opinioni

Guerra e terrorismo

domenica 17 luglio 2005
di Danilo Buconi, capogruppo PDCI Provincia di Terni
Qualsiasi atto terroristico, sia esso di matrice nazionale o internazionale, deve essere condannato. Non è questo in discussione. Il punto dirimente è un altro: qual’è la strategia migliore per affrontare, sconfiggere, evitare il terrorismo. Non è ovviamente facile dare la risposta migliore ma è invece fondamentale conoscerne e capirne le origini.
Il terrorismo internazionale che oggi attanaglia il mondo occidentale – nel 2001 l’America, nel 2004 la Spagna, lo scorso 7 giugno l’Inghilterra – nasce indubbiamente come conseguenza diretta della guerra che nel 1991 è stata unilateralmente dichiarata dagli Stati Uniti all’Iraq. Una guerra sbagliata, ingiusta, venduta come strumento necessario per fermare presunti disegni atomici e nucleari di Saddam Hussein e pensata, invece, nell’ottica di raggiungere il controllo sulle fonti petrolifere irachene prima, e sull’intera economia del Medio Oriente successivamente. Tale terrorismo nasce dunque nel ’91, e viene alimentato con l’attacco all’Afghanistan condotto dagli Stati Uniti dopo l’11 settembre e, ancora, dopo l’avvio dell’ennessima guerra all’Iraq, ancora più sbagliata della precedente, avviata nell’aprile 2003.
Fermare il terrorismo è possibile, ma non certo con le guerre. Nessuna guerra, nel corso della storia, ha mai portato la pace. Tutte le guerre hanno sempre e solo seminato morti e feriti tra civili inermi e innocenti, e mai aperto alcuna strada a prospettive concrete di pace.
Occorre fermare dunque, e subito, le spirali di odio e terrore innescate dalle guerre, dall’Afghanistan all’Iraq, senza dimenticare il conflitto pluridecennale scagliato da Israele contro la Palestina. Occorre fermare bombardamenti e distruzioni. Occorre ricostruire, non muri ma percorsi umani, civili, democratici, di dialogo e di collaborazione, al posto delle sopraffazioni, degli attacchi militari, dei bombardamenti.
E’ necessario scrivere una nuova strategia di risoluzione delle controversie internazionali, ridefinire i rapporti non solo tra i singoli Stati ma soprattutto tra le diverse culture ed aree geografiche del mondo, rivedere i meccanismi che regolano l’economia globale.
Il nostro Paese può e deve intervenire, in ogni direzione, forte dell’insegnamento democratico, civile e morale ereditato dall’antifascismo e dalla Resistenza che hanno di fatto dato le origini e la sostanza alla Costituzione repubblicana, Costituzione che all’articolo 11 vieta, esplicitamente, di utilizzare l’atto bellico come strumento di risoluzione delle controversie internazionali.
Occorre, innanzitutto, ritirare immediatamente il sostegno politico alle missioni di guerra condotte dagli Stati Uniti in Iraq e in Afghanistan e riportare immediatamente a casa i nostri soldati, uomini verso i quali devono andare il nostro apprezzamento e il nostro rispetto per l’impegno personale comunque profuso.
Due sole, sono le strade percorribili, per sconfiggere le spirali di odio e terrorismo.
Sul piano internazionale l’Italia deve intervenire ad ogni livello ed in ogni direzione, dall’Europa all’Onu, affinché dopo il fallimento totale della strategia messa in campo fino ad oggi, siano adottate nuove soluzioni, prima fra tutte quella dell’intervento nei territori di guerra, Palestina compresa, dei caschi blu dell’Onu, in sostituzione dei militari, utilizzando forze e strutture appartenenti a paesi che non hanno fino ad oggi partecipato alle azioni belliche e ai bombardamenti che hanno colpito donne e bambini inermi, scuole e ospedali. Il nostro Paese deve, ancora, porsi come cerniera di dialogo, deve favorire i processi di pace, di ricostruzione economica e sociale, politica e culturale nei territori fino ad oggi scenari di guerra e di odio.
Sul versante interno il Governo italiano deve, innanzitutto, destinare ingenti e sicure risorse economiche alla sicurezza dei cittadini, alla tutela degli obiettivi sensibili (opere d’arte comprese), al controllo capillare del territorio.
Il Governo, infatti, insieme ai servizi, ha la responsabilità della tutela della sicurezza della Nazione e della popolazione. Senza bisogno né di leggi straordinarie, né di alcuna modifica “di emergenza” delle leggi in vigore ma semplicemente applicando, in accordo con il Parlamento e con gli enti locali, gli ordinamenti costituzionale e legislativo vigenti!
Come intervenire dunque?
Primo, da subito – come già detto – riportando in patria i nostri militari impegnati in Iraq e in Afghanistan e destinando quelle risorse e quegli uomini al controllo e alla tutela dei centri istituzionali del nostro Paese: non certo militarizzazione delle strade, ma impiego delle varie specializzazioni nell’esercito nella sola tutela delle sedi istituzionali del Paese, da quelle degli organi centrali, a quelle degli enti periferici.
Secondo, compiere – con tempestività e certezza dei tempi – quella che sarebbe potuta e dovuta essere una scelta politica e morale di governo già da diverso tempo: recuperare stabilmente tutto il personale delle forze dell’ordine impegnato negli stadi imponendo alle società di calcio – pena l’esclusione immediata da ogni campionato – di provvedere autonomamente a garantire la sicurezza e il rispetto dell’ordine civico, durante gli incontri sportivi, facendo ricorso ad istituti privati di vigilanza, ed impegnarlo nel controllo del territorio in aggiunta a quello già a ciò preposto.
Terzo, trovare le risorse economiche necessarie a permettere un aumento delle strutture, delle strumentazioni e degli organici delle forze dell’ordine e a gratificare il lavoro di tutti questi uomini, che non ho alcun problema a definire “lavoratori in divisa”, direttamente impegnati – giorno per giorno – per garantire la sicurezza dei cittadini e del mondo economico e sociale del nostro Paese.
Quarto, non tagliare ma bensì aumentare le risorse economiche ed umane da destinare agli enti locali – Comuni e Province – per permettere loro di ampliare gli organici di Polizia Municipale e Locale e divenire autonomi nella vigilanza del traffico e del territorio per quanto di loro competenza, esonerando da questo servizio - e quindi liberando ulteriori risorse e professionalità – i corpi di difesa e polizia nazionali.
Di fronte a certi scenari e pericoli, peraltro non certo giustificati ma in parte stimolati dalle smanie di guerra dei potenti assetati di petrolio, servono fatti concreti e risorse certe, non leggine di emergenza né, tantomeno, barzellette e riti padani.