La città scalcagnata
Per questa Orvieto triste e scalcagnata,
Il caso vuole che ci sia qualcuno
In grado di far qualche pensata
Che la salvi dal degrado e dal digiuno.
E non importa avere alle calcagna
Un'orda di creditori pretendenti
Che vengano pagati, senza lagna,
I debiti maturati dentro agli Enti.
Ma no, perché pensare alle chiusure
Di troppi carrozzoni comunali?
Lasciamo da parte le paure:
Basta strisciare, mettiamo su le ali.
E dopo aver pensato anche al barcone
Navigante sul lago di Corbara,
Mettiamo in piedi un altro baraccone
Per conservare la ceramica più rara.
Tanto che importa a chi non costa niente
Pensare di spendere i denari,
Rapinati all'ignar contribuente,
Che diventano però sempre più rari?
Temo invece che se non si ragiona
E non si smette di sparar bordate,
Non ci sarà nella città persona
Che non abbia le scatole scassate.
E aspettando che qualcosa accada,
Non potendo cavar dai buchi i ragni,
Ci troveremo in mezzo ad una strada
A morderci i gomiti e i calcagni.