opinioni

Il "pacioccone", versione orvietana del pacifista

sabato 24 aprile 2004
di Nello Riscaldati

Capita talvolta, gironzolando per Orvieto e mirando qua e la in giro
fissando un po lo sguardo verso finestre e tetti, di veder penzolare da una
breve asticella una bandiera arcobaleno un pò scolorita e che non prende più
il vento con su la scritta "pace" anch'essa scolorita.

Ebbene, dato che non si può negare che quella bandiera è stata acquistata,
pagata e messa, per cosi dire, a dimora, è altrettanto esatto ammettere che
chi vive, ama, soffre, spera, mangia, dorme e paga le tasse dietro quella
finestra è senza dubbio un amante della pace e, perciò, un nemico della
guerra.

Oggi tali soggetti si chiamano (se lo fanno da soli) o vengono chiamati (se
lo fanno gli altri), pacifisti, il Duce li chiamava pacefondai, gli
orvietani con la loro secolare mitezza e bonomia, li chiamano "paciocconi",
perchè costoro, oltre a comprare, pagare ed issare la bandiera, a gridare
"viva la pace", "abbasso la guerra" e "giù le mani da qualcosa" altro
d'impegnativo o di rischioso non fanno.

Anzi, ad una certa ora, i "paciocconi" guardano l'orologio, dicono che s'è
fatto tardi, che gli chiudono le botteghe, che la moglie baccaja e cosi se
ne vanno dicendo di avere bisogno di mangiare un boccone.
E difatti il termine "pacioccone" deriva probabilmente dalla fusione dei
termini  "pace" e "boccone", testimoniando che prima si afferma una presa di
posizione, ma che, poi, tale presa  di posizione va nutrita, e di che tinta
va nutrita.

E questo è, appunto, il "pacioccone orvietano", discendente diretto di
quegli esemplari i quali, decenni fa, trascorrevano il loro tempo appoggiati
ai muretti, alla solina, seduti su qualche scalino o sulle schiace del
Duomo,  sussurrando a qualche raro esemplare di orvietano agitato da qualche
idea nuova: "Ma sta' bbono!", "Ma do' vae!", "Ma chi te lo fa fa'!",  "Ma
mèttite a ceccia e beve 'n goccetto!" ed altre sagge esortazioni del genere
che avevano, però, tutto il sapore dell'immutabilità del creato orvietano e
di quella pace eterna, immobile e silenziosa della quale, si dice, il nostro
Tufo è una gigantesca testimonianza.

Il "pacioccone orvietano" è buono, ama la pace, la buona tavola, la moglie
del vicino di casa e non vuole rogne.  Lui fa sventolare la sua bandiera, se
tira il vento, comunicando, in tal modo, che lui è a posto, che sa dove tira
il vento e che se deve essere monnezza, monnezza sia, se deve essere
parcheggio, parcheggio sia, se deve essere supermercato, supermercato sia,
ma, se fosse il il contrario, andrebbe bene lo stesso, perché il "pacioccone
orvietano" è amante della pace, della buona tavola e della moglie del vicino
di casa, e simili impegni si possono assolvere solamente con un clima
traquillo; Percio "evviva la pace" e niente rotture di scatole!