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8 marzo 1908-8 marzo 2011. C'è ancora molto da fare

lunedì 7 marzo 2011
di Cristina Calcagni
8 marzo 1908-8 marzo 2011. C'è ancora molto da fare

8 marzo 1908. New York 129 operaie dell'industria tessile arse vive all'interno di una fabbrica.
8 marzo 2011. Italia: 130 casi di donne vittime di violenze e di abusi in un anno. Dati sconcertanti. Un secolo è trascorso da quel macabro gesto frutto della prepotenza di una persona sola, emulata nel quotidiano da tanti altri uomini che mal sopportano la scelta e/o la presa di posizione della propria compagna, moglie e figlia. E' vero erano tante e tutte assieme le donne che perirono nel rogo di New York, forse strette l'una all'altra nella disperazione di non poter vista salvata la propria vita. Dei 130 casi attuali però, oltre al martirio, le nostre donne italiane hanno dovuto affrontare la solitudine, la violenza verbale e fisica, le denunce disattese alle forze dell'ordine, che le hanno accompagnate fino all'epilogo finale. Gli abusi, gli stupri impuniti, i ricatti e la costrizione di vivere un rapporto di coppia pena la vita stessa.

Tanti anni ci separano dal 1972. Tanti i diritti conquistati, troppo poche quelle che effettivamente ne hanno usufruito. La statistica è spietata: la metà delle donne nel nostro paese non lavora ma quello che è ancor più grave non lo cerca nemmeno più.
Il nostro paese è stato definito un paese dove non c'è spazio per i giovani. A gennaio il tasso di disoccupazione ha sfiorato il 30%.

C'è ancora molto da fare. Lo dobbiamo fare per le 129 donne brutalmente chiuse ed uccise all'interno di una fabbrica e per le 130 vittime di quest'anno, lo dobbiamo fare per tutte le donne che quotidianamente vengono umiliate, stuprate, avvilite, denigrate, sfruttate. Lo dobbiamo fare con lo stesso spirito che ci ha accomunate nella manifestazione "se non ora quando" quando ci siamo ribellate pacificamente ad un nuovo modello di sfruttamento femminile. Donne "per" e non donne "contro". Non arrendiamoci.

Questa giornata che rivendichiamo per noi e per le nostre figlie la vorrei dedicare ad una mamma: Irina Lucidi, nella speranza che ritrovi vive le sue due bambine liberandosi dall'angoscia e dal profondo dolore in cui il marito (un uomo) l'ha costretta, con un atto di sadismo premeditato, per la sola colpa di averlo lasciato. Ove possibile sostituirei il ramoscello giallo di mimosa con quello verde dei un ciuffo d'erba, lo stesso che una piccola donna ha stretto forte nella sua mano prima di cedere la sua giovane vita nelle mani del suo carnefice.


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