opinioni

La ri-fondazione di Orvieto

martedì 20 settembre 2011
di Davide Orsini

A me sembra corretto, ed anzi doveroso, che la Fondazione Cassa di Risparmio sia intervenuta direttamente per alleviare le pene delle casse comunali e garantire il sostentamento di alcune attività che hanno caratterizzato la vita economica e culturale della città negli ultimi venti/trenta anni. Siccome, però, tutti invocano "la storia" per giustificare il proprio operato o per attaccare quello altrui, vorrei sommessamente far presente che per venti anni e passa la Fondazione Cassa di Risparmio e l'Ente Comune di Orvieto si sono fatti una guerra senza quartiere. Quella fu e continua ad essere una lotta di classe. Da una parte il PCI orvietano dall'altra la borghesia orvietana.

E` bene dire le cose apertamente, e senza infingimenti. Il bottino degli orvietani benestanti è stato gestito e protetto dalla borghesia di questa città, la quale ha pensato a mantenere il proprio status, piuttosto che ad investire in attività economiche innovative. Il PCI dal canto suo ha dovuto inventare delle strategie clientelari e di cooptazione per favorire lo sviluppo economico di un territorio altrimenti destinato all'immobilità. Ripeto, basta andare a leggere i dibattiti del Consiglio comunale degli ultimi trenta anni.

Che la Fondazione si sia decisa oggi ad intervenire è un bene. Ma lo fa per via di nuove alleanze che vedono coinvolte per la prima volta quelle élites economiche e culturali (conservatrici) che sentono la responsabilità politica e morale del futuro della città. Per ora questa strategia è a carattere personale, cioè si è costituita sulla base di rapporti personali informali rinsaldati dalla comune appartenenza a circoli ed associazioni professionali e culturali (non è una coincidenza che assessori, presidenti di fondazioni e di altre associazioni di categoria facciano tutti parte di tali circoli). Ora però varrebbe la pena cercare di mettere tutte le carte sul tavolo e smetterla di giustificare questa strategia accusando i comunisti di aver causato il sacco di Orvieto.

Quando sento l'Assessore Marino dire che la situazione è stata creata negli ultimi cinquanta anni mi verrebbe voglia di dirgli che 1) anche la storia recente andrebbe studiata, non solo Manno di Corrado e 2) che se i comunisti erano tanto cattivi non si capisce perché egli abbia accettato incarichi di partito ed in enti da essi creati con tanto di stipendi e rimborsi.

Non è vero che gli ultimi cinquanta anni della storia orvietana sono stati uno sfacelo. Anzi, bisognerebbe capire come mai i "comunisti" hanno scelto (e dunque la responsabilità è la loro) di innescare meccanismi clientelari volti al mantenimento del potere ottenuto. La storiella che i comunisti sono per indole autoritari, ottusi, anti-democratici, contrari allo sviluppo economico, e via dicendo, è una favoletta ad uso e consumo politico di chi oggi, di fronte a responsabilità amministrative onerose, gioca allo scarica barile e si trincera dietro una presunta "inevitabilità" delle proprie scelte politiche. Se il PD tutto questo non riesce a capirlo, non significa che le persone di sinistra siano ottuse e cieche.

L'arroganza dei politici orvietani ha due facce. La prima è quella dei dirigenti del PD che continuano a pensare che fare politica significhi sfruttare tatticamente il malumore delle famiglie che si sentono abbandonate al loro destino e vessate da ulteriori tasse. L'altra è quella dei politici del PdL di primo e di secondo pelo. I primi rispondono alle lamentele dei cittadini dicendo loro che non hanno capito niente e che è bene che stiano a casa se non hanno proposte amministrative da fare. I secondi invece si sentono ringarzulliti dopo anni di depressione politica perché hanno la possibilità di toccare le leve del comando. A tutti e due gli schieramenti (PD e PdL) gioverebbe ascoltare di più e scrivere molto ma molto di meno. Il botta e risposta a cui stiamo assitendo è penoso. Ricorda la lotta fra galli indonesiani descritta dall'antropologo Geertz: la lotta è la rappresentazione della stratificazione sociale presente nella comunità ma non porta a cambiamenti della stessa struttura sociale. Come dire, tanto baccano per nulla di concreto?