opinioni

L' "Orvietano" fa parte della Tuscia non dell'Umbria

domenica 20 febbraio 2011
di Silvio Manglaviti

"... il fine principale che Orvieto deve raggiungere è quello di ricostituire la completa unità del proprio territorio nell'ambito della sua naturale Regione: la Tuscia.
È questo il presupposto inderogabile per il futuro benessere della nostra terra."

(Prof. Renato Bonelli)

Così, nel 1947 su "La voce della Tuscia", l'insigne accademico orvietano, padre fondatore di Italia Nostra.

La convulsa settimana passata ha visto sciorinarsi una serie di iniziative riguardanti il futuro della nostra città nel contesto delle autonomie locali.
Primo Cittadino e Assessore all'Ambiente, in transfuga missione centrifuga (con anomala compartecipazione di Ternano).
Opposizione, lancia in resta centripeta come prima più di prima (si ameranno).
COVIP, in convegno sull'Unione dei Comuni dell'Orvietano.
Mi par dunque opportuno, al riguardo, riportare alcune autorevoli riflessioni in materia, di tempi non sospetti.

Pier Luigi Leoni, sul Comune Nuovo del marzo 1992, nel rimarcare "Quell'accidente storico che anticipò di un decennio l'annessione dell'Orvietano al Regno d'Italia, e che determinò l'aggregazione amministrativa di una parte consistente della Tuscia all'Umbria ..." e le "troppe e profonde differenze e distanze da Perugini e Ternani" ... segno di un'evidente "diversità culturale ... non ... certo ... premesse per una serena e proficua convivenza politico-amministrativa", illustrava liceità e possibilità dell'idea di creare una nuova regione (riproponendone una antica, la Tuscia) o di staccarsi da una (l'Umbria) aggregandosi ad un'altra (Alto Lazio), sulla base dell'art. 132 della Costituzione Italiana e con il conforto dei commenti illustri di Carlo Alberto Calistri e Giuseppe Cirinei.
"L'appartenenza alla regione dell'Umbria" scrive Leoni "contro la storia, la geografia e la cultura, è stata senz'altro deleteria" e la proposta di "ridisegnare la ripartizione politico-amministrativa d'Italia", nell'auspicio di un "superamento dello stato accentratore e un grande futuro autonomistico per le regioni" in quei tempi di costituente rappresentava "la speranza di rimediare alle approssimazioni, alle storture e agli arbitri perpetrati sia dallo stato unitario che dal regime fascista".

"Vi sono poi, principalissime e basilari, le ragioni economiche" evidenzia Bonelli nel '47, sottolineando "le correnti di scambi fra l'Orvietano e l'Alto Lazio, mentre con il resto dell'Umbria, i traffici sono al disotto del volume normale, così che Orvieto vive e prospera in massima parte in dipendenza dei suoi rapporti economici rivolti verso la Tuscia." ed asseverando "... salde ragioni nelle indistruttibili premesse date dalla natura, poiché è la stessa posizione geografica che ha posto Orvieto a far parte della regione Tuscia. ... È naturale perciò che nel passato gli orvietani si siano sempre sentiti legati alla Tuscia, nella quale si compenetra e si confonde senza discontinuità il loro territorio, e dove essi potevano estendere liberamente la rete dei loro traffici, la loro influenza politica ed economica e insieme la forza delle loro armi, senza essere obbligati a superare gli ostacoli naturali dei fiumi e dei monti che impediscono i collegamenti e i contatti con le zone dell'Umbria."
È nelle "piaghe" della questione ternana, poi, che Bonelli affonda: "Basta guardare una carta topografica per convincersi che tale unione (l'annessione di Orvieto alla parvenuta provincia ternana scippatale nel Ventennio: colpo di grazia alla visione di Gualterio. nda) non può assolutamente e in nessun caso essere mantenuta. Orvieto dista da Terni 75 km, ed alcuni comuni dell'Orvietano perfino 110 km ... le due città e le rispettive zone sono separate da grandi distanze, da grossi ostacoli naturali, da profonde diversità di fattori geografici, etnici ed economici. L'Orvietano ed il Ternano sono divisi da diversità troppo forti e da troppo netto distacco; non hanno nessun carattere e nessun interesse comune, non risultano legati da alcun rapporto di interdipendenza economica né da attivi scambi commerciali. Gli abitanti delle due terre ... mostrano nei costumi, nelle tradizioni, nell'indole e nel carattere, nei modi e nelle abitudini di non possedere nulla che possa accostarli ed avvicinarli; fra loro non sarà mai possibile una convivenza basata sulla vera comprensione e sulla completa cooperazione. La Provincia di Terni ... costituisce un insuperabile ostacolo al libero sviluppo ... Il territorio orvietano è ... costretto a sopportare una situazione d'ingiusta inferiorità, grave di inconvenienti e disagi di ogni genere, che moltissimi danni ha procurato. L'unione di Orvieto a Terni, che è quanto di più illogico e innaturale si possa creare nel campo delle circoscrizioni amministrative, che fu ideata con superficiale ignoranza e realizzata calpestando brutalmente le ragioni della storia, della natura e dell'economia, è un legame che dev'essere tagliato in ogni caso, anche se Orvieto non dovesse riunirsi alla Tuscia ... "

La politica umbra, si dice, ha però portato la legge speciale per Orvieto (e Todi) e la pioggia di miliardi (piovuti sul bagnato, peraltro): dopo di ciò, tuttavia, solo "monnezza".
Orvieto, la città del Corpus Domini, condannata all'oblio. Una storia illustre totalmente dimenticata, persa.

Solo la Cultura può salvarci. Soltanto riconoscerci nella nostra storia può salvarci, senza la quale a nulla valgono "soloniche" ragioni politico economiche.
È ora che si abbandonino gli ipocriti centralismi regionali, godimento solo di pochi e nocumento per una inebetita indolente intera comunità.
Perseverare è diabolico e l'errore di essersi fidati (col "povero ingenuo" Gualterio, le cui istanze furon presto disconfermate dagli stessi perugini) di poter far valere la nostra importanza storica in una nuova regione quale fu quell'Umbria risorgimentale, non può e non deve essere ancora alimentato, ad oltranza, in un accanimento terapeutico politico-amministrativo.
Basta con la marginalizzazione di Orvieto.
Orvieto rivendichi il proprio ruolo di polo territoriale di riferimento e l'autorità a ricercar nuove vie, di sviluppo, sulle proprie antiche strade della sua Tuscia.