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Lettera aperta a Carlo Emanuele Trappolino

domenica 21 gennaio 2007
di laura
Caro Carlo Emanuele, si avvicina il giorno dell’assemblea congressuale dei DS Orvieto, quel 28 gennaio – la prossima domenica - che con ogni certezza ti vedrà Segretario dei Democratici di Sinistra nell’Unione Comunale cittadina: un ruolo strategico, che non esaurisce la sua importanza nel territorio comunale, ma per ovvie ragioni di intermediazione con le istituzioni e di rapporti allargati con il tuo e gli altri partiti influenza profondamente la vita politica dell’intero territorio. La influenza per il peso che, nel bene e nel male, i Democratici di Sinistra da lungo tempo hanno avuto e ancora hanno nella vita politica e amministrativa della Città. Con te, dopo anni estremamente difficili e per molti aspetti deludenti – diciamolo pure, di lotte personali sia aperte sia sotterranee - dovrebbe cominciare una fase nuova e diversa: da tempo i DS di Orvieto parlano della necessità di una nuova classe dirigente, senza tuttavia soffermarsi troppo, almeno all’esterno, su quello che di nuovo questa classe dovrebbe avere e portare, oltre che nelle sfide dell’economia e dell’innovazione, anche nel metodo. Non ti aspetta un compito facile: c’è chi ripone in te grandi speranze, chi con prematura sfiducia ti dà già allineato; non su una qualche linea o mozione, cosa inevitabile e giusta, ma appunto sul metodo: un vecchio metodo che dovrebbe cambiare, e non solo nel tuo partito. Mi permetto dunque di scriverti questa lettera aperta dal mio punto “laico” di osservazione, a pochi giorni dall’investitura dell’assemblea congressuale, sia per interloquire con te, sia per stimolare chi altri lo desiderasse ad esprimere pubblicamente, prima del tuo formale impegno, quali speranze ripone eventualmente in te, quali assunzioni di responsabilità ti chiede. Responsabilità che, a mio avviso, proprio per il peso che i partiti hanno nell’indirizzare le scelte che governano i cittadini, anche i semplici cittadini hanno il diritto di indicare. Me lo permetto anche come operatrice della comunicazione, perché nelle linee editoriali eticamente corrette che, sia pure senza infallibilità, mi sforzo di dare al nostro giornale, penso che compito di una moderna informazione sia, oltre quello della notizia e della critica, la proposta e lo stimolo della seria discussione. Non mi aspetto che tu possa essere un salvatore della patria, forse non ce n’è neanche bisogno, e di esserlo non lo chiederei né a te né a nessuno, dato che non credo nel leaderismo solitario ma nella collaborazione e nel reciproco sostegno che, dalle relazioni feconde, possono scaturire. Sarà importante che questa nuova generazione DS, se davvero è nuova – e negli ultimi incontri pubblici se ne comincia a sentire la voce, ma bisognerebbe sentirla di più e anche fuori dai luoghi deputati – ti dia una mano. E, se hai voglia di ascoltare, sarà importante che con il nuovo segretario DS, e con tutti i nuovi segretari e coordinatori di partiti che eventualmente verranno, interloquisca anche la città. Non mi aspetto che tu possa essere un salvatore della patria, dunque, ma che con la tua nomina qualcosa cambi tangibilmente sì. Che qualcosa cambi e si tocchi e anche simbolicamente si veda, se non altro perché il rinnovamento è stato ripetutamente annunciato. Poche cose ti chiederei, a partire da questo mio angolo di osservazione: quello di un’operatrice della comunicazione che, a torto o a ragione, sui DS orvietani e sugli effetti del loro ultimo procedere ha accumulato vasti e non sempre entusiasmanti materiali - documenti e “letteratura di strada” che, anche se non sempre affidabile, costituisce comunque il sintomo di un corpo malato - e tali che inducono a riflettere sulla necessità di qualche inversione di tendenza. E te le chiedo, queste poche cose, prima che il nuovo ruolo ti coinvolga, perché apprezzo il tuo desiderio di saperi e di cultura, stimo la tua intelligenza, conosco la tua sensibilità e penso che, se non sarai solo e riuscirai a interloquire apertamente non soltanto con il partito, ma con chi desidera un reale cambiamento dei metodi della politica, qualcosa riuscirai di certo a fare. Innanzi tutto ti chiederei di non schierarti aprioristicamente, o meglio di prendere posizione rispetto agli ideali, alle idee e alle pratiche concrete, ma non rispetto alle ideologie e alle persone; la situazione orvietana si è talmente lacerata che