opinioni

Firmare per il referendum elettorale: si può e si deve

lunedì 28 maggio 2007
di Paolo Borrello
Negli ultimi periodi all’interno del sistema politico orvietano, prevalentemente nel centro sinistra, si è prestata notevole attenzione a problematiche inerenti gli assetti di potere e gli interessi personali. Scarsa importanza è stato attribuita a questioni di rilievo nazionale che peraltro potranno esercitare effetti rilevanti a livello locale. Nessun interesse, almeno fino ad ora, ha destato il referendum elettorale proposto da un comitato promotore presieduto dal professor Guzzetta e composto da esponenti politici e non, di vario orientamento, quali ad esempio Gianni Alemanno, Augusto Barbera, Antonio Bassolino, Marco Boato, Luigi Bobba, Renato Brunetta, Massimo Cacciari, Daniele Capezzone, Sergio Chiamparino, Maria Pia Garavaglia, Riccardo Illy, Gad Lerner, Nicola Lipari, Giovanna Melandri, Franco Monaco, Enrico Morando, Angelo Panebianco, Arturo Parisi, Gianfranco Pasquino, Teresa Petrangolini, Adriana Poli Bortone, Stefania Prestigiacomo, Ermete Realacci, Gianenrico Rusconi, Ivan Scalfarotto, Mario Segni, Salvatore Vassallo. E’iniziata ormai da alcune settimane la raccolta delle firme, che terminerà alla metà di luglio. L’obiettivo è di raccogliere almeno 500.000 firme, come prevede la legge, affinchè il referendum si possa effettivamente svolgere (ad oggi ne sono state raccolte in tutta Italia più di 150.000). Ad Orvieto è possibile firmare la richiesta del referendum elettorale anche recandosi, muniti di un documento d’identità, presso la segreteria generale del Comune, durante l’orario di apertura degli uffici. Io, modestamente, intendo invitare il maggior numero possibile di orvietani a firmare per il referendum elettorale. Prima di spiegare i motivi del mio invito, ritengo opportuno illustrare brevemente le caratteristiche principali dei tre quesiti del referendum elettorale in questione. Con il primo ed il secondo quesito ci si propone di attribuire il premio di maggioranza, sia alla Camera che al Senato, solo alla lista singola (e non più anche alla coalizione di liste come prevede la legge in vigore) che abbia ottenuto il maggior numero di seggi. E un secondo effetto, derivante da un eventuale esito positivo del primo e del secondo quesito referendario, sarebbe l’innalzamento delle soglie di sbarramento: per ottenere rappresentanza parlamentare le liste dovrebbero raggiungere almeno una percentuali di voti pari al 4% alla Camera e all’8% al Senato. Con il terzo quesito ci si propone di abrogare la facoltà di candidature multiple, cioè la possibilità che attualmente esiste di candidarsi in più circoscrizioni, anche in tutte. Ciò dà un enorme potere al candidato eletto in più luoghi, Infatti costui, optando per uno dei vari seggi ottenuti, permette che i primi dei candidati non eletti della propria lista in quella circoscrizione gli subentrino nel seggio al quale rinunzia. Egli così, di fatto, dispone del destino degli altri candidati la cui elezione dipende dalla propria scelta (nell’attuale legislatura 1/3 dei parlamentari sono stati scelti dopo le elezioni da chi già è stato eletto e sono diventati parlamentari per grazia ricevuta e ciò rappresenta un esempio macroscopico di cooptazione). Perché quindi è opportuno che i quesiti referendari illustrati abbiano un esito positivo? Per vari motivi. Innanzi tutto perchè il sistema elettorale risultante dal referendum spingerà gli attuali soggetti politici a perseguire, sin dalla fase pre-elettorale, la costruzione di un unico raggruppamento, rendendo impraticabili soluzioni equivoche e incentivando la riaggregazione nel sistema partitico. Si potrà aprire, per l’Italia, una prospettiva tendenzialmente bipartitica. La frammentazione si ridurrà drasticamente, contribuendo così al verificarsi di una maggiore stabilità nel governo del Paese, garanzia essenziale per risolvere nel miglior modo possibile i problemi cui ci si trova di fronte. Inoltre, con il terzo quesito, si ridurrebbe considerevolmente la cooptazione oligarchica della classe politica. Poi, dovrebbero essere interessati a fare in modo che il referendum elettorale si possa effettivamente svolgere ed abbia un esito positivo anche coloro i quali non sono pienamente d’accordo con il sistema elettorale risultante dal referendum perché comunque, tramite il referendum, si potrebbero spingere gli attuali parlamentari ad approvare una legge elettorale che sia radicalmente diversa da quella in vigore, voluta dalla precedente maggioranza di governo e utilizzata pienamente anche dai partiti di centro sinistra, nonostante le notevoli e giuste critiche da essi formulate (si pensi al fatto che con le cosiddette liste bloccate pochi esponenti politici a livello nazionale hanno deciso le candidature e quindi anche i candidati con maggiori possibilità di elezione senza utilizzare affatto lo strumento delle primarie di cui avrebbero potuto fare uso). Quindi firmare per il referendum significa soprattutto operare per ottenere un sistema elettorale molto più efficace di quello attualmente in vigore, contribuendo in questo modo a quella riforma della politica di cui sempre di più si avverte la necessità. Certo, la riforma della politica non si ottiene solamente con la modifica delle leggi elettorali, ma tale modifica è condizione necessaria per quella riforma. E’ lecito sperare che i partiti del centro sinistra si attivino a livello locale per raccogliere un consistente numero di firme? Oppure si dovrà concludere che sono “in tutt’altre faccende affaccendati”? Come spesso avviene, solo i fatti forniranno delle risposte certe a queste domande.