opinioni

Perché non si dimentichi: riflessioni sull'alluvione

martedì 13 novembre 2012
di Maria Luisa Salvadori

Non sono in grado di entrare nel merito del cosa è stato fatto/cosa si poteva fare, di chi sono le responsabilità/colpe, e comunque non mi interessa addentrarmi nei meandri delle tarde accuse politiche. La realtà è sotto gli occhi di tutti: tanti amministratori di "colori diversi" si sono avvicendati negli anni e nessuno s'è fermato, nessuno ha bloccato scelte e decisioni che in molti sapevano sbagliate. Alcuni di loro potrebbero ancora raccontarci come sono andati i fatti davvero, ma non lo faranno mai. Sbraitare a danno di chi ti ha preceduto o di chi ti sta a fianco nello scranno consiliare è facile e troppo spesso strumentale. Finché non prendono corpo proposte coraggiose, piani di lavoro alternativi e pratiche politiche differenti, le schermaglie e i toni alti possono servire alla tenuta di una qualche compagine-schieramento, alla tutela del Pinco-pallino di turno o degli interessi economici del momento, cioè a tutto fuorché a risolvere i problemi reali della gente reale.

Adesso le cose stanno così: Orvieto è a terra e gli orvietani hanno da fare i conti con la melmosità del dopo-alluvione, la fatica del recuperabile se da recuperare c'è, la solitudine della ricostruzione per chi potrà ricostruire. Parecchi rischiano di non farcela. C'è gente che dovrà continuare a pagare i debiti contratti per tentare di inventarsi un lavoro, di dar vita a un bar o a un negozio... domani e dopodomani dovrà ancora e ancora pagare oggetti, macchinari e strutture che già non ci sono più, perché sono stati distrutti o comunque resi inutilizzabili. E'una cosa penosa e ingiusta, terribile da vivere da soli. Sono davvero triste per le attività colpite, per le famiglie di lavoratori che hanno perso praticamente tutto. Sono triste e sento che mi appartiene, questa sorte appartiene anche a me... Io sono tra quelli che attoniti guardano giù, dall'alto della Rupe: stare quassù mi fa sentire ferita, molto, molto più che privilegiata o protetta. Voglio che non si dimentichi e che si riparta dalle verità documentate oggi, nei giorni terribili della distruzione.

Il lavoro che hanno fatto i giornalisti locali, le foto scattate, gli articoli, i tanti tweet, post, messaggi e commenti... c'è un patrimonio d'informazioni e d' immagini costruito di minuto in minuto, così preciso e puntuale, così dovizioso e dinamico da non lasciare scampo. Nessuno potrà permettersi il lusso di dimenticare, neanche chi della perdita di memoria fa stile politico e di governo. Dovremo riparlarne a lungo dei fatti di questi giorni, dovremo tornare a guardare il disastro, fin quando dalla rabbia non nasceranno i diritti, primo fra tutti il diritto a cambiare le cose. Ho passato ore angoscianti incollata al computer ed è stato come avere gli occhi da per tutto, in ogni angolo di distruzione e in ogni goccia di paura... mentre l'acqua straripava, la gente inorridiva e i soccorsi venivano organizzati, mobilitati. La mia fonte principale è stata Monica Riccio, che non so come abbia fatto, ma non ha mollato un minuto. Tempestiva, essenziale, precisa, equilibratissima, insomma assolutamente e altamente professionale. Infaticabile, credo, e comunque capacissima di resistere, su tempi lunghi, a un surplus di tensione e fatica. Mai una sbavatura. I messaggi e le immagini sono arrivati sempre chiarissimi, preziosi al momento giusto. Grazie, Monica, sei stata un esempio di grande efficienza e un motore informativo di grandissima utilità.

Cito Monica, perché l'ho seguita e ho visto coi miei occhi cosa è stata capace di fare. Ma sono certa che tutti i giornalisti locali abbiano dato un contributo essenziale al superamento della fase critica. La cronaca nazionale non si occupa del dettaglio logistico e, anche volendo, non può riversare l'informazione sul territorio con immediatezza pari a quella di giornalisti che stanno sul posto a tempo pieno. Questioni essenziali nella gestione dell'emergenza. Questa pesante "ondata" di paura e dolore dovrà rientrare e ricomporsi, anche perché la vita incalza con le sue richieste crudamente pragmatiche. Mi auguro che l'emergenza ceda presto e finalmente il passo al pensiero, al ragionamento lucido, pacato quanto fermo e determinato. Quando questo sarà, le autorità non dovrebbero mancare di riconoscere pubblicamente il valore della risposta che tutta la città ha dato a quest'emergenza di inconsuete proporzioni. Dovrà farlo in parole e provvedimenti. Tra l'altro, è indubbio che la stampa locale abbia assicurato un importantissimo lavoro di supporto ai cittadini, integrando l'azione delle forze di protezione civile con l'informazione in tempo reale. Credo che il sindaco e l'amministrazione comunale tutta siano tenuti ad esprimere ufficialmente, in forma chiara e diretta, la gratitudine dell'intera città a chi è stato sul campo con la "penna" in mano e chi con il fango ai piedi.

Credo che i giornalisti debbano continuare a monitorare i fatti: la ricostruzione di domani come l'inondazione di ieri. Mi aspetto che ci aiutino a capire cosa significa chiedere "lo stato di calamità naturale" in termini di tempo e di consistenza materiale. Il danno deve essere quantificato e così i contributi, i giorni devono diventare veloci. Voglio sapere come si potranno evitare le lungaggini, la burocrazia pesante e i favoritismi. Voglio che scatti un'effettiva solidarietà economica per chi da solo non può farcela a rialzarsi, che le azioni siano chiare, precise e molto ben coordinate. Voglio che di ogni cosa si dia conto e ragione ai cittadini e per questo ringrazio anticipatamente gli organi di stampa locale, con i quali credo di poter condividere un senso della democrazia fatto d’ informazione e possibilità di controllo.