opinioni

Un 'Sincronizzatore Comunicativo' per il Partito Duttile

domenica 28 ottobre 2007
di Valentino Filippetti
Con la nascita del PD si può aprire una fase nuova nella storia delle formazioni politiche. Molto si è parlato delle aspettative e delle speranze suscitate dalla grande partecipazione alle primarie, molto meno delle preoccupazioni, soprattutto per i rischi di una deriva “peronista” del processo che è stato avviato. La ragioni di fondo che giustificano la nascita del nuovo partito stanno nella preoccupazione per la crisi della democrazia nel nostro paese e per la difficoltà della politica di segnare autonomia ed efficacia rispetto agli altri poteri, a cominciare da quello economico. Questa preoccupazione si è espressa a metà ottobre con una intensità così forte da stupire tutto il mondo politico e gli stessi addetti ai lavori. Quali che fossero le motivazioni di promotori del PD, l’elezione diretta del segretario da parte di oltre 2milioni e mezzo di cittadini consegna ad esso un mandato mai avuto da nessun altro nella storia dell’Italia Repubblicana. Veltroni appena eletto ha evocato più volte la discontinuità rispetto al passato ed ha promesso innovazioni radicali, capaci di raccogliere la spinta partecipativa manifestatasi con le primarie. Hanno votato dieci volte quanti hanno partecipato agli ultimi congressi di DS e Margherita e tutti le analisi confermano una partecipazione che è andata al di là dell’ambito tradizionale dell’ULIVO. Un concetto più volte ribadito dal neo segretario è stato quello di prevedere una partecipazione diretta alle scelte, con consultazioni e referendum. Ma partecipazione di chi? Degli elettori? Degli aderenti? Ci saranno gli iscritti al PD? Su questo si sta discutendo molto e proprio i costituenti eletti il 14 ottobre dovranno sciogliere il nodo con il nuovo statuto. Non credo comunque che un partito possa fare a meno di una adesione consapevole e responsabile e tanto meno di strutture intermedie. In realtà lo sforzo andrà fatto per capire quale struttura, quali figure di “servizio” vanno identificate per il nuovo partito. Il “Partito del Sindaco d’Italia” dovrebbe pur aver imparato qualcosa dall’esperienza fatta con la nuova legge che ha portato all’elezione diretta dei Primi Cittadini. Abbiamo Sindaci eletti direttamente che nominano giunte e dirigenti (con piena autonomia gestionale) e Consigli Comunali svuotati dei compiti di indirizzo e di intervento politico. L’esperienza dell’Umbria parla da sola: iniziammo diversi anni fa con Ciaurro a Terni e poi con Orvieto e Perugia. Ad un certo punto ci si è trovati davanti a buchi di bilancio inaspettati e pesantissimi. Evidentemente non si è trattato solo di qualità individuale degli amministratori o dei dirigenti ma di un problema generale, di sistema avremmo detto in altri tempi. Anche questo ci parla dei problemi della Democrazia in una società complessa ed articolata, dove si deve ricercare il massimo dell’efficacia e dell’efficienza ed al tempo stesso si deve salvaguardare la possibilità di un controllo e si devono prevedere dei meccanismi che permettano di rilevare e correggere gli errori. Non basta dire che i cittadini hanno comunque la possibilità di mandare a casa chi sbaglia, perché il peso degli errori ha un'efficacia immediata ed incide pesantemente sulla vita della collettività. Se si da un potere quasi assoluto ci vogliono dei contrappesi. I paesi anglosassoni ce lo insegnano. Si vuole forse ripetere l’errore con il nuovo partito? La stessa questione della consultazione diretta degli aderenti/elettori pone un’altra questione cruciale, quella della formazione/informazione. Quando si farà uno dei referendum evocati da Franceschini (il foglio 23/10/2007 ) chi informerà gli elettori sui termini del problema? Bastano la Stampa, le radio e le TV? Pensate all’Umbria e alla situazione proprietaria di queste aziende in mano a pochissimi imprenditori. Certo c’è l’autonomia professionale. Ma come mai non si fa il contratto dei giornalisti e da parte degli editori si tende a mantenere ed estendere un precariato che non aiuta certo l’autonomia e l’indipendenza dell’informazione? Serve allora qualcosa di nuovo. C’è chi ha proposto le “lobbies democratiche”. Ma il PD già ce le ha: sono i sindacati, le associazioni ambientaliste, professionali, del volontariato, dei consumatori, le cooperative. In realtà serve una struttura intermedia, i famosi apparati e figure professionali nuove. Servono competenza e regole certe e usare con intelligenza il carburante fondamentale della società della conoscenza, ovvero la comunicazione. Per questo il tema non è se debbano esistere apparati ma cosa serve al nuovo partito. Ad esempio servirebbe “il Sincronizzatore Comunicativo”, consapevoli che non bastano più i “Bistecca di turno” che tanta fortuna hanno avuto dalle nostre parti. Serve gente che sappia cosa è la Rete, sappia utilizzarla, sappia promuovere la cooperazione comunicativa e alimenti un flusso continuo bidirezionale. Per dirla con il prof. Paolo Ignazi (L’Unità del 21/10/2007 ): “una buona parte dello staff del nuovo partito dovrà essere impegnato sulla rete per alimentare i flussi di informazione in entrata ed in uscita.”