si deve, a mio avviso, prescindere dagli schieramenti e guardare, per superarli, solo al fine e alla concretezza delle cose. Se ti chiederanno con chi stai, rispondi dalla parte di “che”, non accettare le vecchie logiche di cordata. Quanto è stato deciso per il Congresso nazionale te lo consente, anche se per quanto ti riguarda dovrebbe essere a mio avviso con spirito di pacificazione, non di segretezza. Infatti, se da un lato il procedere con il voto segreto sia per il segretario sia per la mozione è garanzia di “incolumità”, è anche un pessimo segno di come sia mal ridotta la democrazia all’interno del partito. Perché per le mozioni, come sottolinea Angius con il quale su questo punto mi trovo idealmente d’accordo, il voto palese è un principio di democrazia, di vero e trasparente confronto. Passando dal principio ideale di democrazia a quello di realtà, a Orvieto sarebbe auspicabile, a mio avviso, che il Segretario non si schierasse e, in ogni caso, credo che un segretario possa posizionarsi solo idealmente, perché in concreto dovrebbe poi svolgere un ruolo di mediazione. Preciso subito che, quando parlo di mediazione, atto inevitabilmente necessario per stare al mondo concretamente, intendo sempre una mediazione “alta”, cosa ben diversa dalla spartizione e dal compromesso. In secondo luogo ti chiederei – da questo mio punto di vista, non per il tuo partito ma per la città - un’opera di pacificazione, certamente non centrata sui patti delle influenze e delle cariche, ma su quelli dell’umano sentire e ragionare . Questo mi appare ancora più difficile, se non impossibile; ma a volte, se costruiamo alleanze sulla base di una relazione etica, anche le sfide apparentemente più ardue possono riuscire. E se davvero si rivelasse impossibile, sempre sulla base delle alleanze etiche, bisognerebbe avere il coraggio di esprimersi pubblicamente e chiaramente chiamando cose e processi con il loro reale nome. Mi piacerebbe poi - proprio a partire dal concetto di “alleanza etica” da ricercarsi anche all’esterno del partito – che tu non incorressi nel rischio fagocitante del partito stesso/dei partiti, e sapessi relazionarti anche con altri luoghi sociali e culturali della città. Ne ha bisogno per prima la politica dei partiti che, come discutevamo in un recente incontro con Annarosa Buttarelli – al quale hai partecipato e questo è un buon segno – è molto sganciata da tanta parte della vita che pullula fuori, chiusa in un’autoreferenzialità che solo un paziente, direi umile lavoro di relazione con l’altro da sé può cominciare a rompere. E non è detto, tanto si è svuotata la fiducia del senso comune. Ti chiederei infine – e poi basta, perché in pochi punti nodali credo di averti chiesto davvero molto – un nuovo metodo di comunicazione, sia nel linguaggio che nel rapportarsi alla gente e agli operatori/operatrici dell’informazione. Diffida delle formule già pronte, delle lunghe parafrasi che rimangono tanto incomprensibili e vaghe quanto astratte, delle parole anche nobili ma ormai consumate, degli abusati stereotipi di un gergo politico che ha fatto il suo tempo; per esprimerti, sia quando parli che quando scrivi, a partire dalle cose concrete, dai dati, dall’esperienza e - perché no? è anche questo che bisogna ritrovare – da un “sentire” che deve tornare a farsi parola. Come operatrice dell’informazione invece, per finire in modo meno generale ma non meno importante, mi aspetto una comunicazione chiara e netta secondo i presupposti linguistici prima enunciati, onesta e fiduciosa nei contenuti: che non parli cioè solo delle glorie del partito, ma che comunichi apertamente nei canali ufficiali gli eventuali punti di criticità e le difficoltà qualora ci fossero. Che poi è l’unico modo per arrestare il dequalificante quanto pernicioso sistema degli spifferi di strada e di corridoio, o il metalinguaggio di molta comunicazione politica ufficiale. Potresti chiedermi, e potrebbero chiederselo anche lettrici e lettori, perché mai mi sia venuto in mente di scriverti questa lettera. Credo che la risposta sia semplice. Sarai il primo giovane di questa nuova classe dirigente chiamato a un ruolo di rilievo e, dato che nei giovani e nel progresso ho sempre creduto, penso che sia compito della mia generazione – una generazione pacificamente combattiva che ha vissuto e voluto tanti importanti cambiamenti del mondo - dare fiducia ai giovani in modo attivo e propositivo. Questo per ora è il mio modo, spero che non ti dispiaccia.