: tutta Via Angelo Costanzi, fino all'autostrada è impercorribile, è allagato anche il piazzale della Posta dello Scalo; arriva l'elicottero dei Vigili del Fuoco ed assistiamo al salvataggio di una persona rimasta intrappolata dalla piena sul tetto di una baracca; ci dicono che il Ponte è stato chiuso e quindi l'ospedale non è raggiungibile da buona parte della popolazione di Orvieto: c'è l'elicottero che farà da navetta per congiungere le due sponde; ancora, veniamo a sapere che......................
Inutile continuare, chi ha visto non dimenticherà, chi non ha visto è stato bombardato dalle immagini dei media che oltre a trasmettere le proprie, hanno riversato nei nostri televisori e nei nostri computer anche migliaia di foto e filmati presi dalla gente, quindi tutti si sono resi conto di quanto è accaduto.

Perché è accaduto? Non abbiamo l'intera soluzione in tasca né l'avremo mai, supponiamo. Di una metà di essa, di quella di pertinenza della natura però siamo sicuri: perché è piovuto in modo abnorme. Dell'altra metà, di pertinenza dell'uomo, potremmo farne oggetto di discussione infinita: tutte le persone che si incontrano all'indomani dell'alluvione hanno le loro risposte e sono sicuri che si tratti di quelle giuste.
Senza voler fare della demagogia, noi pescatori stiamo monitorando il Paglia da sempre, anche involontariamente, perché lo frequentiamo e ci rendiamo conto via via nel tempo di quanto la natura sia inesorabile nelle sue manifestazioni. In particolare in questa circostanza sul bacino imbrifero dell'Amiata sono caduti circa 300 mm di pioggia che hanno portato all'esondazione non solo del Paglia, ma anche del Fiora nei pressi di Montalto di Castro e dell'Albegna nella zona di Albinia.

Nella nostra zona si sono susseguite le tragiche piene del 1937, del 1966 (che non ci fu solo a Firenze), del 2005 e, più di recente, nel 2008 e nel 2010: tutte con esondazioni più o meno accentuate. In quelle del 2010, una a gennaio ed una a novembre, avevamo assistito all'invasione da parte delle acque, del laghetto del Parco Urbano con gravi danni allo stesso e all'area limitrofa: era stato un segnale inequivocabile che sarebbe potuto accadere ancora e, piovendo di più, in forma ancora più disastrosa.

Perché il fiume esonda? perché le sua acque non riescono a defluire come dovrebbero se incontrano ostacoli che si frappongono alla violenza della corrente. Nel tratto orvietano, quello che meglio conosciamo, le piante ripariali si sono accresciute in numero ed in dimensione; in prossimità della foce del Chiani, sulla sponda sinistra del Paglia, si sono creati enormi accumuli di sabbia e breccia; come società di pesca attenta ai problemi della zona fluviale riteniamo che per il futuro il letto dei nostri fiumi debba essere tenuto costantemente sgombro dagli inerti e dalla vegetazione che sorge all'interno dell'alveo e che le sponde debbano essere dotate di argini adeguati.
Abbiamo documentazioni fotografiche che testimoniano la necessità di togliere le piante in eccesso: in una foto scattata nella primavera 2012 all'altezza della confluenza Paglia - Chiani, la passerella che congiunge il Centro scolastico ad Orvieto Scalo non si vede quasi più, tanto è quasi "soffocata" dalla vegetazione che ovviamente nell'ultimo evento ha rallentato la corrente e si è addossata ad essa tanto da averne probabilmente compromesso la stabilità.

Della necessità di eliminare il pericolo erano persuasi anche altri soggetti, come ha dichiarato nei giorni immediatamente successivi all'evento il Presidente delle Imprese Orvietane in una intervista mandata più volte in onda: dopo le alluvioni che si sono susseguite dal 2005 in poi, l'Associazione sarebbe stata disposta a farsi carico totalmente a sue spese della messa in sicurezza del Paglia nella zona dell'Orvietano.
Potremmo continuare citando numerose circostanze nelle quali è stato sollevato il problema, perché, secondo noi, si tratta di un problema che ammette solo le soluzioni sopra prospettate: tenere pulite le sponde del fiume, rimuovere tutti gli ostacoli che impediscano un veloce deflusso delle acque durante le piene, consolidare gli argini.
Un lampante esempio di come andrebbero regimentate le acque nei tratti urbani ce lo offre l'argine che fu costruito anni fa lungo il Chiani dalla svolta al ponte di Ciconia: ha tenuto benissimo ed ha evitato l'inondazione di tutta la zona. Questo a conferma di un noto slogan che parafrasato per l'evento potrebbe suonare così: "meglio investire il denaro pubblico per prevenire che per riparare".
E la metà del problema, quella di competenza dell'uomo, sarebbe probabilmente risolta.