opinioni

Demetrio e Barbaro "Il Cortegiano"

martedì 22 settembre 2009
di Mario Tiberi

Quando ero ragazzo, poco più che adolescente, mi capitò durante una noiosa giornata di trovarmi casualmente tra le mani un libricino, all'interno del quale, suscitò la mia attenzione e curiosità una novelluccia di autore sconosciuto e risalente con ogni probabilità al secolo del Barocco.
Raccontava la storia di un certo Demetrio, di umili origini plebee, che per una serie di concomitanti e fortunose circostanze del destino si ritrovò, nel mezzo circa del "cammin di sua vita", a possedere un terreno di non molti acri con, al suo lembo estremo, una masseria di pietre alla rinfusa, ma ancora solida nella struttura portante e solo bisognosa di alcuni interventi di rifacimento.
Si rimboccò le maniche e con l'aiuto di qualche parente alla lontana riuscì, alla bene e meglio, a rimetterla in sesto e a rendere produttivo il terreno adiacente. Cominciava a sentirsi un signorotto: potè permettersi l'acquisto di abiti all'altezza del suo nuovo rango sociale, si dotò di un cavallo da tiro e relativo biroccino per gli spostamenti dall'arello al paese più vicino e, ogni tanto, organizzava una festicciola contadina per sentirsi in compagnia e dare impressione ai suoi confinanti della conquistata agiatezza. Non era, però, del tutto appagato e avvertiva la mancanza del vero segno distintivo, per quei tempi, tra i poveri e i ricchi: gli mancava un servitore!.

In un giorno di fiera, di buon mattino, si recò in paese per risolvere l'assillante problema.
All' angolo di una angusta viuzza era accasciato un mendicante, emaciato e sdrucito, e a lui si rivolse per offrirgli di porsi al suo servizio. Un attimo per pensarci e il mendicante accettò la proposta, ma era così rozzo e bifolco che Demetrio lo soprannominò "Barbaro" e in tal maniera continuò a chiamarlo per il resto dei suoi giorni.
Più che raderlo al mattino, più che rassettargli la stanza da letto e accudirlo, più che preparargli i pasti giornalieri, al signorotto era di massimo gradimento sentirsi adulato e vezzeggiato e così fu che Barbaro da servitore divenne cortigiano. Imparò presto il nuovo mestiere soprattutto in presenza di terze persone anche se la sua grezzezza, pur ben mascherandola, riemergeva ad ogni piè sospinto.
Tanto che Demetrio, sul finire dei suoi anni, arrivò alla conclusione che più che civilizzare il suo cortigiano era stato da questi imbarbarito e che probabilmente, nel giorno in cui lo prese con sé, avrebbe fatto meglio a barattare un sacco di grano con un libro di antica saggezza!......

Cambiano le epoche, mutano gli usi e costumi, si trasformano le relazioni interpersonali, ma certe condizioni di scala sociale sono dure a dissolversi e segnano ancora il battito del nostro tempo.
Mi capita spesso di frequentare luoghi ed assemblee pubbliche dove il variegato mondo della tipologia umana ha modo di esprimersi nelle sue più complete sfaccettature e lì, statene certi, di signorotti e cortigiani se ne possono trovare a bizzeffe. I "Barbari" forse non li cambieremo mai, ma i "Demetri" perché non provano ad acculturarsi prima che sia troppo tardi?!?.

Un'ultima annotazione per rispondere ad un amico di Civitella del Lago che, proprio sabato scorso, mi chiedeva se il vezzo di scrivere era abitudine recente o meno: scrivo da sempre e solo negli ultimi mesi ho avvertito l'impulso interiore di partecipare agli altri il mio pensiero non per dare libero sfogo ad un irrefrenabile desiderio di "DIGITO, ERGO SUM", ma per ragioni di confronto dialettico e di continua messa in discussione del mio stare in società.