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Passato remoto

giovedì 25 marzo 2010
di Nello Riscaldati

Sorridete, o viole, è primavera,
e i germogli le zolle hanno già rotte,
sorridono le grotte,
ove la spera del sol lo speco incide.

Ecco il vecchietto che al sol, grato, s'asside,
resuscitando in cor la verde età
e i tempi andati, quando la città
rideva tutta dai balcon fioriti,
e gli occhi suoi miravano, rapiti,
la giovinezza d'una chioma nera
ed un sorrider che sussurrava: "spera!"

Solitario vecchietto,
solingo abitator delle contrade,
passeggiator delle deserte strade,
ben crudele destino quel che vuole,
ch'alcuno, assieme a te, si goda il sole.

Vecchietto lieto,
innamorato della vecchia Orvieto,
che muore a ogni morir d'un dei suoi figli,
che più non fioriranno a primavera,
come a Porta Romana fanno i tigli.

Vecchietto solitario,
un dolce sonno chiuda a te il sipario,
sui gravi tempi che 'l futuro appresta.

Chi di orvietano resta,
elevi a te perenne monumento,
al tuo lavoro, ai tuoi giorni, alle tue notti,
alle fatiche, alle lacrime, ai sudori,...

E qui mi fermo, il resto tu lo sai.

Questo sia il giuramento:
"Orvieto nostra non deve morir mai!"