opinioni

Il militante organico

martedì 6 luglio 2010
di Mario Tiberi

Non mi riesce eccessivamente complicato tracciare un primo bilancio delle esperienze, umane e politiche, vissute nei giorni del rodaggio della Festa Democratica. Il compito è facilitato dalla circostanza di essere stato sempre presente, in veste di Arlecchino o di Brighella, a tutte le iniziative, sia enogastronomiche che politico-culturali, assommatesi nel corso della fase di avvio e di consolidamento della festa stessa.
Mi sovviene negli orecchi l'armonica melodia di tal Antonio Capone, in arte Massimo Ranieri, quando in "Perdere l'Amore" intonatamente gridava ai quattro angoli del mondo "...li farò cadere ad uno ad uno, spezzerò le ali del destino e ti sarò vicino...".

Mi direte: cosa ci combina Massimo Ranieri con la Festa Democratica di Orvieto e con il Partito Democratico su più vasta scala?. Se avrete la bontà di leggere il seguito della presente riflessione, lo capirete e lo capirete bene!.
E' notorio che le feste di partito, tutte indistintamente, poggiano la loro struttura fondante sulla adesione spontanea di iscritti e simpatizzanti che prestano la loro opera, manuale e/o intellettiva, a titolo di puro volontariato senza percepimento né di mercedi né di salari.
Anche l'edizione in essere è stata costruita tenendo fede a tale impostazione per cui, nelle cucine, nelle tensiostrutture, nei servizi ai tavoli, nelle conferenze e nei dibattiti non è possibile intravedere altri se non degli encomiabili volontari. Per la verità, codesti nuclei operativi sono in larghissima misura costituiti da uomini e donne appartenenti a quella che, in gergo militaresco, viene usualmente definita "la vecchia guardia", vale a dire gli attivisti di sempre e, da sempre, fedeli e coerenti con gli ideali superiori e supremi da cui hanno tratto fonte d'ispirazione per il loro impegno sociale e civile.

Ma anche la vecchia guardia, pur lodevole e appassionata, nel corso del passare inesorabile del tempo ha perduto via via lo smalto originario e l'energia prorompente degli anni della giovinezza e, ad oggi, è giusto riferire che detta squadra di lavoro è ampiamente affaticata, per non usare il termine esausta, e non più in grado di far fronte da sola alle incombenze e ai doveri politici che la complessa realtà contemporanea inevitabilmente impone e richiede.
E' evidente che, finché non saranno superate le ormai incomprensibili resistenze di chi stoltamente continua ad opporsi ad un radicale rinnovamento e di pensiero e di generazione, sarà giocoforza avvalersi del contributo operativo delle risorse umane attualmente disponibili con una, però, chiara avvertenza accompagnata da un severo ammonimento: il partito spetta a coloro che offrono in dono e al servizio di esso le loro braccia e le loro menti in via continuativa e non utilitariamente saltuaria e, solo a questi, deve essere riconosciuto il diritto-dovere di dirigerlo e di guidarlo con l'ulteriore distinguo tra chi partecipa per intrigare e congiurare per secondi fini di tornaconto personale e chi, invece, si adopera in purezza di coscienza e di intendimenti.
A questi ultimi, e solo a costoro, compete il legittimo e sacrosanto onore e onere di individuare e realizzare la politica del PD Orvietano.

Tutto il resto, a cominciare dal lavorio sotterraneo finalizzato al tentativo di imporre organigrammi improponibili e impresentabili, assume in "magna copia" il sapore di un menù funzionale al palato di uno o di pochi a danno degli interessi generali e delle prospettive di successo del partito nella sua interezza.
Chi pensa che si possa ancora svendere un patrimonio culturale e politico con leggerezza e faciloneria per obiettivi di carriera personale, grandemente si sbaglia perché la nostra gente sta rialzando la testa e riacquisendo la consapevolezza della sua libera forza e farà cadere ad uno ad uno i muri dell'omertà, della passiva accondiscendenza e della pronosupinazione alle volontà di coloro che vorrebbero mantenerli ancora in piedi, spezzerà le ali di un destino triste e sfavorevole e, infine, tornerà ad essere vicina alle reali esigenze e bisogni del popolo nelle sue varieformi articolazioni.

Senza troppo scomodare Antonio Gramsci, dell'intellettuale organico, per un attimo, possiamo farne anche a meno; ciò di cui non ci è dato privarcene al pari di una salutare ventata di aria fresca è il militante organico, completo, motivato, efficiente e perfettamente funzionante.
Così sia e così sarà!.