Pillole di Mirabilia
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Pillole di Mirabilia. "Nel segno del Miracolo": dalla pergamena di pietra al Pange lingua

lunedì 24 giugno 2013
Pillole di Mirabilia. "Nel segno del Miracolo": dalla pergamena di pietra al Pange lingua

In occasione del Giubileo eucaristico della diocesi di Orvieto-Todi la società Mirabilia Orvieto è lieta di presentare, attraverso varie puntate su Orvietonews.it, alcuni estratti della pubblicazione-guida ancora inedita "Mirabilia, nel Segno del Miracolo: storia e significati del Duomo di Orvieto".

La novità editoriale, a cui la Diocesi ha concesso il logo del Giubileo, nasce per valorizzare e promuovere in Italia e nel mondo il Duomo di Orvieto e andrà a completare il già esistente progetto "Mirabilia, i luoghi dell'apocalisse", definito nel XII Rapporto Italiano del Turismo 2003 e nel XVIII Rapporto Italiano dell'Eurispes 2006 come "un nuovo modo di illustrare le grandi opere d'arte a carattere religioso".
"Mirabilia, i luoghi dell'apocalisse" è stata realizzata in collaborazione con il fotografo internazionale Sandro Vannini e, fino ad oggi, comprende una speciale visita guidata, una pubblicazione-guida, una mostra multimediale e un originalissimo DVD sul significato teologico e filosofico dello straordinario capolavoro del Giudizio Universale di Luca Signorelli nella cappella di san Brizio.

In "Mirabilia, nel Segno del Miracolo" storia, teologia, filosofia e spiritualità s'intrecciano in un affascinante percorso che intende guidare pellegrini e turisti attraverso i grandi temi della Cattedrale, dalla Storia della Chiesa all'Eucarestia, dall'assunzione e glorificazione della Madre di Dio al Giudizio Universale: lo scopo è quello di trasformare il lettore-visitatore in un "contemplante", chiamato a riscoprire tutta la funzione educativa e iniziatica dell'arte, e cioè di introduzione emotiva ed esperienziale nei misteri della salvezza cristiana.

"L'opera così torna viva, torna a parlare a me adesso, torna a provocare la nostra generazione d'inizio XXI secolo, e a ricordarci che la scelta da compiere è più che mai decisiva , e che ne va di tutto il nostro futuro, di quali figure di umanità o di disumanità faremo crescere sulla nostra terra".

(Marco Guzzi, filosofo e saggista, membro della Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon).

"Per trasmettere il messaggio affidatole da Cristo, la Chiesa ha bisogno dell'arte. Essa deve infatti rendere percettibile e anzi, per quanto possibile, affascinante il mondo dello spirito, dell'invisibile, di Dio".
(dalla Lettera agli artisti di Giovanni Paolo II)

Mirabilia, nel Segno del Miracolo
"Storia e Significati del Duomo di Orvieto"

Testi di Fabio Massimo Del Sole

Collaborazione: don Mauro Picchiami
Patrizia Pelorosso

La pergamena di pietra

Questo è il testo di un'antica pergamena in cui vennero descritti fatti e personaggi che ebbero a che fare con il miracolo eucaristico avvenuto nell'anno 1263.
Per il timore che il ricordo di quanto avvenne quel giorno andasse perduto, nel 1573 la preziosa testimonianza fu riportata su un'epigrafe custodita ancora oggi nella Chiesa di santa Cristina a Bolsena. Successivamente lo scultore orvietano Ippolito Scalza ricevette l'incarico di farne una copia anche per il Duomo di Orvieto da collocare nella piccola cappella del Corporale.
Il testo, tradotto nel 1863 da Giovanni Battista Scotti, è stato suddiviso dall'autore di questa pubblicazione per rendere più agile e piacevole la lettura.

