opinioni

Niente di nuovo sul fronte culturale

domenica 20 novembre 2011
di Gianluca Foresi

Nel ciel che scivolava a notte bruna
Sull'urbe rumorosa ‘i m'appressavo
Al chiostro ove il palato non digiuna

E non diventa a tanta fame schiavo,
gustando l'alto cibo di cultura,
che Personaggi Dotti dentro al cavo

m'avrebbero ammannito di gran cura:
con mie ginocchia della mente chine
entrai tremante, al colmo di paura,

quando nel valicare l'ultimo confine
mi vidi al petto d'un consesso degno,
formato da tre alte nobili regine,

incastonate ad un maschile ingegno
moro, di superno fascino provvisto
con voce spessa, ma noto per il pegno

che ‘l padre a lui donò: povero cristo,
d'aver medesima famiglia d'Enzo
Siciliano, in cultura un Papa, Sisto?

Nel mentre in tono tanto intenso
La questione ragionava nella mente
Mia, vidi a lato manco di quel censo

Creatura tenue, che delicatamente
novello Diogene con sua lanterna
andava in cerca nell' antica gente

Etrusca, greca, latina, punto moderna
Lo seme di nostra cultura italiana.
Oh, tu che sei avvezzo a vita averna

Fra gli incunaboli d'Urbevetana
Historia, dicoti d'aprirti al mondo
alla cultura d'oggi più mondana,

che vada verso ‘l popolo giocondo
di giovenile etate ch'altri mezzi
ha per fare canoscenza a tuttotondo

a cui i vetusti sono poco avvezzi.
I padri dovran rompere lo guscio,
facendolo schiantar in mille pezzi,

andando verso i piccioli che a struscio
sembran solo intenti in questa urbe
bussare a loro case ad uscio ad uscio

e, come fece il pifferaio ad altre turbe,
incantarli con melodia ch'aggrada
loro et poscia magari con più furbe

lusinghe far notar che altra strada
c'è per potere accrescere lo spirto,
non solo la tv con orribile masnada

chiusa in casa, Amici ed il suo circo
o le gare di canzon di bimbi belli!
Mentre così pensavo i' vidi Pirko

come un Caronte accennando quelli
de' cittadini che picciol contributo
desiavano donar con pochi orpelli

e in poco tempo, chè ‘l trio lì convenuto
di grazia mandato dal demopartito
dovea fuggir non per lo fato bruto,

nè per tempesta, nè di qualche mito
volere imperativo, ma per lo treno!
E' in questa guisa: avete ben capito.

Ma ecco che lì s'erge di fervore pieno
Col suo cipiglio classico et fïero
Da farlo già sembrar ultraterreno

L'oplita nostro indomito Tiberio:
Prendesi favella e va all'attacco,
Più nulla può lo slancio climaterio

Di quella che volea renderlo fiacco
Nel dire pane al pane a tale assise
Ed è costretta nel subir lo scacco.

Che doglia nel veder ch'alcun sorrise
Di quelle frasi dette per l'amore
di Cultura e libertà di cui so' intrise.

Un'opportunità ahimè in quelle ore
Persa da chi gli scranni saldamente
sotto al culo tien sanza pudore.

La fiata prossima tenete bene a mente:
titolate non "a che serve la cultura"
ma " A Chi serve cultura " onestamente,

che chi la fa dentro sua natura
non se ne serve in modo strumentale
bensì la serve con morale dirittura.

Inver chi ne favella da un'altare
da uno scranno, o d'altra altezza
se n'empie sì la bocca nel parlare,

si spaccia con mefitica destrezza
qual grande mecenate d'altri tempi,
offrendo quale oro la monnezza,

facendo di cultura magni scempi!