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La spedizione dei mille

mercoledì 21 novembre 2007
di Gianni Marchesini, Direttivo Circolo della Libertà K. Popper Orvieto
Se pure effimero e fugace, il gazebo è ormai una stabile realtà urbanistica. Non passa giorno che a turno piazze, crocevia, angoli non siano occupati da uno o più gazebo. La nostra misura estetica percepisce il gazebo come un errore urbano, ma infine assolve la sua provvisorietà con il pensiero che domani scomparirà. E invece no, il gazebo è come il cesso di Totò sopra la seicento multipla: da un’altra parte dopodomani ne sarà piazzato un altro, simile. Poi, se e quando le città verranno distrutte e rimpiazzate, la tentazione del gazebo con la sua banale, ma insidiosa funzionalità trasmigrerà in una nuova era architettonica: gazebo puristi, minimalisti, gazebo post decò, gazebo russo-opulento, gazebo residenziali… e, a seguire le già odierne tensostrutture, le cattedrali dei gazebo, il cui ruolo architettonico non permetterà mai più la desiderabile estinzione dei festival de l’unità. Finché anche noi, circolo della libertà Karl R. Popper abbiamo azzardato il gazebo. Non senza un discreto coraggio: il gazebo può divenire triste, desolato, l’effetto “piccola fiammiferaia” è sempre in agguato. La gente passa, sbircia furtiva e tira dritto. E inoltre il regime potrebbe aver emesso la fatwa!: se tenete alla vostra attività, non firmate: il Partito vi guarda … Poi, chiedere una firma per cacciare quel blocchetto di pongo di Prodi ancor prima che quell’altro equilibrista di Dini cominci a scacciare le cornacchie … firmare poi per le primarie sulla sicurezza con questo freddo … tutto complotta contro il successo del gazebo. Sarà… Eppure hanno firmato… In mille hanno firmato, molti sono venuti appositamente da fuori, incazzati tutti, trasversalmente motivati. Sono arrivati i giovanissimi, i meno giovani, gli anta, da “gli anta in su”, sono transitate profumate signore rassegnate ad un centinaio di pater ave e gloria penitenziali per gli epiteti lanciati ad alta voce verso il Prodi, è tracimata la maggioranza ex silenziosa, furente, vociante, ma mai livorosa, di quell’instancabile livore da mancata rivoluzione che ammorba da sessant’anni i comunisti, gli ex, i post e i veltronisti. La spedizione dei mille ha trasformato il nostro gazebo per tre giorni in un consolato di rifugiati politici, gente piena di genuina speranza non solo che Prodi se ne vada, ma anche che questo straccio di mondo di fantasmi ingombranti e disastrosi svanisca e si acquatti nell’ombra lasciando alla luce un solitario gazebo bianco.

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