opinioni

Quando l'acqua sfascia i ponti e induce a denunce

mercoledì 18 gennaio 2006
di Fausto Cerulli
L’acqua sfascia i ponti e affoga i bastimenti a mare, come dicono a Napoli. La Sii ha rotto gli indugi, ha fatto sapere che dal 16 febbraio chi non paga beve ferrarelle e si lava con l’acqua piovana, se piove, oppure va a sciacquarsi a casa di Capoccia. Ora io mi pongo un piccolo quesito, mio personale: ma alla Sii, un avvocato, ce l’hanno? Basterebbe anche uno studente del primo anno di legge, tutto sommato, se ne fanno questione di prezzo. E mi spiego, e cerco di spiegarlo a Capoccia, e chi ha capoccia per capire intenda. Non voglio ritornare sul tema ovvio che l’acqua, essendo un bene primario come l’aria, non può appartenere ad un privato, sia pure nascosto sotto una sigla. Non voglio neppure rifarmi al principio evangelico del dar da bere agli assetati, che significa che non si deve assetare la gente. Voglio fare un discorso, come dire, giuridico. La Sii è una società privata, e come tutte le società private e come tutti i privati, è soggetta alle norme del codice civile: se avanzo soldi da qualcuno, o ritengo di avanzarne, non è che vado a casa sua e gli spacco i mobili; faccio una citazione, indico una data in cui il moroso dovrà presentarsi dinanzi al giudice civile, e comincia il processo. Magari il processo non sarà breve, ma la lungaggine dei processi non è colpa del cittadino, sia pure preteso moroso. E la questione passa in mano agli avvocati, e la decisione viene presa da un Giudice. A quel punto, se la Sii, che Dio e giustizia non vogliano, dovesse vincere la causa, va a registrare la sentenza e la notifica al perdente, il quale può ricorrere in appello e poi in Cassazione.. E semmai pagare in omaggio all’infame norma in base alla quale la sentenza di primo grado è immediatamente esecutiva per quanto riguarda il pagamento. La Sii, che le piaccia o meno, deve percorrere questo fastidioso iter giudiziario: e se i soldi non entrano subito nelle tasche dei dirigenti, essi possono sempre ricorrere alla cassa integrazione per se stessi o farsi dare un sussidio dal Comune che li ha eletti a suo arbitrio assoluto. Questo per quanto riguarda il c.d. aspetto civilistico della questione: ma esiste anche, a modesto avviso di questo avvocato e ad autorevole avviso di qualche magistrato, un aspetto penale. Sigillare i rubinetti senza prima essersi rivolti al Giudice significa commettere quello che si chiama esercizio arbitrario delle proprie ragioni, reato previsto e sanzionato dal codice penale fin dai tempi di Rocco buon anima, giurista di Benito buon anima. Anche se tizio ritiene di aver ragione, non può farsi ragione da solo: ciò accadeva ai tempi della giungla, e Capoccia, con tutti i suoi difetti, non è certo una scimmia. Ma possono essere prospettate anche altre ipotesi di reato: il preannuncio del distacco della utenza può qualificarsi come minaccia; e forse anche come tentata estorsione: saranno in molti, infatti, a subire il ricatto della Sii, e il ricatto, nel codice penale si chiama estorsione. Ho scritto da avvocato e forse non sono stato chiaro, ma se Capoccia consulta uno dei cento avvocati, dico cento, di Orvieto, forse sarà indotto a qualche riflessione. Io personalmente preannuncio ogni tipo di azione legale nei confronti della Sii e mi rendo disponibile a chi vorrà seguirmi su questa strada legalitaria, insolita per un extratutto come me. So che molti, a sinistra, non sono d’accordo con la mia impostazione, e ritengono che si debba affrontare la questione su un piano politico, facendo del distacco dell’acqua l’occasione di uno scontro a livello politico. Questi compagni, che apprezzo e che comunque mi avranno al loro fianco, credono forse troppo alla politica. A loro chiedo: come possono sperare in una soluzione politica, visto e considerato che i politici, di destra di centro e di sinistra, hanno promosso e promuovono le disgustose privatizzazioni? E ci campano sopra...