opinioni

Prime idee per una città da rifondare (parte sesta)

venerdì 22 luglio 2011
di Mario Tiberi

Per affrontare con obiettività e spirito realistico l'argomento inerente alla Integrazione e Accoglienza in una società, come quella attuale, caratterizzata dalle qualificazioni di essere "aperta, plurietnica e interrelazionale", vi è di bisogno affidarsi ad una ponderazione preliminare.

Ciò che sono in procinto di dichiarare discende da personali esperienze, dirette e mediate, sviluppatesi nel corso di lunghi periodi di tempo vissuti, sempre, senza preclusioni o pregiudizi di sorta ed, anzi, con ampi sentimenti di solidaristica fraternità. Ho potuto però appurare, in svariate circostanze, come, all'interno di seppur circoscritti settori delle folte schiere di immigrati, si annidino ancora mentalità diffidenti e utilitariste.
Per dirla tutta, sono spiccate e prevalenti le richieste di riconoscimento dei soli diritti, mentre è carente e flebile il senso dei doveri non valutando appieno, secondo l'insegnamento di un martire della libertà, che senza la pratica quotidiana del dovere "la stagione dei diritti si rivelerà effimera".

Il concetto dello "Stato di Diritto" è uno e indivisibile e, dunque, il sottostare alle leggi di un popolo ospitante deve valere sempre e comunque perché non si spalanchino le porte dell'anarchia, prima, e della tirannide, poi. Di questo ulteriore passo di civiltà gli stranieri, che volentieri vogliamo accanto a noi italiani, devono darsene conto e ragione.
Nonostante, quindi, la perdurante presenza di alcune inadeguatezze sul fronte di usi, costumi e tradizioni a malapena conciliantisi, il corso inarrestabile della storia impone alle pubbliche amministrazioni di adottare condotte politiche tese al rispetto delle differenti culture insite in popolazioni venute da lontano e, oggi come non mai, a noi così prossime.
Orvieto, nel particolare, deve andare ben al di là della retorica e rafforzare il suo ruolo di città "ospitale per eccellenza", dimostrando di essere in grado di offrire vivibili spazi esistenziali a tutti i suoi abitanti pur nelle loro differenze.

In tale prospettiva, sarà necessario ripensare e riorganizzare i tempi di vita della città in modo da rendere più snello l'accesso al lavoro, ai servizi collettivi e alle attività socializzanti, sia culturali che ricreative; ideare forme di "discriminazione al contrario" che favoriscano i soggetti meno protetti e che garantiscano effettivamente condizioni di pari opportunità; allargare la sfera di competenza per interventi di mediazione culturale in maniera da trasformare in più tangibile e concreto il rapporto di accoglienza e di integrazione comunitaria.

La realizzazione, inoltre, di una consulta permanente denominata "Comunità Aperta", più volte ipotizzata e mai seriamente sperimentata, potrebbe senz'altro innescare nuovi corsi civili perché, se è vero che noi italiani abbiamo molto da offrire agli immigrati, è pur vero che abbiamo anche molto da ricevere.
Quanto sinora scritto, nella presente e nelle parti precedenti, corre l'immanente pericolo di ammuffire in qualche polveroso archivio se, ad esso, non si affiancherà la caparbia volontà che, per ben affrontare la sfida volta al miglioramento della città, bisognerà radicare la politica dei diritti-doveri e non quella dei favori, rompere gli equilibri di potere che bloccano o ostacolano il cambiamento, non usare mai più le difficoltà e gli errori del passato come alibi per giustificare le proprie incapacità e, non da ultimo, che l'unica legge da non rispettare sarà quella del più forte o del più prepotente.
La credibilità, infatti, di un progetto non è legata soltanto alle più o meno valide proposte in esso contenute, ma anche e soprattutto alle risorse umane da selezionare per calarle nella mischia e che, necessariamente, dovranno essere le migliori. Otterrà, al fine, il crisma del migliore chi sarà pronto ad innovare assumendosene la responsabilità morale e politica; chi sarà pronto a confrontarsi serratamente con i cittadini e ad ascoltare le istanze provenienti dal mondo dell'associazionismo e dell'imprenditoria responsabile; chi sarà pronto a far valere le sue competenze specifiche, vale a dire via libera prioritaria ai meriti e al valore individuale per applicazione agli studi, conoscenze acquisite ed esperienze maturate.