opinioni

Spero Paolini resti alla TEMA, da direttore artistico

lunedì 23 maggio 2005
di Giancarlo Imbastoni, Consigliere Comunale di Rifondazione Comunista
Con Paolini ho parlato la prima volta una settimana fa su mia richiesta, mi è sembrato un uomo libero, che deve piegarsi alle esigenze della politica in cambio della piena sua agibilità in campo artistico.
Sul suo operato, mi fido di quello che dice una clientela forestiera che frequentando teatri mi conferma che il Mancinelli è all’altezza di una piccola capitale come Orvieto.
Mi fido del cartellone con 200 giorni di utilizzo del teatro tra spettacoli e prove, e ancora i corsi dei mestieri, le visite guidate, le manifestazioni che il Comune fa svolgere alla Tema e se ci fossero i soldi anche la produzioni.
Mi fido dei miei occhi quando vedo un edificio complicato come il teatro mantenuto come il primo giorno di apertura dopo il restauro.
Già i soldi, l’Associazione produce, è viva ma non guadagna, cosa di per sé non strana per un teatro, ma il buco in bilancio è veramente grande e stratificato negli anni, c’è solo da verificare quali sono le responsabilità.
È in questo contesto che Paolini guadagna troppo per via del doppio incarico di direttore amministrativo e artistico, ma lui non ne fa un problema di soldi, è disposto a guadagnare anche di meno, ne fa un sacrosanto problema di competenze: direttore artistico ce ne può stare uno solo.
E Paolini non può in nessun modo essere affiancato, zavorrato, “appantanato”, perché tanto vale togliersi di mezzo subito, e sono d’accordo con lui.
Sono d’accordo perché se un teatro è un ristorante del cervello non è detto che la politica, notoriamente emanazione dell’inconscio – a sua volta grezzo e primitivo - sappia esprimere nel campo artistico novità a riguardo.
Con la Urbani ho parlato la prima volta della Tema una settimana fa su mia richiesta, mi è sembrata una donna libera alle prese con un enorme problema: il bilancio della Tema.
Ha inaugurato una pratica fantastica: l’abolizione del gettone di presenza per gli Amministratori degli Enti partecipati e la fine dei doppi incarichi dirigenziali; io che la penso alla stessa maniera da quando sono entrato posso essere solo che contento e rimotivato per il futuro.
Forse non sarebbe utopia se sfondasse una leva di Amministratori ripagati “solo” del gusto di avere indirizzato la città, i quartieri, le frazioni, verso il bello dell’essere umano.
Piccoli talenti poco più che anonimi, senza troppe ambizioni personali.
In conclusione mi sembra proprio che a Orvieto servano entrambi, il direttore e la presidente e che non sia una condanna ma un altro modo di intendere l’uso civico.