opinioni

Votare o non votare?

martedì 13 gennaio 2009
di Nello Riscaldati
E cosi, passa un giorno, passa l’altro, ridendo e scherzando, siamo giunti a meno di cinque mesi dalle Elezioni Amministrative. E sarà una pacchia, credetemi, sarà una pacchia per tutti coloro che sono alla ricerca di pretesti sui quali accapigliarsi per arrivare senza sbadigli all’ora di pranzo o all’ora di cena. Perché l’elezione di un Sindaco è una cosa seria, che va discussa, che va centellinata e va ridiscussa. E chi discute argomenta, e argomentando ribadisce, e ribadendo dice “un attimino”, e afferma anche che la cosa andrà “nella misura in cui”, e usa con abbondanza il verbo “implementare” perché fa tendenza. Un altro afferma che la struttura prospettica del problema va vista sia a monte che a valle, ma che questa volta andrà usata un “ottica” diversa perché la congiuntura elettorale presenta un versante del tutto nuovo e che quindi va meditata e affrontata intorno ad un tavolo. Un altro dice che il problema è di contenuti, ma mentre si accinge ad argomentare questo suo assunto, il Moro suona l’una e l’ora di pranzo anche per oggi, in un modo o nell’altro, è arrivata. Giorni fa incontrai un amico, uno di quelli molto addentro alle segrete cose della politica, e gli chiesi, così, tanto per dire qualcosa, se avessero pronto un candidato all’altezza della crisi della città. Il mio amico mi guardò come sorpreso, poi mi confidò sottovoce, e qui la cosa sorprese me, dato che eravamo soli, che sì, un nome di prestigio ci sarebbe, anzi c’è, ma che adesso non si può rivelare perché si brucerebbe. E pertanto viene custodito in geloso segreto e il suo nome viene pronunciato solo a cenni, così i cittadini non capiscono chi è. Non capisco manco io e passo oltre. L’oroscopo del Mago della Foresta Nera e della Transilvania Misteriosa ci dice che quest’anno sarà necessaria una dura lotta per salire le scale del Palazzo e che addirittura si salteranno anche molti pranzi e molte cene per discutere il problema intorno a un tavolo o su un tappeto dove forse si sta più comodi. Qualcuno paragona la prossima campagna elettorale all’assalto al Palazzo d’Inverno da parte dei bolscevichi a Pietrogrado durante la Rivoluzione d’Ottobre del 1917. Sempre l’oroscopo dello stesso Mago prevede una donna ai nastri di partenza. A questa notizia, da “edizione straordinaria”, un coro si leva dal monte e dal piano: “Bravissima, era ora che una donna rompesse il ghiaccio dove erano ibernati i vecchi dirigenti”. Ai vecchi dirigenti scongelati verrà assegnato, come segno di gratitudine della città, un posto privilegiato, a vita “alla solina”. Ma veniamo alle cose serie. Un partito serio non svela il suo candidato un mese prima perché il sindaco è di tutti i cittadini e tutti i cittadini hanno il diritto di votarlo e lui ha il dovere di far capire a tutti quello che vale, il livello della sua affidabilità e soprattutto la squadra che si porta dietro. Ma se è vero che a fine febbraio avremo alcuni nomi, e cioè quando il primo giocatore avrà calato la sua carta, anche gli altri saranno costretti a giocare le loro, sempre che le abbiano. E allora avremo veramente una primavera da sballo, sempre per quello che sarà possibile sballare in Orvieto. E se ci sarà anche una donna vedremo che cosa ne diranno le elettrici, dato che il destino di un candidato/a dipende in gran parte da loro, essendo le donne la maggioranza dell’elettorato. Io comunque: Non voterò il candidato che si presenterà con un programma di duecento pagine e rotti dove, per paura di non tralasciare nulla, ha evidenziato tra le priorità, anche la raccolta differenziata dei prosperi dai cerini. Bastano poche pagine con pochi punti fondamentali, ma realizzabili, “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Non voterò il candidato che si ripara sotto l’ombrello del più grande nome del capoccione venuto dalla città a presentarcelo come se noi non lo conoscessimo. Non voterò il candidato che si porterà dietro una lista con molti reperti e con qualche giovanetto/a, messi lì per ornamento, tanto sicuramente non saranno eletti. Non voterò il candidato usa e getta che ha solo in animo di far pesare i suoi voti in caso di ballottaggio. Non voterò il candidato di un cespuglio che spera solo di avere un posto in Consiglio. Non voterò il grande nome di prestigio tenuto coperto per non farlo bruciare. Consiglio di tenerlo coperto. Non voterò il candidato che non parli bene almeno una lingua. (quella di sua madre). Voterò invece il candidato/a che si porterà dietro una squadra (cioè i futuri assessori), costituita da elementi sia in via di formazione, sia già collaudati, ma soprattutto ambiziosi nel fare, e capaci e tenaci nell’ottenere i risultati possibili senza lasciare le cose a mezza via, dimostrando così di amare la città che amministreranno e di lasciarla migliore di come l’hanno trovata. La capacità ed il merito si evidenziano solo con il bene facendo. Assessori disponibili a comunicare con i cittadini ogni qual volta i cittadini, anche l’ultimo, lo richiedano, perché la dialettica democratica non si esaurisce il giorno del voto, ma continua tutti i giorni, esclusi i festivi, di tutti gli anni, inclusi anche quelli bisestili. Lo so che molti penseranno che, con queste idee per la testa e con queste pretese, io sia sceso di notte dalla Montagna dell’ Elmo per finire, sbagliando strada, proprio nel mezzo del Paese dei Balocchi e mi diranno sottovoce che queste cose qui non si fanno, sia perché non siamo abituati, sia perché bisognerebbe mettersi a cercare, bisognerebbe quasi indire una specie di concorso per assessori e consiglieri e che tutto questo è fatica e che quindi facessero un po’ loro come hanno fatto sempre che tanto a noi va bene lo stesso. E questa sarebbe la stronzata più grossa, ma purtroppo frequente qui da noi, quasi che il nostro stare a sedere sullo scalino in attesa che succeda qualcosa che non succede mai, sia per noi un modo di essere che se ci venisse tolto ce ne sentirèmmo quasi orfani, perché privi di argomenti per arrivare all’ora di pranzo o all’ora di cena. Nel mio ultimo libro “Il Cuore di Orvieto” c’è qualche accenno alle vicende elettorali del secolo scorso e, tra l’altro, vi è descritto anche il rituale “Comizio a S.Andrea”, là dove il candidato dimostrava di avere, veramente il fegato necessario per darsi in pasto alla Piazza, sia che questa fosse gremita, sia defilata, sia deserta. Ebbene io ho nostalgia di quel comizio e specie oggi che la merce elettorale si vende tramite conferenze stampa pilotate, interviste concordate e torrenti di dichiarazioni banali copiate da qualche TV. Io voterò e consiglierò di votare il candidato/a che avrà il coraggio e gli argomenti, sia per far uscire la gente di casa, sia per andare a casa della gente e farsi ascoltare e discutere con chi avrà voglia di parlare e di ascoltare perché questo è il germe della democrazia no-stop sulla quale dovremmo riflettere un po’ meglio tutti, e più a lungo, sia per capire che per essere capiti.