opinioni

Dalle urne un partito democratico e socialista

sabato 19 aprile 2008
di Valentino Filippetti, Direzione provinciale PD Terni
Il quadro politico, emerso con le elezioni del 13 e14 aprile, è stato sconvolto da un terremoto paragonabile a quello che sessant’anni fa consegnò alla Democrazia Cristiana una vittoria schiacciante sul fronte delle sinistre. Anche allora a sinistra si sperava in un’affermazione e ci vollero giorni per rendersi conto che la realtà era diversa dalle aspettative. I socialisti e i comunisti venivano da un impegno significativo nella Resistenza e nella lotta di Liberazione e credevano di aver maturato crediti maggiori delle forze moderate. Non si resero conto che c’era un nuovo contesto internazionale, che americani e russi si erano spartiti l’Europa e che il mondo, l’economia non erano più quelli della fine degli anni trenta. Gli americani si presentavano alla fine del conflitto senza aver subito danni e con un’economia che, proprio grazie alla guerra, si era centuplicata conquistando tutti i settori strategici ed inventandone di nuovi come l’industria cinematografica e dell’informazione. Considerazioni generali La competizione elettorale di oggi ha avuto sullo sfondo i grandi mutamenti internazionali che non possono più essere liquidati con la parola globalizzazione. Assistiamo alla fine di un ciclo storico che ha visto passare il baricentro dall’Europa agli Stati Uniti, condito con pratiche neocoloniali e l’imporsi di una nuova cultura che ha nei media un formidabile strumento di consenso. Oggi il pallino ritorna ad est, dove del resto era stato per tanti secoli, producendo una cultura ed un’economia potenti ed egemoni, e creando un impero immenso. Il risultato elettorale ci dice che gran parte dei cittadini ritiene l’approccio della destra più valido di quello del centro sinistra. Per dirla con Piero Pelù siamo passati “dalla lotta alle lotterie”: sia che si tratti della rinuncia a cambiare le cose che l’affidarsi a potenti che sanno quello che fanno. Il Partito Democratico Il PD ha rappresentato una novità, ha suscitato molte speranze di cambiamento soprattutto per una fascia importante di giovani. E’ un partito nato con le Primarie, che ha eletto direttamente Segretario e Gruppi Dirigenti e che cerca nel rapporto diretto con gli elettori una legittimazione. Ebbene gli elettori hanno scelto per un “partito democratico e socialista”. Il 13 e 14 aprile è nato quel partito proposto da Massimo D’Alema negli Stati Generali della Sinistra alcuni anni fa a Firenze. Non era quello che si voleva realizzare e non è quello che serviva per vincere contro Berlusconi, ma così hanno deciso gli elettori. Invece dello sfondamento al centro c’è stata la raccolta di tutte le forze democratiche e di sinistra che venivano dal PCI, dalla Sinistra DC e da parte dei Socialisti. In politica vale sempre una legge aurea che dice che bisogna partire dalla realtà così come è. Oggi questa realtà chiede al PD di fare chiarezza su tre punti: politiche delle alleanze, collocazione internazionale, struttura organizzativa e vita democratica interna. Quest’ultimo punto è particolarmente delicato; infatti per un partito che si chiama democratico la coerenza tra contenitore e contenuto è fondamentale. Sappiamo che così non è stato nella prima fase, anche se le contraddizioni sono giustificate dai tempi ristretti e dal precipitare degli eventi. E’ finita l’epoca dei “ trafficanti di organi” ( intendendo per organi segreterie, direttivi e comitati vari); gente senza competenze che da moltissimi anni ricopre incarichi di direzione senza produrre risultati, anzi spesso producendo danni evidenti. L’Umbria L’Umbria al pari delle altre regioni rosse ha retto meglio l’urto dello spostamento a destra. Nella nostra regione la richiesta del voto utile si è tradotta in una attrazione dell’elettorato ex PCI che si era collocato nelle formazioni della sinistra, come dimostra la maggiore percentuale al Senato rispetto alla Camera. Ma anche qui c’è uno spostamento, affiorano