Il dubbio dell'anima

Nel tempo in cui il papa Urbano IV, di celebre memoria, con i suoi fratelli cardinali e con la sua curia risiedeva ad Orvieto, vi fu un sacerdote alemanno di singolare discrezione e d'insigne bontà di costumi.
In tutte le cose si mostrava a Dio fedele; solo che nella fede di questo sacramento dubitava assai. Come mai potesse accadere che al proferire il sacerdote le parole ‘questo è il mio corpo' il pane si mutasse nel vero e santissimo Corpo di Cristo e al proferire di quelle altre 'questo è il mio sangue' il vino si cambiasse nel Sangue di Cristo.
Tuttavia, ogni giorno supplicava Iddio nelle sue orazioni che si degnasse di mostrargli un qualche segno che gli avesse rimosso dall'anima ogni dubbio.

Il viaggio della fede

Quando, venuto il tempo, l'onnipotente e misericordioso Iddio, il quale non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva, e nessuno che in Lui speri abbandona, affinché il detto sacerdote desistesse da quell'errore e la fede avesse maggiore fermezza, dispose che quel sacerdote proponesse, per impetrare il perdono dei suoi peccati, di visitare il sepolcro degli apostoli Pietro e Paolo ed altri pii luoghi.
Perciò, s'incamminò verso Roma. Arrivato al castello di Bolsena, della diocesi di Orvieto, stabilì di celebrare la messa in questa presente chiesa di s. Cristina vergine ed in questo stesso luogo, detto volgarmente delle Pedate, dove si vedono mirabilmente, come scolpite, le orme dei piedi della suddetta vergine.

Il miracolo nascosto

Mentre costui celebrava qui la messa e teneva l'ostia nelle mani sopra il calice, si mostra una cosa meravigliosa, da far stupire, per il miracolo, sia gli antichi tempi, che i nuovi. Improvvisamente quell'ostia apparve, in modo visibile, vera carne e aspersa di rosso sangue, eccetto quella sola particella, che era tenuta dalle dita di lui.
Il che non si crede accadesse senza mistero; ma piuttosto perché fosse noto a tutti, essere stata quella veramente l'ostia che era dalle mani dello stesso sacerdote celebrante portata sopra il calice. Di più una benda, che si teneva per purificazione del calice, restò bagnata da quella effusione di sangue.
Alla vista del miracolo, colui che prima dubitava, confermato nella fede, stupì e procurò di nasconderlo con il corporale. Ma quanto più si sforzava di nascondere tanto più ampiamente e perfettamente, per virtù divina, si divulgava il miracolo.
Infatti, ciascuna goccia di sangue, che da quella scaturiva, tingendo il sacro corporale, vi lasciò impresse altrettante figure a somiglianza di uomo.

Il Sangue della Redenzione

Vedendo ciò quel sacerdote, atterrito, cessò dal celebrare e non osò andare avanti. Anzi, preso da intimo dolore e spinto dal pentimento, collocato prima con la pia dovuta devozione nel sacrario della detta chiesa quel venerabile sacramento, corse in fretta dallo stesso sommo Pontefice e genuflesso innanzi a lui, gli narrò tutto l'accaduto e della propria durezza di cuore e dell'errore chiese perdono e misericordia.
Udite queste cose, il Papa restò pieno di grandissima ammirazione e siccome era in terra vicario di colui che un cuore contrito ed umiliato non disprezza, lo assolse e gli impose una salutare penitenza. E affinché la lucerna posta sul candelabro risplendesse maggiormente per quelli che sono nella casa del Signore, decretò che il venerabile Corpo di Cristo fosse portato nella chiesa orvietana che era stata insignita col nome della madre sua ed espressamente comandò al vescovo di Orvieto di recarsi alla detta chiesa della beata Cristina e lo portasse in questa città.

