opinioni

L'onorabilità del patto

mercoledì 26 maggio 2010
di Massimo Gnagnarini

Orvieto possiede un'identità propria che ovviamente non inizia e non finisce con il comune. La città è un luogo più ampio e per fortuna più ricco di risorse sia umane che economiche e dove coesistono certo i bisogni, ma anche gli interessi e perfino le ambizioni dei singoli cittadini.

Ricondurre a un mero programma politico-amministrativo l'aspettativa e la definizione del bene comune non è inutile a condizione di non ostacolare quel sano pragmatismo che, oggi più che mai, deve accompagnare l'azione di chi svolge compiti e ruoli pubblici.

Cosa deve fare allora il comune per promuovere il bene della Città e dei suoi abitanti ? :

Tenere in ordine i propri conti, assicurare una urbanistica gradevole e funzionale, gestire in modo ineccepibile i servizi e agevolare le attività dei cittadini e di chi desidera investire nella città.

Non è poco ma, anche se a taluni potrà sembrare banale e non esaustivo di tutte le corde e le pulsioni che possono animare la passione politica, la vera eccellenza stà tutta qui.

Questo non significa rinunciare a una visione della città e del suo divenire , anzi!. Ma non ci si può certo predisporre indossando gli occhiali della sinistra piuttosto che quelli della destra per esercitare l'intelligenza necessaria a questo scopo. Il compito della politica è allargare le opzioni, coinvolgere la cosiddetta società civile, suscitare interesse, coinvolgere ed accogliere attorno a un'idea, a una sfida, stabilire un traguardo e cooperare per raggiungerli. Se "Orvieto Progetto per il Futuro" non rimanesse, e non deve rimanere, un mero slogan elettorale , si tratterebbe di una opzione seria e utile che da sola meriterebbe di stringere un vero "Patto per Orvieto".

Naturalmente ci vuole una forte leadership per mettere in movimento tutto ciò che è necessario. Una forte leadership non è qualcosa che si possa rivendicare o si possa negare . La leadership o ce l'hai o non ce l'hai. Toni Concina, il Sindaco, ce l'ha e credo che in occasione del voto prossimo sul bilancio egli debba esercitarla distinguendo tra i voti che potrà contare e quelli che invece dovrà pesare.

Guai se lo facesse lasciando spazio e rileggittimando il vecchio armamentario delle ideologie o di altre non meno fuorvianti sofisticatezze del passato appositamente coniate per questa città.

In effetti così come non esiste una "orvietanità" da cui deriverebbero soluzioni originali e liberali non esiste neppure una "antiorvietanità" dirigistica e riformista. Sono e restano, queste, una doppia illusione che tuttora affascina una cospicua aliquota di protagonisti della politica locale i quali stentano a liberarsi definitivamente dalla subcultura di un linguaggio politico morto.

Se ne può avere nitida conferma osservando l'inutilità dei ruggiti che sono seguiti alla brusca interruzione del "Pattino" per Orvieto appena naufragato con il ritorno, che c'è stato, ad un'apparente instabilità del quadro politico cittadino seguita dalle consuete voci di distinguo e dalle "profferte" di mediocri disponibilità trasversali e altri minimalismi di questo genere.

In realtà, la rottura non si è consumata come un atteso capitolo di un disegno del PD per uccidere "l'anatra zoppa" , né come conseguenza di un'ossessione pervicace della Destra a mortificare la storia e i dirigenti di quel partito.

No! Gli elementi di fragilità del percorso che si è tentato di condividere erano già noti a tutti : una opposizione numericamente in maggioranza, una giunta inesperta e una scarsa consapevolezza generale della situazione finanziaria del comune e del suo sostanziale isolamento politico-istituzionale.

Se il Sindaco potrà portare a termine il suo lavoro dipende da come intende e come saprà affrontare e correggere queste tre questioni cardinali.

Un mix di debolezze che doveva, poteva e può esser ancora corretto in progress. C'è ancora l'opportunità per farlo a condizione che si consideri il prossimo voto sul bilancio come il punto di partenza e non d'arrivo di un Patto che deve ancora essere onorato.

Non quello tra i partiti, ma quello con gli elettori.