opinioni

Pasquinate, ovvero il dibattito politico orvietano

mercoledì 25 aprile 2007
di Davide Orsini
Un paio di giorni fa sono intervenuto al dibattito online lanciato da Vittorio Tarparelli sul blog di Orvietan sull'incivilta' di chi scrive frasi ingiuriose ed offensive protetto dall'anonimato dello pseudonimo. E scrivevo: "Per quanto mi riguarda, penso che bisognerebbe sempre mostrare la propria faccia in pubblico e firmarsi quando si interviene in un dibattito. Capisco pero’ chi, per motivi legati all’esigenza di non apparire, voglia firmare con uno pseudonimo. Nei blog orvietani questa pratica e’ assai diffusa. Ho la netta impressione che ci siano molte persone le quali hanno paura di manifestare le proprie idee avendo timore di ritorsioni da parte di chi puo’ decidere di esercitare il potere in modo illegittimo e a volte immorale. Forse dovremmo cominciare a chiederci anche come mai cosi’ tanta gente in questa piccola cittadina e’ cosi’ timorosa di farsi avanti e manifestare le proprie idee. Specialmente fuori dai partiti. Pressioni e minacce hanno spesso un ruolo fondamentale nella nostra vita politica e chi parla puo’ farlo perche’ non suscettibile di ricatti, e dunque libero, come ci insegna Cardinali. Dovremmo riflettere anche su questo". Credo che il problema sollevato oggi dall’ editoriale di Dante Freddi sul suo giornale sia dunque piuttosto sentito e vissuto da molti orvietani i quali vivono una doppia vita, quella della riverenza all'autorita' in pubblico, e quella della critica e della polemica nei confronti del potere politico nella solitudine delle loro case provvisti di mouse e tastiera. Si ha dunque una situazione paradossale in cui il dibattito pubblico, salvo rare eccezioni, si svolge quasi esclusivamente fra i titolari ufficiali del potere, relegando molti soggetti pensanti, impauriti dalle possibili ritorsioni, a crearsi una propria sfera pubblica di intervento nel segreto delle loro case attraverso i blog e le possibilita' di interazione fornite dai giornali online. Un fenomeno che andrebbe certamente studiato meglio. Per ora a noi interessa il risvolto politico della faccenda. Il primo punto e' che questo tipo di interazione lascia fuori dal dibattito politico dei soggetti che invece potrebbero dare un contributo, ma a causa dell'anonimato sono costretti ad essere dei vampiri politici che si svegliano di notte, intervengono, eppoi tornano silenti. L'intermittenza di questi interventi, sebbene a volte molto efficaci, li rende non ufficiali, privati dell'aura politica che deriva dall'essere membro di un partito, e dunque meno rilevanti, ridotti alla stregua di elucubrazioni polemiche prive di sostanza. Il politico locale in genere si infastidisce e vorrebbe mettere a tacere gli autori corsari degli interventi irriverenti e critici. L'altro problema e' il dramma, vorrei dire la tragi-commedia, che i Pasquini orvietani si trovano a vivere ogni giorno. Costretti ad esercitare il diritto di critica e di ribellione nel segreto delle loro stanze attraverso il computer, i Pasquini orvietani sono afflitti da una compulsione che non riescono a controllare. Puntano la freccetta del loro mouse su tutto cio' che abbia rilevanza per il loro vissuto di cittadini frustrati. Sindaco, assessori, dirigenti di partito, direttori di giornali, figure della cultura locale. Tutto cio' che abbia una rilevanza pubblica e' suscettibile di intervento, i cui toni aspri sono a volte sproporzionati a causa della obbligata astinenza dal pubblico e libero dibattito. Tutto questo meccanismo, descritto con superficialita' e necessaria selezione di argomenti, fa del dibattito politico cittadino una sorta di espressione nevrotica collettiva che crea un cortocircuito comunicativo. Ci sono i politici che parlano fra loro, i giornali che ne riportano vicissitudini e commenti, una massa di obbedienti seguaci di partito che partecipano soltanto nelle sezioni (quando va bene, altrimenti votano e basta), e un piccolo circolo di nevrotici che s'incazzano contro il potere costituito e sono ancora piu' incazzati (ma a volte anche eccitati) perche' non possono farlo apertamente ma attraverso lo pseudonimo. Lo so, potra' apparire una fotografia sconfortante, ma io la vedo cosi': vari livelli di comunicazione che vanno avanti all'infinito, parallelamente, senza incrociarsi mai. E se cominciassimo a farli incrociare per far crescere collettivamente questa citta', invece di assecondare le esigenze che scaturiscono dalle nevrosi di ogni singolo gruppo?