opinioni

In ricordo di Francesco Satolli

lunedì 23 giugno 2008
di laura

Caro Francesco, non avrei mai voluto scrivere questo tuo ricordo, avrei preferito che fossi tu a ricordare in qualche modo - magari con quel tuo Summertime, che suonavi così bene - la tua vecchia insegnante di scuola media. Ma questo ricordo te lo devo perché sei stato, in quell'età in cui si comincia a crescere e ci si forma, uno dei miei alunni preferiti. Anche da te, come da tutti i miei alunni e le mie alunne, ho imparato qualcosa. Ancora oggi, dopo tanti anni, mi capitava di parlare spesso di te; e proprio ieri mattina, mentre mi godevo un po' di relax al sole, sull'erba verde del lago, ti avevo rammentato, parlando con mia figlia Cristina, per il tuo modo di scrivere, così asciutto e incisivo, così originale e personale, che mi piaceva tanto. Poi, al ritorno, la terribile notizia.

Di te mi aveva subito colpito il fatto che, benché a undici anni, non eri un bambino. Ti ponevi già una serie di domande inquiete e filosofiche sulla vita, e poi le allontanavi e le catalogavi con intelligente ironia, con soluzioni mai scontate e chiuse. La vostra era una bella classe, si lavorava bene e con grande serenità ed entusiasmo. Erano i primi tempi di quello che, allora, si chiamava “il tempo prolungato”: qualche ora di scuola in più e, finalmente, due lingue invece di una soltanto. Ero la vostra insegnante di francese e inglese, ma leggevo sempre anche i tuoi temi: cercavo infatti di convincere la mia collega di italiano, che li trovava troppo corti e un "ottimo" non te lo assegnava mai, che proprio lì era il bello: possedere, come tu possedevi, quella capacità di sintesi e quel senso di struttura, quella sorprendente e spiazzante originalità, assolutamente priva di quei luoghi comuni e di quella retorica che, troppo spesso, sono un brutto vezzo di noi italiani. Chissà, forse te l'aveva trasmessa la tua mamma, la mitica professoressa Anna Maria Satolli, lei che ha fatto amare le lettere a tanti alunni del professionale, lei che giustamente affermava: “quando avete finito di svolgere il vostro tema, non cercate il finalino ovvio che rovina tutto. Quando non avete più niente da dire mettete un bel punto. Punto!"

Finivamo quasi sempre qualche minuto prima la nostra lezione, le unità didattiche marciavano che era una bellezza, eravamo così bene organizzati; e spesso, quella volta a settimana che avevate il laboratorio di musica con il professor Gambetta, tu e il tuo amico Spiga ci facevate, fuori programma, un breve concertino: lui alla chitarra e tu al sax... I pezzi forti erano Summertime e What a beautiful day... Che meraviglia fare scuola così. Insieme a molti/molte altre mi hai comunicato che, per tanti anni, ho fatto il mestiere più impegnativo, ma anche più bello del mondo. Poi la media è finita... tu sei andato al Liceo, io ho perso il mio posto alla Signorelli per la contrazione delle classi e sono andata a insegnare a Castel Giorgio. Per vari anni non ti ho visto più...

Una sera d'agosto di diversi anni fa eravamo in tanti, a Porano, in grande festa sul Piazzone. Avevamo ospiti i nostri amici francesi di gemellaggio che, quell'anno, avevano portato con sé una meravigliosa orchestra jazz. A un certo punto mi sono vista davanti un giovane uomo, Vous voulez danser avec moi, madame?, mi hai detto trascinandomi in un valzer... la valse musette, quella che i francesi riescono a suonare anche con uno straordinario ritmo jazz. E davanti alla mia faccia stupita, dopo mezzo giro sei scoppiato in una risata... “Professorè... sono Francesco, Francesco Satolli! Non mi riconosce?”. No, non ti avevo riconosciuto, ti avevo lasciato adolescente ed eri diventato un uomo. Le ragazze si riconoscono meglio, in terza media sono già donne; i ragazzi, negli anni successivi, si trasformano molto di più: non sempre, anzi quasi mai li riconosci, sono loro a riconoscere te.

Poi mi hai chiesto se scrivevo ancora poesie... no, non le scrivevo da un po', stavo attraversando un periodo di vita davvero duro e io, quando sono troppo provata, non riesco a scrivere. Prima devo esorcizzare il dolore, purificarlo. Ma forse mi sono rimessa a scrivere anche per quella domanda. Tu, naturalmente, continuavi a suonare, la musica è sempre stata il filo azzurro della tua vita. Quella stessa musica che, troppo presto, in questa notte d'estate ti ha portato via.

Gli alunni sono un pezzo del nostro cuore, almeno del mio... no, non avrei voluto scrivere questo ricordo. Ma te lo devo ed è così che, vicina a chi ti ha perso, mi piace e mi piacerà sempre pensarti: nel blu fondo e interrogativo della notte, a provare e a donare emozioni di note.