opinioni

La Piave agli Orvietani. Come la ex casema potrebbe salvare il Bilancio del Comune di Orvieto

lunedì 29 marzo 2010
di Roberto Minervini

Personalmente posso dire che ho molte perplessità, non sono un esperto di finanza, non sono un esperto di amministrazione della cosa pubblica, non sono un politico, non sono neanche un pensionato di quelli con il problema del tempo libero, sono, in buona sostanza, la persona meno adatta a dare consigli su quello che si dovrebbe fare per risanare la situazione finanziaria di Orvieto. Però, grazie ad INTERNET ed alla sua grande potenza democratica (guarda cosa sta combinando in Cina!), mi sento di intervenire su questo interessante dibattito su come sbrogliare la matassa al Comune di Orvieto.

Di primo acchito devo dire che mi trovo quasi sempre d'accordo con quello che scrive Ranchino, non lo conosco, ma condivido quasi tutto di quello che dice e, se lo dice senza secondi fini e strategie, le sue argomentazioni le trovo convincenti e documentate. Di solito non sono uno che concorda facilmente con persone piegate a destra (considero Berlusconi una vera iattura nazionale e sono sicuro che questi ultimi quindici anni saranno ricordati come uno dei periodi più bui della nostra repubblica), però non si può negare che la situazione finanziaria di Orvieto non è solo critica, probabilmente risulterà presto addirittura drammatica se le mani impietose della Magistratura spulceranno a fondo la situazione.

La ricetta di Ranchino, su come piano piano rimettere le cose a posto con l'intervento di un commissario, la trovo però ottimistica. L'Italia è, purtroppo, piena di comuni commissariati. Ci sono regioni italiane, che non voglio nominare, con percentuali di commissariamento spaventose (e qui il problema della incapacità e spesso della "opacità" della politica italiana si fa pesante), ma, in questi comuni, il commissario generalmente svolge un ruolo di mero amministratore di società fallite. Non facciamoci soverchie illusioni, non credo possibile che il rilancio di Orvieto passi attraverso l'intervento di un liquidatore che Ranchino vede come un illuminato giustiziere di incapacità (o peggio) delle gestioni precedenti. La mia modesta ed imperfetta visione mi suggerisce che un commissario ad Orvieto forse butterebbe via bambino ed acqua sporca.

Orvieto non è Gomorra, è solo uno dei tanti comuni italiani sonnolenti (qualcuno acutamente l'ho sentito definire "la Bella Addormentata") di cui si è appropriato la politica dei "collocatori" di amici e parenti nel posto fisso, la politica degli enti a perdere (in senso economico intendo) o della incapacità di sostenere l‘immagine internazionale della città che diventa sempre meno famosa nel mondo. In tutto questo Orvieto assomiglia alla stragrande quantità delle città italiane, mi verrebbe quasi da dire "scusate, ma dov'è il problema?", non lo dico perché la situazione comunque è seria, per Orvieto e purtroppo per l'intero Paese.

Allora che ci resta da fare? Una sola cosa: rimboccarci le maniche e cercare di tenere il commissario lontano da noi. Come? Vendendo i gioielli di famiglia, ripianando il debito e mettendo al timone gente capace controllata a vista da altra gente capace che viene controllata a vista dagli Orvietani. La ricetta consiste nel non addormentasi più, nel non delegare in bianco più niente a nessuno, anche perché non ce lo possiamo più permettere e abbiamo già dato.

Ma cosa ci vendiamo? Questa volta tocca a Lei! Ma sul serio ed alla luce del sole, tocca alla Caserma Piave!

Questa volta però suggerisco uno schema già molto adoperato in altre parti d'Italia e che, se ben impostato e ben gestito, può dare risultati straordinari: detto in poche parole il comune trasforma il valore del bene, della caserma intendo, diciamo 50-60 milioni di euro, in azioni che vende in maniera privilegiata ai residenti di Orvieto e dei comuni limitrofi. Ma non sarà necessario cedere tutto il valore della caserma, cioè tutte le azioni, sarà sufficiente cedere solo un 20% e, ricavando circa 10 milioni di euro, probabilmente ce n'è abbastanza per poter ricominciare, non a far debiti naturalmente, ma, seguendo la ricetta Ranchino, più magari qualche altra cosa, a dare un nuovo assetto al Comune.

Così il Comune, che rimarrà comunque proprietario del restante 80% della Piave, si troverà come partner (anche nel Consiglio di Amministrazione della Società per Azioni!!) i suoi cittadini. La Piave rimarrà comunque proprietà degli Orvietani che potranno anche mettere bocca in maniera diretta sul suo utilizzo e si scongiura anche il rischio altissimo, secondo il mio modo di vedere, che "nell'emergenza" la Piave finisca in mano a palazzinari dell'ultima ora. Gli Orvietani azionisti potranno inoltre esprimersi, senza filtri politici, sui progetti da fare, cominciando finalmente a formulare un serio piano di utilizzo della Piave per la città, un piano che qualifichi Orvieto e non ne faccia una dépendance da sabato e domenica di romani stressati. Un piano che attiri gente interessata anche per turismo, ma soprattutto per cultura e conoscenza (sono anni che predico la realizzazione ad Orvieto di una importante Accademia delle Arti Applicate, cioè di una qualificata scuola di Arti e Mestieri ). Gente proveniente da tutto il mondo attirata dalla qualità di questa città e di chi la abita.

Chi giunge ad Orvieto, attraversando il suo territorio, deve rendersi conto che sta entrando in posto speciale dove poi tutto deve essere speciale. Per fare questo non servono "Patti" con nessuno perché il nostro rapporto deve essere con il mondo intero, anzi con la sua parte migliore. Orvieto non è una città fallita, nessuna società fallisce se il suo patrimonio supera il debito, non ci servono liquidatori che vengano da lontano a farci da balia, ci serve partecipazione e attenzione, ci serve capacità e meno chiacchiere, se il gioco si fa duro è il momento che qualcuno dimostri di essere abbastanza duro e cominci a giocare.