presenze leghiste e si consolida il centro destra soprattutto in alcuni piccoli centri. Il nodo è la proposta politica. Quando due anni fa parlai della fine della “spinta propulsiva” della giunta Lorenzetti molti storsero la bocca, liquidando la cosa come divagazioni fantasiose. Il voto conferma questa ipotesi ed impone una riflessione seria oltre ad un brusco cambio di rotta. Chiariamo subito, per evitare inutili polemiche, che non è in discussione la grande capacità amministrativa della Presidente Lorenzetti né che si propone di buttare a mare l’estrema sinistra. Ma è ormai chiaro che il teorema “Carnieri” sulla diversità umbra che trattava le varie forze politiche della sinistra come tante correnti del PCI da ricomporre non esiste più. Si tratta semplicemente di fare i conti con i cambiamenti epocali che valgono anche per gli imprenditori, le banche, l’università, la pubblica amministrazione umbre. Ritorna il tema della coerenza tra contenitore e contenuto: il patto per lo sviluppo dell’Umbria è una grande idea, ma non può essere sottoscritto la sera e smentito la mattina dopo. Orvietano Nell’analizzare i risultati elettorali tutti parlano di Orvieto, qualcuno di Allerona e nessuno dei Comuni dell’Orvietano. Eppure proprio nei piccoli comuni sono maturati i risultati migliori per il PD. Certamente il risultato di Orvieto è più problematico perché può essere interpretato in modo diverso a seconda da dove si guarda. Per il PD il bicchiere è mezzo pieno se si guarda all’avanzata del 5% rispetto alle politiche precedenti ed è mezzo vuoto se si considera il 10% succhiato all’estrema sinistra. La città della Rupe appare ancora in piena transizione e le disgrazie degli anni scorsi ancora non sembrano assorbite. Di sicuro non hanno pagato le sortite tentate a destra da Stefano Mocio, con il coinvolgimento di Morcella, Fella e del neo segretario PD del centro storico. Queste scelte non hanno spostato una virgola ed anzi nel centro strorico il PD raccoglie i risultati peggiori. Anche qui c’è un problema di coerenza tra contenitore e contenuto che dovrebbe spingere il PD a cercare alleanze innanzi tutto con le forze più vicine. Il primo soggetto con cui avviare un confronto serio è il movimento di Maurizio Conticelli, che ha dimostrato di saper separare le questioni politiche da quelle amministrative, partecipando alle primarie ed alla campagna elettorale a sostegno del PD. Con l’estrema sinistra il discorso è più complesso anche per le dinamiche nazionali. Questa area rimane un pezzo fondamentale dello schieramento progressista ed il confronto può essere positivo a condizione di abbandonare i “patti para sociali” stipulati durante i vari congressi degli anni scorsi. L’elezione di Trappolino E’ la novità inaspettata e gradita che tutta la città, anche quella più orientata a destra, ha accolto con piacere. Orvieto da troppi anni subiva un’esclusione sistematica che si è esercitata soprattutto verso la sinistra ma che ha investito anche la destra. Una specie di vendetta postuma per il grande rilievo che Orvieto aveva conquistato a livello regionale e nazionale. Anche qui insieme alle rose ci sono state le spine. La candidatura di Trappolino ha risentito del modo come il PD a livello Nazionale, Regionale e Provinciale ha fatto le liste. Non si sa chi, come e quando ha deciso. Fortunatamente la storia personale di Trappolino unita alla sua freschezza ed al modo aperto e dialogante che lo contraddistingue, hanno evitato gli strascichi che sempre hanno accompagnato la stesura delle liste. Tutte le componenti del PD lo hanno sostenuto con convinzione e la sua candidatura è diventata un punto di riferimento per tutti i giovani che frequentano il PD, consolidando il nuovo corso avviato da un po' di tempo. La società orvietana ha scoperto che qualcosa è cambiato e che ci sono nuove forze in campo. Carlo Emanuele Trappolino è una speranza che la politica ritorni a parlare un linguaggio comprensibile e riconquisti una vicinanza con la parte più operosa della società.