Le lacrime di Rio Chiaro

Obbedendo ai suoi comandi, questi si recò al luogo del miracolo e riverentemente prendendo il Corpo di Cristo, accompagnato da chierici e da molti altri, lo portò sin presso la città, al ponte di un certo torrente detto volgarmente Rischiaro, dove gli venne incontro lo stesso romano Pontefice con i suoi cardinali, con i chierici e religiosi e con una numerosa moltitudine di orvietani con immensa devozione e spargimento di lacrime.

La gioiosa deposizione

Ed il Pontefice avendo preso nelle sue mani, genuflesso a terra, quel venerabile sacramento, lo portò alla chiesa di Orvieto con inni e cantici, con gaudio ed allegrezza ed onorevolmente lo depose nel sacrario della stessa chiesa...

L'anno della Natività del nostro Signore Gesù Cristo 1263

 

La Festa del Corpo del Signore

San Tommaso e le dotte conversazioni

Quando venne celebrata ad Orvieto la prima festa del Corpus Domini ad onorare la città con la sua presenza era il religioso san Tommaso, il quale vi rimase dal 1261 al 1264 meditando e istruendo. Si narra che in quel tempo papa Urbano dopo i pasti saliva a passeggiare sulla terrazza del palazzo pontificio compiacendosi nel trattenere conversazioni letterarie e teologiche in compagnia del teologo e di altre dignità cardinalizie della sua corte. Forse da tali conversazioni il dotto domenicano ricevette dalle autorità ecclesiastiche l'incarico di scrivere l'ufficio liturgico che si doveva tenere per la celebrazione del Corpo del Signore e per l'occasione Tommaso compose il celebre inno del "Pange lingua" (Canta o lingua) insieme a un sermone conservato nella Biblioteca Vaticana.

O cibo appetitoso e niente affatto detestabile

che richiede di essere masticato mediante la fede,

di essere assaporato con la devozione e con l'unione affettuosa;

di essere triturato, non con i denti materiali, ma con gli articoli della fede.

O viatico del nostro pellegrinaggio

che conduci i viandanti al monte delle virtù!

(dal sermone "De corpore Domini" di san Tommaso d'Aquino)


Pange lingua

Questo inno fu composto nel 1264 da san Tommaso in onore dell'istituzione della prima festività del Corpus Domini avvenuta ad Orvieto l'11 agosto 1264.

Canta, o mia lingua,
il mistero del corpo glorioso
e del sangue prezioso
che il Re delle nazioni,
frutto benedetto di un grembo generoso,
sparse per il riscatto del mondo.

Si è dato a noi, nascendo per noi
da una Vergine purissima,
visse nel mondo spargendo
il seme della sua parola
e chiuse in modo mirabile
il tempo della sua dimora quaggiù.

Nella notte dell'ultima Cena,
sedendo a mensa con i suoi fratelli,
dopo aver osservato pienamente
le prescrizioni della legge,
si diede in cibo agli apostoli
con le proprie mani.

Il Verbo fatto carne cambia con la sua parola
il pane vero nella sua carne
e il vino nel suo sangue,
e se i sensi vengono meno,
la fede basta per rassicurare
un cuore sincero.

Adoriamo, dunque, prostrati
un sì gran sacramento;
l'antica legge
ceda alla nuova,
e la fede supplisca
al difetto dei nostri sensi.

Gloria e lode,
salute, onore,
potenza e benedizione
al Padre e al Figlio:
pari lode sia allo Spirito Santo,
che procede da entrambi.

Amen.


La Fede in Cristo

Anche se non fossimo più quelli che eravamo un tempo...

quando per fede vedevamo muovere la terra
e il cielo e ci sentivamo graditi a Dio,

quando per fede vedevamo cose che non si vedevano
e partivamo senza sapere dove andare,

quando per fede davamo la nostra vita per conseguire beni
che non vedevamo
e unanimi credevamo che un giorno avremmo avuto la nostra ricompensa...

...anche se non fossimo quelli di un tempo
noi continueremo a credere in ciò che ci è stato donato,

infiacchiti dal tempo e dalle prove,
ma forti nella volontà di cercare, trovare e mai disperare!