opinioni

Tre piccioni con una fava. In merito all'editoriale di Serenella Stornelli

giovedì 18 novembre 2010
di Fausto Cerulli

Tre piccioni con una fava. Entro, senza titolo, ma con la forza che mi viene da Serenella Stornelli, nel dibatto sul partito cattolico liberale. Serenella ha brillantemente e ferocemente riassunto quello che io cerco spesso di dire, dilungandomi troppo. Il comunismo non è morto: semplicemente, non ha ancora avuto modo di realizzarsi, almeno in quel comunismo fondamentale di cui parlano i Manoscritti filosofici giovanili di Marx, o il Manifesto del Partito Comunista.

Non si è realizzato sin qui, azzardo un'ipotesi, perché finora non si erano poste le condizioni essenziali, che ora si stanno ponendo. Marx parlava di impoverimento crescente, di concentrazione della ricchezza in poche mani; e si riferiva alla globalizzazione del capitalismo, che avrebbe comportato la globalizzazione dello sfruttamento. Tutto questo sembra sfuggire al pur solido acume di Pier Luigi Leoni e di Mario Tiberi, che danno per fallito il comunismo, essendo falliti i totalitarismi. E discutono della dottrina sociale della Chiesa, e parlano di solidarietà, ed invocano, apertamente o tra le righe, una pace sociale ispirata al cristianesimo. Non sta a me dire che Cristo, stando ai Vangeli, non volle assolutamente portare la pace sociale; scacciò i mercanti dal tempio, disse che i ricchi non sarebbero entrati in Paradiso a meno che i cammelli non riuscissero ad entrare nella cruna di un ago.

Non voglio ripetere il luogo comune caro ai turatiani di ogni tempo e luogo, secondo il quale Cristo fu il primo comunista. Ma credo che la "dottrina sociale", essendo dottrina, sia un'invenzione chiesastica senza fondamento nel messaggio vero di Cristo. Crederci o no, leggo spesso le Scritture, e non riesco a trovare in esse una sola riga che dia ragione a chi vuole che "tutti siano proprietari". E ne sapeva qualcosa Francesco d'Assisi, che magari era un ingenuo, ma si vergognava di essere ricco finché i poveri erano poveri. Ma Leoni e Tiberi hanno la fortuna di avere la fede, accanto alla ragione. Io ho soltanto qualche ragione, senza la fortuna di troppa fede. Voglio dire che io non sono comunista per fede, ma per ragione. Sono comunista, tanto per dirne una, perché un ragionare da comunista permise a Lenin, in uno scritto del 1921, di prevedere che il capitalismo occidentale avrebbe dovuto fare i conti con la Cina. E lo previde quando per i dotti economisti liberali o cristiano sociali la Cina era pressappoco il paese conosciuto dai Marco Polo o dal gesuita Ricci. Lenin, ovviamente, non aveva nessun dono profetico, e non leggeva il futuro nei fondi del caffè. Semplicemente provava a ragionare da comunista, avendo letto e capito e digerito quello che Marx, a sua volta, aveva capito non per intuizione ma per il suo benedetto vizio di ragionare.

A Leoni e Tiberi, che liquidano il collettivismo (sic) o il totalitarismo comunista, vorrei ricordare che il cristianesimo non è fallito per il semplice motivo che si è fatto trovare pronto alle più incredibili giravolte ed ai più meschini compromessi: il cristianesimo sopravvive perché, lo dico con volgare approssimazione, ha imparato l'arte di sopravvivere adeguandosi. E magari rinnegandosi. Il comunismo, per come io- e spero qualcun altro- non si è adeguato. Magari si sono adeguati molti comunisti, e per farlo hanno dovuto dire che loro non sono mai stati comunisti: e dico di D'Alema, di Veltroni, e di altri nani della politica per i quali anche la parola rinnegati sarebbe un onore che non meritano. Gramsci, lui non si è mai adeguato; e con lui molti altri, molti davvero.

Ha ragione, cavolo se ha ragione, Serenella Stornelli quando scrive che i padroni di oggi, ed i loro servi, non sciocchi ma furbi, cercano di esorcizzare la realtà brutale dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo giocando con le parole, chiamando il mondo reale con termini nuovi. Magari rubati al mondo anglosassone, ad un mondo, cioè, che si sta sfarinando sotto i nostri occhi, con tanti saluti al miracoloso Obama, che non sa fare altro che aumentare gli sforzi bellici, arricchire le banche, far finta di non vedere che milioni di persone muoiono di fame, e molti anche di colera, a poche migliaia di chilometri da quella Casa Bianca che è sempre sporca. E mentre la miseria dilaga, e la ricchezza si concentra, il cadavere ambulante del capitalismo è intento ai giochi di sempre: la speculazione, le schermaglie finanziarie, gli osceni pasticci della Borsa. E lo scudo spaziale, e la ricerca spasmodica di un nemico a cui fare guerra, per confondere le idee della gente, e per arricchire i mercanti di armi: ogni tanto ne arrestano qualcuno, qualche allodola ha sempre bisogno di uno specchietto.

Ma qualcosa è cambiato; ed ha ragione davvero Serenella Stornelli. Il capitalismo ha paura, vive il terrore di una morte prossima ed inevitabile, e per questo diventa feroce; non lancia più messaggi di ottimismo, si rende conto che non servono i pannicelli caldi, ormai la malattia è diventata pandemia, il capitalismo non può permettersi di essere leggermente liberale. I poveri fanno paura, adesso, e non si trova il modo di rabbonirli con qualche pseudo-riforma. E allora diventa inevitabile dare liquidità alle banche, e togliere anche l'acqua ai poveri del mondo. Ma anche questa politica malvagia, oggettivamente malvagia, non può durare.

Il Capitalismo, per sopravvivere, avrebbe bisogno di espandersi: ma ormai l'espansione è arrivata ai massimi termini, e il capitalismo si avvia ad implodere, e con esso tutte le dottrine che predicano la pace sociale a un mondo in cui non può esserci pace, perché la guerra è l'estrema boccata d'aria del capitale; e la crisi ormai endemica non lascia spazio, oggettivamente sempre, ad un margine di socialità o di solidarietà. La globalizzazione del capitale, anche se Marx non la chiamava così, era stata prevista da quei comunisti veri, che ora si vogliono far passare per utopisti, o per materialisti volgari. Nulla di più volgare e sciatto di questo capitalismo morente.

Lo so, il comunismo non è alle porte, e la rivoluzione non è un pranzo di gala.: ma la vecchia talpa non ha smesso di scavare. Io non vedrò il comunismo realizzarsi: ma i tempi sono più maturi di quanto sembri. Caro Pierluigi, i proprietari sono sempre in calo, mentre la borghesia di una volta si sta proletarizzando a vista d'occhio. Non voglio fare il profeta: ma credo che si stiano realizzando le condizioni per il mutamento radicale. Marx avrà magari sbagliato molti conti: ma il futuro dovrà comunque fare i conti con il comunismo. E saranno conti salati. Il comunismo nasce dalle condizioni reali create dal capitalismo, e di quelle condizioni reali smaschera e scopre le contraddizioni sempre più insanabili. Fine della predica.