opinioni

Critica ospedaliera sociale

sabato 17 settembre 2005
di Pierfederico Tedeschini
Questa volta il mio non è tanto e solo un articolo di critica politica, quanto un articolo di critica “sociale”. La mia critica,come magari qualcuno può immaginare, è rivolta e nasce proprio da quell’opera ospedaliera rimasta immobile per anni e poi rimessa in corsa proprio da un assessore regionale socialista che è poi mio zio Stefano Moretti. Un anno e qualche mese fa, fui purtroppo vittima di un clamoroso ed orrendo incidente stradale proprio nella periferia di Orvieto…il problema nacque proprio qui.
Giunto nell’ospedale di Orvieto fui preso non sembrerebbe tanto come un paziente da soccorrere o a cui prestare le proprie cure urgentemente ma, per la serie chiesa VS Galileo, coma una sorta di esperienza da vivere in quella notte di servizio, tanto è vero che il dottore che mi soccorse, dopo soli sette mesi non ricordava neppure una virgola del mio caso. Proprio qui nasce una mia diciamo profonda riflessione, appoggiata e condivisa anche dal neurochirurgo che mi ha operato, salvandomi la vita, la notte del sei marzo 2004.

Come è mai possibile che in un ospedale che si trova all’uscita di un casello autostradale, dove di incidenti mortali come il mio ne capitano purtroppo a bizzeffe, ci sia un servizio ospedaliero così ridicolo e privo di infrastrutture come la rianimazione o la neurochirurgia?
In un secondo e “migliore momento” del mio ricovero ospedaliero, che nasce da un incidente successo alle tre di notte e che mi ha ridicolamente visto arrivare in sala operatoria a Perugia alle otto di mattina, sono stato, anche e soprattutto grazie a mio Padre ed al CONSIGLIO di uomini del più alto livello politico governativo, ricoverato nella clinica di riabilitazione fisica di Imola, proprio dove personaggi come Zanardi hanno ritrovato diciamo la vita.
Uscito da lì, quando il famoso dottore che mi soccorse in quella maledetta notte mi disse vedi, capisco di aver messo in grave rischio e pericolo la tua vita, ma io volevo mandarti all’ Aquila, non a Perugia, la risposta di mio zio, che era con me in quel tragico incontro fu: "Forse non abbiamo ancora capito che lui vivo all’ Aquila non ci sarebbe mai arrivato!".
Ora mi chiedo, come è possibile che ad Imola è praticamente un continuo atterrare di elicotteri con urgenze a bordo e noi ad Orvieto siamo a tanto di ridicolo, con ritardi anche mortali come poteva essere il mio?
Certo è che qualcuno potrebbe dire: perché invece di scrivere non denuncia?
Certo, diciamo mi “piacerebbe”, ma non è così semplice visto che occorrerebbero testimonianze di persone con cui non ho più neanche un ciao da condividere, e poi quale dipendente della ASL le si metterebbe contro?