opinioni

Sbagliata la campagna d’odio contro Parretti.

giovedì 20 maggio 2004
di Claudio Lattanzi

In questa rocambolesca campagna elettorale se ne stanno vedendo di tutti i colori e l’esperienza sta facendo emergere vizi, debolezze e virtu’ di alcuni personaggi sul palco. Il caso Parretti è emblematico. In effetti, da un soggetto del suo calibro, abituato a gestire aziende con migliaia di dipendenti e che ha riscosso successi in tanti settori dell’imprenditoria (dagli alberghi, all’editoria, al cinema) tutto ci si aspetterebbe tranne che possa cadere nella svista di consegnare alla commissione elettorale gli elenchi dei sottoscrittori della sua lista dimenticandosi un timbro.

 

Chi lo segue e lo ama, lo difende anche, sostenendo che a uno come lui, abituato alle grandi imprese, succede a volte di inciampare su qualche sciocchezza, magari con conseguenze non trascurabili come in questo caso. Cose che capitano a chi di mestiere non fa il politico. Capita anche che su questa vicenda si stia cercando di imbastire una campagna di delegittimazione del personaggio Parretti che qualcuno potrebbe definire a dir poco becera, ma che è in realtà semplicemente sbagliata anche e soprattutto guardandola dal punto di vista di chi la sta portando avanti, cioè  di coloro i quali sperano di potersi disfare di Parretti per via giudiziaria, evitando che a giudicare e a giudicarlo siano i cittadini. 

 

Irridire il finanziere per il suo modo di parlare, descriverlo come una macchietta in perenne bilico sul codice penale, indicarlo alla gogna pubblica e mediatica come il barbaro da tenere ad ogni costo fuori dai confini comunali non sortisce l’effetto sperato che vorrebbe essere impropriamente quello di  distinguere i politici buoni da quelli cattivi, ma casomai quello opposto: renderlo una vittima e pure simpatica.

 

Anzi  la Vittima del Sistema. La storia politica italiana degli anni Novanta ha insegnato che le campagne basate sull’odio si ritorcono sempre contro chi le pratica e poi è – ancora una volta – sbagliato, anche dal punto di vista politico e giornalistico, non vedere quanta e quale Orvietanità Parretti sia a suo modo capace di interpretare e di come riesca a parlare all’anima profonda di questa città, o almeno di una sua parte.

 

 I veri ed intelligenti professionisti della politica come il senatore Carlo Carpinelli, lo hanno capito immediatamente, distinguendo subito il piano legale della vicenda da quello politico e valutando appieno i potenziali effetti elettorali di una esclusione seguita da una possibile riammissione.  Qualcun altro si è invece compiaciuto dello scivolone parrettiano, ne ha goduto pubblicamente con rara faziosità ed ha salutato l’intervento del codice come una salvezza per la democrazia orvietana.

 

 Peccato che il depositario ultimo della democrazia non siano gli Aspiranti Consigliere del Principe, ma le persone normali che andranno a votare tra poco e che, speriamo, potranno scegliere tra il maggior numero di candidati senza provare rancore, né timore per nessuno di essi.