opinioni

Il Sindaco che avremo

sabato 13 dicembre 2008
di Nello Riscaldati
Come è noto Marx elaborò i due concetti, essenziali per il marxismo, di “struttura” e “sovrastruttura”, intendendo col primo termine l’organizzazione economica dei rapporti di produzione e con la seconda i fenomeni delle istituzioni giuridico-politiche e delle manifestazioni intellettuali e artistiche alle quali corrispondono forme determinate di coscienza sociale. La struttura è dunque la base sulla quale si eleva la sovrastruttura che per funzionare deve esse funzionale alla prima, così come la prima lo è per la seconda. In parole molto povere e trasportando il discorso nel dominio dell’organizzazione politica, se ne evince che un partito vive finché è in condizione di usare il potere di cui dispone, cioè la struttura, al fine di conservare e migliorare il consenso tramite appunto la sovrastruttura, e cioè quella sconfinata ragnatela che si estende dai sindacati agli enti, dalle cooperative alle associazioni, dai consorzi alle bocciofile, e via dicendo, per poterne distribuire una parte limitata onde fare proseliti, renderli ricattabili ed assicurarsene la fedeltà. Per un uomo, dopo la moglie, la cosa più importante, si sa, è il posto di lavoro, anche perché, perdendo questo, si correrebbe il rischio di perdere anche la moglie. Il discorso, rigirato, vale naturalmente anche per le donne. Spesso, in politica, per quanto sia di alto livello la capacità intellettuale di cogliere nell’attimo giusto i fenomeni e le soluzioni, tale capacità non varrà mai quanto l’astuzia, l’organizzazione del controllo, il saper mimetizzare il significato di ciò che si dice, l’abilità nell’annusare il vento e saper, di conseguenza, correggere la propria rotta. Il turismo politico, come il saltare da una poltrona all’altra a giochi avvenuti, dovrebbe essere vietato per statuto perché incoraggia la corruzione. La dignità personale non è in gioco perchè chi lo fa poca ne ha. Comunque, in qualsiasi partito di qualsiasi orientamento, la massa degli iscritti e dei simpatizzanti sarà sempre l’azionista di minoranza a fronte della cerchia dei dirigenti. Ora però, portando avanti questa specie di campagna politica, voglio ruzzolare giù dalle complicazioni della filosofia ed entrare nella piazza del mercato e parlare parole semplici acciocché tutti possano intendere, se vogliono intendere. E ciò in attesa del tempo delle fave e delle ciliegie che ci segnalerà l’approssimarsi dei comizi elettorali. E’ indubbio che molti vorrebbero in Comune il Sindaco Ideale, (un po’ quello da me descritto nel mio precedente articolo), una specie di Principe Azzurro, insomma, che sposi la Città-Cenerentola, cacci l’Amministrazione Matrigna che l’ha trascinata così in basso, e la riporti agli antichi splendori. Ma è anche vero che ve ne sono altrettanti ai quali basterebbe eleggere un Sindaco purché appartenga alla loro parte politica, o del quale siano amici, o che sia amico di qualche loro amico, tramite il quale, al bisogno, sia possibile arrivare, o che sia favorevole o contrario a qualche piano o progetto in ordine al quale anche noi siamo favorevoli o contrari. Io non so se in Orvieto abbiamo mai avuto politici eccelsi. Forse c’è stata anche in questo campo una fuga di “cervelli” sostituiti da altri “cervelli” venuti dal contado, o forse siamo stati troppo sbadati per accorgercene. Fatto sta che il candidato-Sindaco è sempre uscito, nottetempo, dalla sede di un partito senza che nessuno si fosse mai presa la cura di aver prima consultato la “base” alla quale tuttalpiù si comunicavano le decisioni già prese e gabellando come “partecipazione” delle scarne riunioni dove qualcuno parlava di qualcosa e qualche compare faceva le domande concordate. Da qualche decennio la designazione è oggetto di contrattazione con le altre forze o debolezze politiche in omaggio alla già ricordata, faticosa ricerca di equilibri tra quantità di voti e qualità dei posti. Tale metodica da locale è divenuta provinciale e poi regionale. Le “primarie” sembravano una soluzione, se non altro per i partiti più consistenti, anche perché vengono immaginate come il metodo democratico che più democratico non si può. Eppure anche qui le pastoie tese dagli organi dirigenti sembrano aver inventato ostacoli su ostacoli per rinviarle od impedirle fino al punto dell’ ”ormai non siamo più in tempo”. Segno evidente che la madre dei cretini e dei furbetti ultimamente ha partorito spesso. Non avremo dunque un Sindaco-Principe Azzurro, anche perché per essere eletti a Orvieto necessitano circa settemila voti e nessuno oggi sulla piazza dispone da solo di tanto consenso. In più con l’avvicinarsi della stagione elettorale il mercato si popola di sigle e di figure. Alcune sono vecchie croste da parete, qualcuna invece è di nuovo conio. Taluni scendono in campo al massimo per provare l’emozione di una botta di vita, altri, e questa è un'aggravante, con lo scopo premeditato di gettare sulla bilancia, come la spada di Brenno, il loro cartoccio di voti in cambio di una fetta cospicua del dividendo nell’eventualità di un ballottaggio. In Orvieto tutto questo accade da molto tempo. Gli elettori, anche volendo, non hanno mai avuto abbondanza di vie di fuga a disposizione. Questa volta il massimo loro concesso potrebbe essere il poter scegliere il meno peggio, perché un meno peggio dovrà pur esserci, (se ci fosse un meglio, sarebbe anche meglio di un sogno erotico o di un terno secco). Nell’attesa che si scoprano i veli non ci resta che sperare fiduciosi trattenendo, per ora, a fatica, le lacrime. Eppure a un candidato o candidata intelligente, che riesca a liberarsi del vecchio ciarpame aprendo le finestre della stanza per renderne respirabile l’aria, non dovrebbe essere difficile riscuotere la fiducia degli orvietani. Se riuscisse a scendere dal Sinai con un programma succinto e credibile, con la conoscenza esatta dello stato delle finanze, con progetti possibili in tempi certi, senza mai promettere ciò che non si è certi di poter mantenere e con una squadra priva dei relitti dei recenti naufragi, di sicuro il popolo gli darebbe fiducia. A noi basta un Sindaco sufficiente. E un Sindaco sufficiente è quello che sa decidere, che riesce a disporre di competenze, che non spende i soldi che non ha e che è capace di comunicare, comunicare e comunicare perchè solo così la Piazza e il Palazzo si conoscono e progrediscono insieme. Ma soprattutto merce fresca e preparata nella squadra, e senza perdere tempo in pallose trattative, in verifiche e in rimpasti. Ma questo riguarda il dopo. E veniamo al voto di scambio. Questa aberrazione antidemocratica, che è diventata col tempo consuetudine e costume, si combatte e si sconfigge NON VOTANDO, e perciò NON ELEGGENDO, nessuno di coloro che ce la propongono, anche perché questo è l’unico modo che abbiamo per levarceli dalle palle una volta per tutte, compresi figli, mogli, generi, nuore e affini. Perché non c’è atto più vigliacco che tentare la scalata al potere, per poi approfittarne, appoggiandosi alla paura dei precari e dei disoccupati o di chi, comunque, vede nero il suo domani. Buone Feste a tutti gli orvietani e a tutti coloro che vengono a trovarci da fuori.