opinioni

Quella volta di Terzani a Orvieto...

sabato 19 settembre 2009
di Carlo Mazzoni

A volte un'immagine puo' esiliarti dalla realtà, o forse può fartene vedere il succo più profondo. E' capitato qualche sera fa, quando parlando con degli amici di fronte al Palazzo dei Sette della imminente manifestazione di Roma per la libertà di stampa, poi rinviata per i tragici fatti di Kabul, la mia attenzione si è
focalizzata su un manifesto dove il faccione sorridente e intenso di Tiziano Terzani campeggiava.
Si pubblicizzava l'interessante iniziativa che apre l'annuale edizione di VENTI ASCENSIONALI, in omaggio appunto al grande giornalista scomparso, che prevede uno spettacolo di musica, immagini ed emozioni alla presenza della moglie Angela.
E così il ricordo è andato a una giornata di tanti anni fa, credo fosse febbraio 2002, quando in occasione dell'iniziativa del "libro parlante" (che ha visto arrivare ad Orvieto scrittori del calibro di Sèpulveda, Coelho,
Camilleri e tanti altri) , ospite d'onore era appunto il grande inviato reporter fiorentino.
Terzani, che era già stato a Orvieto qualche anno prima in occasione del più istituzionale premio Barzini, ci regalò o perlomeno mi regalò un qualcosa di veramente indimenticabile.
Con gli abiti, ma soprattutto il carisma del grande guru (e lo dico nel senso positivo del termine), ma soprattutto con la voglia di far ragionare e non ammorbare di chiacchiere il grande pubblico che riempiva la Sala dei Quattrocento, ci deliziò di argomentazioni semplici e profonde,ci stupì e divertì, ci commosse e ci regalò una energia nuova e diversa.
Ricordo che uscii da quell'incontro veramente arricchito e coinvolto, forse perchè i temi trattati, raccontati da un mio idolo di sempre, non potevano che risvegliare in me una peraltro mai sopita voglia di mettere in discussione dogmi vecchi e stantii.
Ma di cosa parlò, quella sera , Tiziano Terzani?
Era venuto a presentare "LETTERE CONTRO LA GUERRA".
Ricordo che si era all'indomani dell'11 settembre, e Tiziano in quel libro, apertamente in risposta al guerrafondaio "La rabbia e l'orgoglio" della sua collega, toscanaccia come lui, Oriana Fallaci, lanciava un profondo, intenso e ragionato messaggio pacifista.
Forse chi mi sta leggendo non si rende conto, cosa significasse, nel contesto di quei mesi carichi di rabbia, facile populismo bellicoso, e aperta intolleranza verso tutto quello che odorasse di "arabo", lanciare un siffatto messaggio di pace.
Diventava quasi un qualcosa di inquietante.
Eppure, quando Terzani invitò la gente a ragionare sulla barbarie della guerra, sul non ritorno dell'"occhio per occhio" e sull'invito che, apparentemente in maniera ingenua, in realtà con una forza intensiva e con un
ragionamento profondo, faceva all'America di dimostrarsi coraggiosa e forte e raccogliere il dramma vissuto come un invito a cambiare rotta e lanciare, da grande democrazia un messagiio di pace e di non violenza, beh, sicuramente se molti avranno pensato che era impazzito, in realtà tanti altri, e sicuramente il sottoscritto, hanno provato l'emozione che solo certe parole dette da poche persone possono ottenere.
Anche perché il signore che stava parlando, non era, come scherzò anche lui, un grande giornalista uscito di senno ("così pensano tanti miei grandi colleghi, anche di Repubblica e Corriere, pazzo o tuttalpiù utopista!",
rideva), ma un uomo che aveva vissuto per più di trenta anni in Oriente, che da inviato aveva visto la caduta di Saigon, era stato espulso dalla Cina di Mao per attività controrivoluzionaria, aveva visto la caduta dell'impero sovietico, era stato ad un passo da essere fucilato dai khmer rossi...e poi in un secondo tempo aveva voluto, dopo tanti orrori, vedere e conoscere in profondità le culture, le ricchezze delle civiltà indiane, thailandesi, cinesi.... per andare infine in profondità su se stesso e conoscersi, arricchirsi, migliorarsi....
Quel giorno a Orvieto era venuto a parlare di pace, ma soprattutto a raccontarci come si può cambiare lavorando su se stessi e guardando all'altro, al diverso, come a un qualcuno che può solo arricchirti.
Quella fu la prima e ultima volta che vidi Tiziano Terzani. Ma da allora molto di lui è rimasto nella mia coscienza.
Dopo, gli ultimi anni, di lui si parlò soprattutto del male che lo aveva colpito, degli ultimi tempi passati da solo, ma in grande serenità, in un casolare sul Tibet.
E poi gli ultimi giorni nella sua campagna toscana.
E così, quando l'altra sera sono poi rientrato al presente, e mi sono ritrovato con i miei amici al Palazzo dei Sette a parlare di libera informazione e di morti ammazzati in Afghanistan da una stupida guerra, mi è
venuto da pensare che in fondo non a caso il mio sguardo era caduto sul faccione di Tiziano, e che forse non era un caso che lui fosse lì in quel momento.

Perchè se si parla di stampa libera, lui era il più libero dei giornalisti, perchè era il più libero degli uomini.
E se si parla di guerra e di morti, non può che rivenire in mente il grande messaggio di pace che ci dette quel giorno.
E penso con tristezza che se chi doveva lo avesse ascoltato, oggi quei ragazzi, invece di andare a farsi ammazzare in Afghanistan in nome di una presunta "missione di pace", oggi forse se ne sarebbero stati lì, con noi e con lui, e sicuramente il viso di Tiziano sarebbe scoppiato in una fragorosa risata liberatoria.