opinioni

Orvieto, città ingrata che dimentica

martedì 20 giugno 2006
di Marco Conticelli
Dopo tanti anni ho assistito al passaggio del Corte Storico insieme a mio padre Marcello. Lui seduto sul suo trabiccolo donatogli da un amico fedele che non lo abbandonerà più di nome Parkinson, io, accanto, desideroso di conoscere i particolari di quelle armature, degli elmi, delle spade, degli scudi, delle balestre, del reliquiario, TUTTI FIGLI SUOI. E mentre raccontava, l’emozione lo attanagliava e piangeva, soffiava un vento di ricordi legati a quelle giornate, a quelle nottate trascorse insieme alla signora Pacini a “litigare” su come rifinire un elmo, su come disegnare uno stendardo. In quelle giornate, in quelle nottate è nato il Corteo Storico. Pochi lo hanno salutato, ma tra quei pochi ricordo con piacere una signora che ha voluto che i nipotini conoscessero chi, tanti anni prima, insieme alla signora Pacini ed a Sergio Riccetti, aveva creato tutto quello che in occasione del Corpus Domini vediamo sfilare per le vie di Orvieto. Mi dispiace, e sono sicuro anche a lui nonostante da sempre rifugga da ogni sorta di onore, che ogni anno ci si dimentichi di una persona che ha dato tanto alla città parlando attraverso i suoi lavori e, perché no, il suo “genio” di artista. Neanche una menzione sugli opuscoli in distribuzione il giorno del Corpus Domini, non un pensiero da parte di chi oggi ostenta l’arte che ha ereditato; credo che, anche se mai lo ammetterà, la cosa gli avrebbe fatto piacere. Già, Orvieto, città ingrata che spesso dimentica quei figli che più l’hanno amata!