opinioni

Evviva Rosy Bindi!!

venerdì 20 luglio 2007
di Davide Orsini
Attendevamo con ansia una donna che si candidasse alla guida del Partito Democratico. Lo ha fatto Rosy Bindi, e noi le siamo grati. Ho scritto “noi” nella speranza – e forse con un pizzico di presunzione – che questo piccolo atto di sostegno alla pratica democratica sia condiviso dai molti che hanno una idea più alta della politica. Questa scintilla di democrazia scoppiata tra le foglie ingiallite di un Ulivo ormai al tramonto ha riacceso gli animi dei molti che non si rassegnano alla politica fatta fra le mura delle segreterie nazionali e locali, dove leader grandi e piccoli avrebbero la pretesa di stabilire a tavolino il progetto più ambizioso degli ultimi anni. Così, se la candidatura di Veltroni ha suscitato qualche speranza di ricollocare il dibattito sul futuro del Paese all’interno di un discorso programmatico e ideale di ampio respiro (ma dai contenuti poco innovativi rispetto alla retorica ulivista di qualche anno fa), l’assenza di potenziali contendenti al ruolo di leader del Partito Democratico ci aveva fatto storcere il naso, anzi ci aveva fatto nuovamente incazzare. Il Partito Democratico secondo il pensiero di Fassino e di vari esponenti dei DS avrebbe dovuto rappresentare il “new deal” della politica italiana. Ma quale processo innovativo può durare a lungo se le basi da cui parte sono fondate sul vecchio metodo della designazione dall’alto? Tale è apparsa l’investitura che i DS, per bocca del segretario, hanno concesso al sindaco di Roma. E per essere sicuri che la candidatura Veltroni fosse più forte e fosse in grado di compattare il futuro partito (questa idea bolscevica dell’unanimismo è come la gramigna!!!!) hanno piuttosto esplicitamente dissuaso potenziali concorrenti dall’esercitare il diritto di candidarsi, sottraendo agli elettori quello di poter scegliere fra diverse opzioni. Se fossimo stati amanti del centralismo democratico (espressione elegante per dire che i leader decidono e gli altri fanno finta di partecipare votando senza indugi ciò che è stato stabilito) saremmo rimasti attaccati alle mammelle del vecchio PCI o di quello che ne rimane, disperso e ormai ridotto all’interno di mille sacche di conservatorismo unanimista e sindacale. Se questa era la strada scelta dagli “innovatori” che guidano i DS allora mi pare che la parola democrazia per tali signori sia rimasta una espressione vuota di significato, posta - all’occorrenza - come una ciliegina su svariate torte che sono state tirate fuori dal congelatore degli anni Settanta. Un congelatore dove si annidano vecchie perplessità che in fondo in fondo rivelano una paura spasmodica degli elettori e della loro capacità di giudizio. Gli elettori sono pecore a cui il buon pastore deve indicare la strada per non farle smarrire. Ma di questo dirigismo ingessato abbiamo ancora bisogno? NO!!! Ecco perché benediciamo la candidatura di Rosy Bindi. A quegli scettici che vedono nelle primarie una “Americanata” (ovviamente in senso dispregiativo, come sbagliarsi?) e che cinicamente affermano che il realismo della politica impone processi decisionali dettati dalla legge ferrea dell’oligarchia (partitica) avrei piacere di chiedere che cosa pensano che sia la democrazia. Avrei una voglia matta di portarceli tutti in America (chiusa parentesi politico-personale)!! Rosy Bindi è una donna, e nemmeno una donna da copertina, di berlusconiano conio, una di quelle che si candida per far piacere ai maschietti. Era ora! La Bindi è una donna battagliera, fiera, di uno spessore politico notevole. Una candidata vera insomma. Una che al momento ha trasformato una messa cantata per Walter Veltroni in vere primarie, lei che è una fiera cattolica consapevole che i valori non si impongono ma si propongono rispettando quelli degli altri. Io che sono distante da alcune posizioni di Rosy Bindi oggi le dico grazie per aver riconsegnato agli elettori democratici il diritto di confrontarsi e di scegliere. E le dico grazie per aver compiuto un gesto pedagogico, per così dire. La Bindi ha fatto capire a molti che i leader diventano tali attraverso la selezione democratica operata dagli elettori e non per designazione dall’alto. Le dico grazie perché forse ha dato ad altri il coraggio di candidarsi. Sarebbe auspicabile. Le dico nuovamente grazie perché (per ora) ha dato la possibilità al Partito Democratico di presentarsi come un vero modello alternativo al “partito del leader”. Si fa un gran parlare di democrazia pensando che gli elettori siano fluttuanti schede elettorali con la funzione di legittimare le oligarchie di partito, e invece io credo che molte donne e molti uomini di questo Paese siano cervelli e cuori a cui dar voce e da ascoltare, perché da essi sorgono idee nuove per cominciare a cambiare.