opinioni

Autonomie locali: è l'ora di Orvieto

mercoledì 19 gennaio 2011
di Silvio Manglaviti

L'iniziativa istituzionale condotta dall'Assessore alla Cultura del Comune di Orvieto, Dott. Antonio Barberani, con Carlo Perali sul "Distretto Culturale della Tuscia" e l'invito del "Centro Orvietano di Vita Politica Senatore Romolo Tiberi - COVIP" per l'Unione dei Comuni, rappresentano due facce della stessa medaglia ed offrono finalmente la possibilità di riflettere sul ruolo che Orvieto dovrà giocare nel prossimo futuro nell'ambito del contesto territoriale ad essa afferente.

È evidente ormai a chiunque la necessità di affrancarsi da un modus operandi, da sistemi di poteri e vincoli politicoamministrativi obsoleti e farraginosi, da un periodo storico che non ha già più e non potrà - mai più - avere ragion d'essere, ferme restando le nobili e fondamentali conquiste di carattere costituzionale.
Il disegno di legge regionale, che prevede che i comuni, nell'ambito di un determinato territorio, creino "unioni", cioè "nuovi enti locali", per lo svolgimento associato delle funzioni comunali fondamentali è un'eccezionale opportunità per la nostra città.
Orvieto è uno dei centri maggiori dell'Umbria, ma di fatto una realtà politicoamministrativa regionalmente emarginata. Tale effettiva marginalizzazione ne rispecchia quella geografica, che la vede appunto al margine regionale, e che - però - può (e deve) costituirne la peculiarità: Orvieto è un ponte/porta tra i diversi contesti regionali di Umbria, Lazio e Toscana e lo è da sempre.

La storia - anzi, meglio - la geostoria (sintesi per geografia storica) di Orvieto testimonia quale ruolo essa abbia giocato nel corso di più di tremila anni. Papa Adriano IV, sec. XII, riconosceva ad Orvieto tale ruolo geopolitico quando chiedeva al governo della città di poter assicurare protezione alla propria corte in un territorio compreso tra Sutri (tra Roma e Viterbo) e Tintinnano, in Val d'Orcia.
La polarizzazione, la gravitazione in un vasto ambito interregionale che da Valdichiana e Tiberina arriva al Bolsenese, da Amiata e Fiora alle Maremme - il Territorio di Orvieto cui storicamente era riconosciuta autonomia propria, pur nel più ampio contesto della Tuscia Suburbicaria nel Patrimonium Petri (in cui, peraltro, l'Alfina ne rappresenta il cardine culturale) - dimostra questa naturale propensione geografico storica e naturale vocazione di Orvieto a polo di riferimento territoriale (nonostante il ridimensionamento all'indomani della Restaurazione, nel processo di unificazione nazionale con l'annessione ad un'Umbria peruginocentrica, fino allo ‘scippo' della provincia nel Ventennio).

Da tempi non sospetti, non manco occasione di divulgare pubblicamente la situazione marginale orvietana, che non rende giustizia alla nostra storia, alla nostra tradizione, a quel che rappresenta la nostra realtà territoriale, unicum ambientale, paesaggistico a naturale vocazione turistica e quale innata risorsa culturale; per questo ritengo importante e opportuna l'iniziativa verso la realtà contermine di Viterbo: che già ci vide accomunati in veste di delegazioni nello Stato Pontificio e che ancora oggi è materializzata nella Diocesi orvietana in cui è compresa Bolsena. Iniziativa da portare e sostenere con determinazione in Regione che non può e non deve prescindere da un'indispensabile Unione dei Comuni dell'Orvietano che proceda verso un'unica visione, sinergica e solidale, nell'alveo di un Distretto Culturale della Tuscia.

La proposta del COVIP affinché le amministrazioni comunali coinvolgano l'opinione pubblica "in questa fase di preparazione del nuovo assetto delle autonomie, in modo che il processo di aggregazione dei comuni si svolga nel rispetto delle realtà storica, geografica, culturale ed economica e ascoltando le aspirazioni delle singole comunità", offre dal canto suo una ‘spalla' considerevole alla mai come oggi opportuna, coraggiosa e meritevole, di tutta l'attenzione ed il sostegno possibili, azione dell'Assessorato alla Cultura in questa "svolta storica per i comuni" che "cambierà fortemente l'assetto delle autonomie locali" e potrà condizionare "la vita e le prospettive di sviluppo delle nostre comunità". Opportunità strategica per Orvieto che, a differenza di altre realtà regionali, non ha nulla da temere e perdere, quanto semmai da guadagnarvi.

È l'ora di Orvieto, che non è un'entità astratta, ma siamo tutti noi nessuno escluso. Che non può e non deve essere una realtà divisa, afflitta e sperduta. L'unità d'intenti tra tutti noi comuni cittadini orvietani, ma, soprattutto, da parte del mondo politico, imprenditoriale ed intellettuale locali, deve farsi imperativo categorico di partecipazione all'emancipazione da una storia vecchia, per riacquisire ruolo e vestigia della nostra Storia e Tradizione antica; al superamento di improponibili anacronistiche divisioni ideologiche, per la crescita di questo luogo che ci interessa particolarmente che profondamente amiamo e che vogliamo preservare dalle rovine della caduta degli dei, in una nuova visione sociale del mondo in rapida continua evoluzione. Non dobbiamo faticare molto, basta rivolgersi al glorioso passato. Si parli alle giovani generazioni della storia di Orvieto, Città del Sacro per eccellenza: dal Santuario Celeste etrusco del Campo della Fiera al Corpus et Sanguis Domini, che da qui fu promulgato in "toto mundo", all'Orvieto ottocentesca capoluogo di provincia.

Ad Orvieto il posto che le compete e che il destino le ha riservato.